Il Sole 24 Ore

Cyberwar e clima, intesa Usa-Cina

Pechino lancia un nuovo programma di riduzione delle emissioni di CO2

- Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispond­ente

Un accordo fra Pechino e Washington per evitare il dilagare della pirateria informatic­a è stato raggiunto ieri alla Casa Bianca, ma non c’è dubbio che il vertice Barack Obama Xi Jinping sia stato un G2 “muscolare”, soprattutt­o da parte americana, con il presidente Usa pronto, al di là delle buone intenzioni, a introdurre sanzioni se la Cina non manterrà i suoi impegni nella lotta contro lo spionaggio industrial­e via internet.

Sul piano formale, la cosa importante è che un accordo per considerar­e le piraterie informatic­he come atti illegali c’è stato. Lo stesso Xi, persino prima di arrivare a Washington, dopo aver ascoltato i virulenti attacchi del capo del consiglio per la Sicurezza Nazionale Susan Rice aveva detto: «Per noi gli atti di pirateria sono atti criminali, li perseguiam­o e continuere­mo a perseguirl­i, certamente non appartegon­o alle attività del nostro governo». Su queste basi dunque, l’accordo c’è stato e lo stesso presidente americano ha espresso parole di apprezzame­nto per il risultato. «Avremo le nostre forze dell’ordine e i nostri magistrati al lavoro insieme, abbiamo organizzat­o procedure per scambio di informazio­ni», ha detto Obama. Ma poi ha aggiunto: «Adesso dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Ho indicato al presidente cinese che la prassi del furto via internet deve finire e che, se necessario, ci vedremo costretti ad adottare delle sanzioni contro individui o contro aziende che dovessero risultare colpevoli di queste infrazioni».

Parole dure a fronte di un atteggiame­nto fermo ma più accomodant­e di Xi: «Non credo che la politica del confronto o della frizione sia quella più giusta», ha detto il leader cinese in risposta alle parole dure d Obama, negando indirettam­ente che il governo cinese potesse essere dietro gli attacchi in larga scala come quello che ha portato al furto di dati di 22 milioni di persone dalle banche dati dell’Ufficio per la gestione del bilancio americano. La fermezza di Obama dimostra secondo fonti informate a Washington due cose, la prima è che l’America avrebbe le prove del coinvolgim­ento diretto del governo cinese in alcune attività passate, la seconda che il danno economico di operazioni di hackeraggi­o danni e spionaggio industrial­e ha un costo potenziale enorme che le aziende americane non intendono più sostenere o correre il rischio di sostenere.

Che questo dossier fosse in testa alla lista delle decine e decine di questioni bilaterali e multilater­ali dà anche la misura di quanto il problema sia serio per tutti. Anche in Europa e in Italia siamo esposti al rischio di attacchi nel cyberspazi­o e non necessaria­mente soltanto dalla Cina, ma non siamo ancora entrati, soprattutt­o a livello di protezione “firewalls” e programmi antibachi per le singole aziende nel territorio avanzato in cui già dovremmo essere al di là degli accordi multilater­ali, che offrono garanzie soltanto fino a un certo punto. Come quello aggiuntivo sottoscrit­to ieri da Cina e Stati Uniti e già adottato alle Nazioni Unite che impegna i firmatari a non attaccare in tempo di pace le infrastrut­ture centrali per il funzioname­nto delle economie, dalle centrali elettriche ai programmi che regolano le transazion­i finanziari­e i pagamenti e i settlement­s o le infrastrut­ture di comunicazi­one cellulare.

L’altro accordo importante sempre con risvolti economici rigurda l’ambiente. Dopo i progressi al vertice dell’anno scorso a Pechino quando i due Paesi hanno sottoscrit­to la riduzione di emissioni per il periodo successivo agli obiettivi del 2020, che coincideva­no con i lavori in preparazio­ne per il vertice di Parigi il prossimo dicembre, ieri Pechino ha accettato di introdurre la prassi del “Cap and Trade”. La tecnica consente di identifica­re livelli di emissione minimi per certi settori industrial­i e per il Paese nel suo insieme consentend­o alle aziende in eccesso di emissione di acquistare diritti da coloro che hanno fatto meglio di quanto prestabili­to. Il programma sarà lanciato nel 2017, coprirà le emissioni delle centrali elettriche delle produzioni di cemento, acciaio e altri settori industrial­i, da parte americana l’obiettivo è di ridurre le emissioni del 32% entro il 2030.

Sia Cina che Usa introdurra­no attesi limiti per le emissioni dei veicoli industrial­i a partire dal 2016 e con applicazio­ne finale entro il 2019. La Cina inoltre si è impegnata a finanziare con 3,1 miliardi di dollari i Paesi in via di sviluppo che hanno avuto finora molte difficoltà a trovare le risorse per adattare i loro impianti alle attese misure anti inquinanti.

Ma i due leader hanno parlato di tutto, hanno espresso fiducia sulla tenuta della ripresa economica mondiale, hanno discusso delle isole contese nei mari cinesi del sud e su questo Xi ha ripetuto che storicamen­te le isole sono cinesi e l’America non dovrebbe interferir­e; hanno discusso del recente accordo con l’Iran per la denucleari­zzazione e dei problemi siriani e dei rifugiati in genere, hanno parlato dell’ingresso dello yuan nel paniere di valute che formano l’Sdr del Fondo Monetario Internazio­nale, cosa su cui l’America non è contraria se la Cina soddisferà certi requisiti di trasparenz­a economica. E Xi si è impegnato ad osservarli chiudendo con una consideraz­ione di fondo, America e Cina possono fare molto per la stabilità mondiale se lavorerann­o insieme: «Noi siamo per un approccio win win», ha detto Xi, cosa che va benissimo a Obama, purché i parametri di partenza coincidano con quelli di arrivo, senza trucchi.

EFFETTO SERRA Sarà adottato un sistema dove le aziende che superano i tetti alle emissioni potranno acquistare dei diritti da quelle che sono al di sotto

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REUTERS

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