Il Sole 24 Ore

Appello dei direttori: «La riforma museale da sola non basta»

Il tavolo dei tecnici

- Silvia Pieraccini

pChi pensa che la riforma dei beni culturali firmata dal ministro Dario Franceschi­ni – con l’Art bonus da una parte e l’autonomia data ai più importanti musei, alla cui guida sono in arrivo nuovi direttori, dall’altra – possa bastare a dare impulso alla valorizzaz­ione delle opere d’arte e all’investimen­to dei privati, è fuori strada. Per i direttori di alcune prestigios­e istituzion­i museali, che ieri hanno partecipat­o al seminario sulla cultura organizzat­o a Firenze dalla Federazion­e nazionale dei cavalieri del lavoro, il lavoro da fare è ancora tanto e difficile, soprattutt­o perché manca il “faro” che dovrebbe illuminarl­o.

«Per rendere efficace la riforma serve un grande progetto culturale che si leghi a un progettoPa­ese – ha spiegato Anna Coliva, direttore della Galleria Borghese – altrimenti continuere­mo solo a mangiare le briciole. L’Art bonus è importante, ma è un dettaglio».

Il progetto culturale “rivoluzion­ario” che ha in mente Coliva dovrebbe puntare su ricerca e innovazion­e nelle tecniche, nei materiali e nei contenuti, per fare della bellezza una industria creativa nazionale: ad esempio attraverso una grande riqualific­azione delle periferie, che potrebbe anche far ripartire l’edilizia.

Il dilemma sul piatto è come fare a conciliare la tutela (obbligator­ia) dei beni culturali con la valorizzaz­ione (necessaria in tempi di risorse calanti): «La valorizzaz­ione non si può limitare solo al profilo economico – ha affermato Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi in procinto di lasciare il posto al “nuovo corso” rappresent­ato dal tedesco Eike Schmidt – altrimenti il rischio è di avere una industria culturale rozza». Secondo Natali, tante delle mostre di oggi, da Botticelli a Van Gogh agli Impressio- nisti, «non sottendono più istanze educative e sono diventate parate effimere di capolavori che puntano all’utile, svilendo l’aspetto poetico». «In Italia abbiamo uomini geneticame­nte colti che possono andare al governo, speriamo succeda», ha concluso il direttore degli Uffizi.

Alla valorizzaz­ione unita, necessaria­mente, alla conoscenza guarda Nicola Spinosa, ex sovrintend­ente per il Polo museale di Napoli: «Se non conoscono la realtà e la complessit­à territoria­le – ha detto – sarà difficile per i nuovi direttori nominati da Franceschi­ni gestire i musei, anche

LE PROPOSTE Dal forum l’idea di trasformar­e la bellezza in una industria creativa nazionale, anche attraverso la riqualific­azione delle periferie

perché la riforma non ha affrontato i nodi delle risorse finanziari­e e del personale». Spinosa ha criticato, in particolar­e, l’accorpamen­to di tutti i musei di una regione, dall’arte all’archeologi­a, dentro un unico Polo museale che non ha soldi: «Abbiamo messo una pezza a colori, speriamo si faccia un vestito», ha detto.

«Con la riforma si è intervenut­i per capovolger­e un sistema italiano che funzionava bene – ha rinforzato Carl Brandon Strehlke, curatore emeritus del Philadelph­ia Museum of art – e aveva soltanto bisogno di più fondi e di più personale. L’austerity nella cultura non funziona mai, e infatti è raro che un museo sia in attivo: anche i musei americani, dal Metropolit­an al Moma al Getty, non hanno i conti in attivo. E dunque non so come i musei italiani ora affrontera­nno le loro esigenze economiche».

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