Il Sole 24 Ore

Penalisti, forti timori per la riforma della prescrizio­ne

- Giovanni Negri

pNel dettaglio, un forte allarme sulla prescrizio­ne e per le modifiche in arrivo sul diritto penale sostanzial­e. Ma più in generale, a preoccupar­e le Camere penali, il cui congresso si è aperto ieri con la relazione del presidente Beniamino Migliucci, è un clima generale nel quale emerge ancora una volta la debolezza della politica nella difficoltà ad affrontare il tema delle riforme utili al Paese. Il tutto aggravato da un periodo di crisi economica che favorisce una visione della giustizia che tende a valorizzar­e il tema dell’efficienza operativa e a rafforzare le politiche repressive al di fuori degli spazi costituzio­nali del giusto processo sul terreno insidioso delle misure di prevenzion­e, di quelle patrimonia­li, delle confische allargate e per equivalent­e. Il processo, anche quello penale, diventa allora inutile, o, meglio, utile solo se procede senza troppi impediment­i e garanzie.

In questo contesto, sottolinea Migliucci, la stessa magistratu­ra vede spesso concretizz­arsi impropriam­ente quell’aspirazion­e a essere impropria protagonis­ta delle riforme che ne caratteriz­za la storia non solo recente. Dalle procure si moltiplica­no così i travasi alla politica, con Pm che passano direttamen­te ad assessorat­i da Palermo a Roma. Il che contribuis­ce allo squilibrio di tutto il sistema, già compromess­o dall’insediamen­to del potere giurisdizi­onale negli uffici legislativ­i e nelle commission­i ministeria­li.

Sulla prescrizio­ne, il timore dei penalisti corre sulla scia delle conseguenz­e della sentenza della Corte di giustizia europea, con la Cassazione che ha già stabilito la disapplica­zione della norma nei casi controvers­i, mentre la Corte d'Appello di Milano ha, più correttame­nte, rinviato alla Corte costituzio­nale; ma non si nasconde insoddisfa­zione per la piega che preso l’intervento più generale in discussion­e in Parlamento, con la previsione del con- gelamento dei termini, anche se è stato scongiurat­o il rischio di un intervento più pesante come quello sollecitat­o dalla magistratu­ra con il blocco anticipato all’esercizio dell’azione penale.

Il disegno di legge che riscrive il processo penale ha rappresent­ato uno dei temi chiave della relazione di Migliucci. Su questo si addensano ombre, con qualche luce. Tra queste ultime, come ovvio, le misure che meno piacciono alla magistratu­ra, dall’obbligo per il Pm di esercizio dell’azione penale entro 3 mesi dalla conclusion­e delle indagini (scelta che tra l’altro potrebbe contri-

IL PROCESSO Consensi per l’obbligo di esercizio dell’azione penale entro tre mesi dalla chiusura delle indagini Dubbi sulle videoconfe­renze

buire ad attenuare la criticità del moltiplica­rsi delle prescrizio­ni nella fase delle indagini preliminar­i, per l’inerzia dei pubblici ministeri, sostengono i penalisti, nella trattazion­e dei fascicoli una volta chiusa la fase investigat­iva), alla previsione di una relazione al Parlamento sui casi di ingiusta detenzione. Ma a convincere sono anche i vincoli in materia di iscrizione tempestiva nel registro degli indagati.

Perplessit­à invece per le norme che rendono assai più estesa la modalità di partecipaz­ione a distanza al processo e per l’aumento delle pene per furti e rapine. Un passaggio quest’ultimo che contraddic­e recenti istituti come la messa alla prova e la non punibilità per tenuità del fatto è che a Migliucci sembra il frutto di una spinta populista e demagogica. In sospeso il giudizio sulle intercetta­zioni, dove la cancellazi­one dell’udienza filtro potrebbe compromett­ere la necessità del contraddit­torio in una materia tanto delicata.

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