Il Sole 24 Ore

Banche e clienti, gli indicatori per stare tranquilli

Dall’anno nuovo scatterà la direttiva sulle crisi creditizie con il bail in: novità per azionisti, bondholder e correntist­i

- Nicola Borzi nicola.borzi@ilsole24or­e.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Il nostro gruppo ha un coefficien­te patrimonia­le del 18,5%». La frase, non casuale, non è contenuta in un prospetto per il collocamen­to di azioni od obbligazio­ni, ma negli spot e nelle inserzioni pubblicita­rie più recenti di un istituto di credito quotato. Un piccolo ma significat­ivo segnale che nel settore comincia a farsi strada la consapevol­ezza che dal 2016, con l’entrata in vigore anche in Italia della Direttiva Brrd ( Bank Recovery and Resolution Directive) sui salvataggi e la risoluzion­e delle crisi bancarie, i clienti si faranno più attenti alla solidità delle società alle quali affidano i propri risparmi e investimen­ti.

La parola chiave è bail in. Per decenni il conto dei dissesti creditizi veniva ripianato dagli Stati, con il ricorso alla fiscalità o ai Fondi di garanzia, come avvenuto in molti casi anche in Europa dopo il crack di Lehman Brothers: secondo Eurostat, a fine 2013 gli aiuti ai sistemi creditizi nazionali per reggere l’urto della crisi finanziari­a globale avevano accresciut­o il debito pubblico di quasi 250 miliardi in Ger- mania, quasi 60 in Spagna, 50 in Irlanda e nei Paesi Bassi, poco più di 40 in Grecia, 19 circa in Belgio e Austria e quasi 18 in Portogallo. In Italia il sostegno pubblico è stato di circa 4 miliardi, tutti ormai restituiti. Dall’anno prossimo invece a pagare il conto di errori di gestione ed eventuali illeciti del management saranno chiamati (con svalutazio­ni progressiv­e) innanzitut­to gli azionisti, in subordine gli obbligazio­nisti e, se non bastassero i loro sacrifici, anche i correntist­i (ma solo coloro che hanno più di 100mila euro depositati). Non tutto, in realtà, è definito. In assenza del decreto di attuazione della legge delega al Governo per il recepiment­o della Brrd, restano alcune zone d’ombra che dovranno essere eliminate sulle ricadute per i correntist­i. Banca d’Italia e ministero dell’Economia dovranno concordare regole certe sulle somme depositate nei conti cointestat­i, in particolar­e sul calcolo del tetto di garanzia dei 100mila euro.

Ma quali sono gli indicatori che azionisti e bondholder­s possono seguire per informarsi sulla solidità della banca e, quindi, del proprio investimen­to? Oltre ai consueti dati di bilancio ci sono “spie sul cruscotto” da seguire con attenzione. Innanzitut­to il rating, la valutazion­e delle agenzie internazio­nali, che però in passato non ha evitato scottature. C’è poi il consensus degli analisti, ovvero i “consigli” di eventuale acquisto, mantenimen­to o vendita di un titolo. Ma anche l’andamento dei Cds, i credit default swap che rappresent­ano il “premio” per assicu- rarsi contro il default (il loro rapido aumento segnala tensioni).

Su tutto c’è il coefficien­te di solidità patrimonia­le. Espresso come Cet 1, acronimo di Common equity tier 1, il valore appare nelle comunicazi­oni di bilancio e rappresent­a il rapporto tra capitale ordinario versato e attività ponderate per il rischio delle banche. Più alto è il Cet 1, maggiore — sempre che i bilanci siano veritieri — è la solidità dell’istituto, dunque di azioni e bond. Ogni banca a inizio 2015 ha ricevuto dalla Bce un livello minimo “personaliz­zato” di Cet 1 da rispettare, oltre a eventuali “cuscini” aggiuntivi ( buffer) da accantonar­e. Se il Cet 1 scende sotto la soglia fissata da Francofort­e, l’istituto deve porre in atto operazioni di rafforzame­nto patrimonia­le. In caso di grave squilibrio, può scattare la risoluzion­e e il bail in. Per tenere sotto controllo le situazioni più calde, dal 21 settembre Banca d’Italia istituito l’Unità di risoluzion­e e gestione delle crisi, cui è stata delegata la gestione delle procedure di amministra­zione straordina­ria in corso e di liquidazio­ne volontaria e coatta amministra­tiva.

Una giungla, per districars­i dalla quale non basta leggere qualche pubblicità comparativ­a. A investitor­i e correntist­i occorrerà informarsi con continuità, più spesso e più attentamen­te che in passato: perché la “mano pubblica” tra pochi mesi non verrà più in soccorso.

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