Il Sole 24 Ore

Torri, quelle «cenerentol­e» da 23 miliardi

- Simone Filippetti

pAppena un anno fa, chi avesse scorso l’elenco delle società quotate a Piazza Affari vi avrebbe trovato solo una società di torri: Ei Towers, la ex Dmt di Alessandro Falciai nata da una costola di Mediaset e ritornata di proprietà del gruppo tv della famiglia Berlusconi. Dodici mesi dopo, inezia rispetto ai tempi biblici del paese, le towerco abbondano: tre quotate a Piazza Affari, e tutte newco ( Raiway, spin-off della Rai; e Inwit, neonata società del gruppo Telecom Italia). Più una quarta, la spagnola Cellnex, scissione della conglomera­ta Abertis e quotata a Madrid.

Cellnex però di fatto è un’estensione italiana perché ha rilevato la scorsa primavera le torri di Wind (e l’anno prima quelle di Atlantia dei Benetton). Un inaspettat­o boom in un paese storicamen­te accusato di essere carente nelle infrastrut­ture. Da cugina povera e bistratta nell’industria delle Tlc, le torri sono di- vetate la gallina dalle uova d’oro. Le Telco hanno improvvisa­mente scoperto di essere sedute sopra un tesoretto: ritenuti per decenni una componente insidibile del patrimonio industirla, oggi per siti e i tralicci la parola magica è «spin-off», ossia scorporo. Nella cultura d’impresa dominante non sono più ritenuto un asset core per chi di mestiere fa la compagnia telefonica . Separare le torri è un’affare per le Telco: si genera liquidità vendendo a terzi l’infrastrut­tura e si deconsolid­ano costi e debiti. Da una parte si incassa; dall’altra ingenti risorse destinate alla manutenzio­ne si liberano per essere dirottati su altri investimen­ti. Un recente studio di Ernet&Young stima in 23 miliardi l’impatto in Europa,come incasso dai vari scorpori. E altri 27 miliardi come investimen­ti che si liberano per le Telco perché non saranno più assorbiti dalle torri (o meglio finiranno a carico dei nuovi proprietar­i). Negli Stati Uniti le TowerCo indipenden­ti sono l’80% e solo il 20% delle compagnie di tlc se le tiene in casa. In Europa e in Italia, dove si contano 300mila siti e 400mila torri, è l’opposto. Si apre quindi un nuovo mercato da creare da zero. E c’è molto spazio: alla finestra ci sono fondi spiem cheidmafna­oosii geiitori, big del calibro di American Tower, Crown Castle e la stessa Abertis. C’è un prezzo da pagare: le Telco si privano comunque di un asset materiale di proprietà. E dovranno pagare un esterno per affittare quello che prima avevano gratis in casa. Il cartello vendesi messo da Telecom Italia su Inwit riapre il risiko delle torri in Italia. A inizio anno ci aveva già provato Piersilvio Berlusconi: Ei Towers aveva tentato una scalata a sorpresa, sul «boccone proibito» RaiWay. Molto senso industrial­e, ma gran bagarre politica, intervento a piedi pari delle authority e il gruppo Berlusconi costretto a ritirare un’Opa bell’e pronta. Adesso le carte si sono rimescolat­e. Il pallino è passato in mano agli spagnoli. Che in Cellnex smanino per aumentare il loro peso in Italia non è un mistero. Sarà Inwit la preda? I rumors fioccano, ma al momento gli iberici nicchiano. Sololo pre-ptattica?

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