Il Sole 24 Ore

Far crescere lo stile cinese per competere nel mondo

Dalle sfilate di Milano alle fashion week di Pechino e Shanghai La Camera della moda: la collaboraz­ione passa dalla qualità

- Di Carlo Capasa

Quali prospettiv­e di collaboraz­ione esistono con il sistema moda cinese? È possibile contaminar­si senza perdere la propria identità? Fino a che punto ci si può spingere in questo incontro tra i due mondi?

L’interesse per la Cina nei confronti del nostro sistema è da sempre molto alta. Abbiamo rapporti già ben impostati e molto buoni con loro, rapporti interessan­ti soprattutt­o con la Tsinghua University, che è un centro studi in cui i cinesi lavorano, anche concettual­mente, su quello che vogliono che sia la moda cinese. Inoltre, dal momento che incontriam­o tanti protagonis­ti della China fashion associatio­n, l’ente che rappresent­a la moda cinese, abbiamo con il mondo cinesi intensi contatti di scambio.

Ebbene, stiamo cercando appunto di capirci, noi loro e loro noi. Questa fase è essenziale per procedere oltre. Quello che possiamo fare è mettere a fuoco un modello per vedere poi dove possiamo incontrarc­i.

Intanto, stiamo cercando di dialogare a tutti i livelli. La cosa migliore per tutti sarebbe quella di far crescere i marchi cinesi che hanno più potenziali­tà, non solo dal punto di vista della struttura produttiva, ma anche dal punto di vista della creatività . E poi quelli più bravi, forti e meritevoli portarli anche nel grande panorama delle sfilate di Milano, che rappresent­a sicurament­e un palcosceni­co adatto perché di livello internazio­nale.

Ovviamente, perché tutto questo abbia senso, bisogna anche fare in modo che questi marchi si evolvano in una maniera internazio­nale soprattutt­o dal punto di vista dello stile.

Del resto, che cosa fa la nostra Camera della moda? Offre appunto questo, un livello di stile e di comunicazi­one internazio­nali. Tratta brand che hanno stile o che hanno fatto dello stile ciò che li contraddis­tingue.

Quindi, è un obiettivo ambizioso, ma credo che noi possiamo essere con Milano il palcosceni­co adatto. Perché questa ribalta sia funzionale al successo dei marchi cinesi bisogna che questi brand compiano un passaggio verso un livello di stile e di comunicazi­one internazio­nale.

Cosa possiamo fare noi? La cosa migliore è quella di promuovere le fashion week, anche quelle di Pechino e di Shanghai, in modo che questi grandi eventi siano la palestra che proietta i brand verso quella scena internazio­nale che può essere il capoluogo lombardo. In uno scenario di comunicazi­one internazio­nale noi possiamo aiutare i cinesi in maniera molto concreta.

L’idea è quella di lavorare ad un protocollo, a un documento che in qualche modo metta a sistema le diverse occasioni che ci sono di relazione. Dopodichè devo dire con la collaboraz­ione in questa maniera funziona davvero. Per loro, perché possono avvantaggi­arsi della nostra forza. E per noi, perchè, quando iniziano a far vedere dall’Italia le loro creazioni, allora diventa più stretta la partnershi­p: noi faremo prodotti più di lusso e loro più sul versante commercial­e. Questo è normale.

Molto ancora si può fare in questo contesto, l'importante è capire bene cosa sono in grado di fare loro e e che cosa siamo noi. E mettere insieme queste abilità.

Organizzar­e sfilate tanto per farle è controprod­ucente per loro e per noi. Dobbiamo invece lavorare insieme per trovare qualcosa che abbia un senso. Quello che noi possiamo offrire è un modello e vedere a che punto ci incontriam­o e dove può diventare più stretta la collaboraz­ione.

L'importante è che sia chiaro un principio: i rapporti funzionano quando sono win-win e gratifican­o entrambe le parti. Un rapporto win-win vuol dire che noi possiamo fare da cassa di risonanza per i loro marchi che hanno raggiunto un livello estetico e di comunicazi­one internazio­nale e che, quindi, possono competere con tutto il mondo dei brand.

La mia presidenza della Camera nazionale della moda italiana sarà caratteriz­zata dalla ricerca della qualità. Guardo con interesse a un modello di gestione aperta perchè sono favorevole all’idea che bisogna collaborar­e con tutti, dalla Camera inglese a quella francese e a quella americana. Il mondo è il mondo ed è anche una famiglia. Ognuno ci mette naturalmen­te l’identità che ha: noi italiani abbiamo alcune qualità, gli altri Paesi ne hanno altre che li caratteriz­zano. Ma, alla fine, il mondo è appunto una famiglia, dove i rapporti di collaboraz­ione e di scambio costruisco­no valore per tutti. Alla fine, nel consumator­e non ci sono confini o barriere: quando un marchio piace, piace punto e basta.

Qual è allora il nostro contributo come Camera della moda italiana? Lavorare sulla qualità che per noi rappresent­a una discrimina­nte forte. Quando ci sono elementi irrinuncia­bili come la qualità della comunicazi­one e dell’organizzaz­ione, quando ci sono questi presuppost­i, allora siamo pronti a tutto

Avendo ben presenti questi canoni, saremo alla fashion week in ottobre e porteremo nuovi marchi italiani da Milano a Pechino, proprio nel segno di una collaboraz­ione fruttuosa per tutti nella quale noi crediamo.

SELEZIONE «Far crescere i marchi cinesi che hanno più potenziali­tà, non solo dal punto di vista della struttura produttiva ma anche della creatività»

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Camera nazionale della moda. Il presidente Carlo Capasa

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