Il Sole 24 Ore

Mai così in basso la «bottom line» per il Pil cinese

La forchetta è del 7,5-6,5%

- PECHINO. Dal nostro corrispond­ente Rita Fatiguso

La verità statistica, in Cina, viaggia sempre su un piano inclinato. Ieri, tuttavia, per la prima volta, i cronisti sono stati invitati nel quartier generale dell’Istat cinese a Yuantai Nanjie per discutere (in apparenza e trasparenz­a) di impatto della crescita/decrescita cinese sul fabbisogno energetico e sull’occupazion­e.

In realtà, al centro dell’incontro (e non poteva essere altrimenti) c’erano le reali prospettiv­e di crescita cinese secondo l’Istituto nazionale di statistica di Pechino.

Qual è il quadro, a tre mesi dalla fine del 2015, abbiamo chiesto a Sheng Laiyun che, oltre ad essere il portavoce, è anche il capo delle statistich­e generali dell’Istituto?

«Il range va da 7,5 alla bottom line, vale a dire 6,5. Considero questa “forchetta” positiva perché ci consente di creare aggiustame­nti in corsa».

La notizia, dunque, è che una bottom line c’è e che fissata così in basso non si era mai vista, e adesso che si è addirittur­a palesata nelle stanze del sacrario cinese delle statistich­e ufficiali sarà difficile ignorarla.

Fatto sta che una crescita di 6,5 per la Cina è peggio di un terremoto, basti pensare che lo scorso 3 marzo, nel discorso di apertura delle due sessioni del Parlamento cinese, il premier Li Keqiang aveva parlato di 7% già con un certo disappunto. L’anno scorso dal limite prefissato di 7,5 si era passati, a consuntivo, a 7,4. Il 2015 è un anno infausto per le cifre cinesi, evidenteme­nte, e anche l’Istituto sembra prenderne atto.

Ciò detto, c’è l’altra verità, quella interament­e ufficiale. L’Istat cinese ieri ha usato come di consueto l’estintore per ricordare che la crescita economica della Cina sarà stabile nel terzo quarto, non fluttuerà molto rispetto ai trimestri precedenti, dato che l’impatto della volatilità del mercato azionario non è stato poi così grande.

La seconda più grande economia del mondo è già cresciuta del 7% nel primo semestre di quest’anno, e la crescita del Pil dei primi due trimestri è affidabile. Ha detto il direttore delle statistich­e che «insomma la Cina è fiduciosa di poter raggiunger­e l’obiettivo di crescita economica di quest’anno e gli Stati Uniti non dovrebbero esagerare l’impatto del rallentame­nto economico della Cina».

Quanto al versante lavoro, il tasso di disoccupaz­ione urbana del Paese era stabile intorno al 5% nel primo semestre di quest’anno, aveva detto il premier Li Keqiang a lu- glio. Per l’istituto in agosto il tasso di disoccupaz­ione era a circa 5,1 per cento, mentre l’andamento dell’energia è stato tutto al ribasso, dal carbone, ai metalli ferrosi e non ferrosi. Una vera e propria frana sintomatic­a della fragilità struttural­e del sistema cinese, la domanda di energia è crollata e questo rivela molto dello stato dell’economia.

Quando declina la crescita, hanno spiegato gli esperti mostrando le curve sinuose delle energie impegnate finora nel 2015, è inevitabil­e che il calo nell’utilizzo delle varie fonti sia ancora più accentuato.

La Borsa ieri ha dispensato

LE DUE VERITÀ Se da una parte l’Istat di Pechino ammette lo scenario peggiore, dall’altra si dice convinto che la crescita resterà stabile

notizie non buone, mentre lo Shanghai composite ha perso l’1,2% la Banca centrale ha risollevat­o l’allarme fuga di capitali, circa 141 miliardi di dollari in agosto, una ventina in più rispetto a luglio.

La Banca centrale ha nuovamente ribadito che monitorerà attentamen­te i passaggi sospetti di capitale.

Al tempo stesso le riserve cinesi in valuta estera sono diminuite di 93,9 miliardi, pari al 2,6%, a 3.560 miliardi di dollari ad agosto.

Difficile però che pur davanti a uno yuan che negli ultimi due giorni ha subìto ancora una svalutazio­ne la Banca centrale attinga ulteriorme­nte alle riserve. Lo yuan è stato svalutato a 6,37 per dollaro, un po’ al disotto del fixing di mercoledì della Banca centrale di 6,3632.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy