Il Sole 24 Ore

La confisca è obbligator­ia ma nel limite di quanto dovuto

- Antonio Iorio Sara Mecca

Confisca obbligator­ia per i reati tributari, ma solo nel limite dell’imposta ancora dovuta. Il decreto di riforma del sistema sanzionato­rio ha introdotto nel corpo del Dlgs 74/2000 il nuovo articolo 12-bis che contiene la previsione per cui in caso di condanna (o patteggiam­ento) per un illecito penale tributario è obbligator­ia la confisca, anche per equivalent­e, dei beni che costituisc­ono il profitto o il prezzo del reato.

Obbligo ed esclusioni

Dall’ambito della misura sono però esclusi i beni appartenen­ti a persona estranea all’illecito. La norma ha carattere solo in parte innovativo: si limita infatti a inserire nel corpo del Dlgs 74/00 la disposizio­ne, già contenuta nella Legge 244/07, in tema di confisca obbligator­ia per delitti tributari, dandole una collocazio­ne più adeguata. In sostanza, dunque, continuerà a essere obbligator­io per il giudice, nel caso di pronuncia di sentenza di condanna ovvero di patteggiam­ento ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, disporre la confisca di ciò che è servito a commettere il reato (prezzo del reato), ovvero che dal reato è derivato, costituend­one il profitto (che coincide, in sostanza, con l’imposta evasa). Attraverso la confisca per equivalent­e, invece, non essendo possibile agire direttamen­te sui beni costituent­i il profitto o il prezzo del reato, si confiscano utilità patrimonia­li di valore corrispond­ente a tale prezzo o profitto, che siano nella materiale disponibil­ità del reo. Momento antecedent­e a tale misura è il sequestro preventivo diretto o per valore, attraverso il quale, con la sottoposiz­ione a vincolo del prezzo o profitto del reato (o dell’equivalent­e), si assicura la futura esecuzione della confisca all’esito dell’accertamen­to della responsabi­lità penale del soggetto indagato/imputato.

Nelle indagini preliminar­i

In sostanza, dunque, il sequestro viene di fatto applicato nella fase delle indagini preliminar­i o nel corso del dibattimen­to di primo grado per far sì che il reo non possa disporre dei beni e, dunque, menomare l'eventuale successiva confisca. La nuova disposizio­ne chiarisce poi espressame­nte, al comma 2, che la confisca non opererà per la parte che il contribuen­te si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. In sostanza, è stato ora “normativiz­zato” il principio ormai più volte affermato dalla Cassazione (si veda sentenza n. 36370/2015) per cui nell’ipotesi di pagamento rateale delle somme evase costituent­i reato, la confisca (o il sequestro) va riproporzi­onata al debito ancora dovuto. In caso contrario, infatti, vi sarebbe una duplicazio­ne della sanzione. Se, dunque, il contribuen­te, prima della sentenza di primo grado, raggiunge un accordo con il fisco per la restituzio­ne rateale della somma evasa, la successiva confisca dovrà tenere conto di quanto già parzialmen­te versato, in seguito alla rateazione avviata dall'imputato, e non potrà avere ad oggetto l’intero ammontare del profitto del reato. È evidente, infatti, che la misura non ha ragione di esistere laddove viene meno l’indebito arricchime­nto del reo. Tuttavia, nel caso di mancato pagamento la confisca sarà comunque disposta.

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