Torri, quelle «cenerentole» da 23 miliardi
pAppena un anno fa, chi avesse scorso l’elenco delle società quotate a Piazza Affari vi avrebbe trovato solo una società di torri: Ei Towers, la ex Dmt di Alessandro Falciai nata da una costola di Mediaset e ritornata di proprietà del gruppo tv della famiglia Berlusconi. Dodici mesi dopo, inezia rispetto ai tempi biblici del paese, le towerco abbondano: tre quotate a Piazza Affari, e tutte newco ( Raiway, spin-off della Rai; e Inwit, neonata società del gruppo Telecom Italia). Più una quarta, la spagnola Cellnex, scissione della conglomerata Abertis e quotata a Madrid.
Cellnex però di fatto è un’estensione italiana perché ha rilevato la scorsa primavera le torri di Wind (e l’anno prima quelle di Atlantia dei Benetton). Un inaspettato boom in un paese storicamente accusato di essere carente nelle infrastrutture. Da cugina povera e bistratta nell’industria delle Tlc, le torri sono di- vetate la gallina dalle uova d’oro. Le Telco hanno improvvisamente scoperto di essere sedute sopra un tesoretto: ritenuti per decenni una componente insidibile del patrimonio industirla, oggi per siti e i tralicci la parola magica è «spin-off», ossia scorporo. Nella cultura d’impresa dominante non sono più ritenuto un asset core per chi di mestiere fa la compagnia telefonica . Separare le torri è un’affare per le Telco: si genera liquidità vendendo a terzi l’infrastruttura e si deconsolidano costi e debiti. Da una parte si incassa; dall’altra ingenti risorse destinate alla manutenzione si liberano per essere dirottati su altri investimenti. Un recente studio di Ernet&Young stima in 23 miliardi l’impatto in Europa,come incasso dai vari scorpori. E altri 27 miliardi come investimenti che si liberano per le Telco perché non saranno più assorbiti dalle torri (o meglio finiranno a carico dei nuovi proprietari). Negli Stati Uniti le TowerCo indipendenti sono l’80% e solo il 20% delle compagnie di tlc se le tiene in casa. In Europa e in Italia, dove si contano 300mila siti e 400mila torri, è l’opposto. Si apre quindi un nuovo mercato da creare da zero. E c’è molto spazio: alla finestra ci sono fondi spiem cheidmafnaoosii geiitori, big del calibro di American Tower, Crown Castle e la stessa Abertis. C’è un prezzo da pagare: le Telco si privano comunque di un asset materiale di proprietà. E dovranno pagare un esterno per affittare quello che prima avevano gratis in casa. Il cartello vendesi messo da Telecom Italia su Inwit riapre il risiko delle torri in Italia. A inizio anno ci aveva già provato Piersilvio Berlusconi: Ei Towers aveva tentato una scalata a sorpresa, sul «boccone proibito» RaiWay. Molto senso industriale, ma gran bagarre politica, intervento a piedi pari delle authority e il gruppo Berlusconi costretto a ritirare un’Opa bell’e pronta. Adesso le carte si sono rimescolate. Il pallino è passato in mano agli spagnoli. Che in Cellnex smanino per aumentare il loro peso in Italia non è un mistero. Sarà Inwit la preda? I rumors fioccano, ma al momento gli iberici nicchiano. Sololo pre-ptattica?