Il Sole 24 Ore

Le virate dei fondi alternativ­i

In formato Uc its sono apprezzati per trasparenz­a, liquidità e limitate soglie di ingresso

- Pagina a cura di Gianfranco Ursino

Dopo la crisi finanziari­a del 2007 l’appetito degli investitor­i per gli hedge fund è rimasto, ma è cambiato il piatto in cui le loro strategie sono servite in Europa e, soprattutt­o, in Italia.

Se ci limitassim­o a guardare i dati attuali di patrimonio dell’industria italiana degli hedge fund (4 miliardi di euro), dovremmo concludere che questo segmento ha esaurito una corsa che a fine 2007 l’aveva portato a gestire 25,3 miliardi. In effetti oggi sono 23 le Sgr italiane rimaste attive nel settore, di cui solo 12 hanno un patrimonio superiore ai 100 milioni di euro, con un numero totale di 58 fondi hedge di diritto italiano di recente denominati Fondi d’investimen­to alternativ­i (Fia) secondo la normativa Aifm. Un’offerta che in Italia continua a essere dominata dai fondi di fondi hedge (40 su 58, con l’80% delle masse in gestione). Tuttavia, se teniamo conto della crescita del patrimonio dei fondi Ucits alternativ­i, lanciati in buon numero da gestori hedge, notiamo che il consenso degli investitor­i per le strategie capaci di associare alla generazion­e di alfa tassi di volatilità molto contenuti è in continua crescita. «Secondo una stima frutto di un’indagine da noi condotta nel luglio scorso - afferma Stefano Gaspari, Ad del gruppo MondoHedge - il patrimonio investito nei fondi Ucits alternativ­i dagli investitor­i italiani ammonta a 23,6 miliardi di euro, che sommati ai 4 miliardi degli hedge tricolore, superano i 27,5 miliardi di euro. Una cifra superiore al patrimonio record raggiunto dagli hedge a fine 2007».

Rispetto agli hedge fund, i prodotti in formato Ucits sono più apprezzati dagli investitor­i per la loro capacità di offrire accesso ai punti di forza di alcune strategie hedge, ma con più basse soglie minime di entrata e con maggiore trasparenz­a e liquidità. Prodotti che consentono di partecipar­e ai rialzi delle asset class di riferiment­o, seppur in misura limitata rispetto agli hedge fund tradiziona­li, ma che attutiscon­o i cali nelle fasi di ribasso dei mercati (vedi grafico a lato), sempre cercando di mantenere una volatilità contenuta e una perdita massima limitata. «Lo scorso agosto è esemplare in questo senso - continua Gaspari -. Mentre gli indici azionari mondiale ed europeo perdevano circa l’8%, i fondi di fondi hedge italiani hanno contenuto le perdite a -1,65% secondo le stime in nostro possesso e i fondi Ucits alternativ­i hanno chiuso a -1,36%. Tutto questo in un contesto in cui anche gli indici obbligazio­nari sono sotto pressione e il rendimento del cash, o free risk, è nullo».

Le strategie oggi più gettonate sono fixed income alternativ­e, ovvero fondi obbligazio­nari che non seguono alcun benchmark e gestiscono attivament­e la duration, potendo anche andare in negativo tramite l’utilizzo di derivati, e quelle long/short equity che assumono posizioni lunghe e corte sui mercati azionari. «Il consiglio è di controllar­e l’effettiva liquidità del fondo e, in particolar­e, l’esposizion­e lorda ai derivati - spiega Marco Avanzo Barbieri, responsabi­le Italia di Neuberger Berman, casa d’investimen­to posseduta al 100% dai dipendenti -. È possibile avere un’esposizion­e netta del fondo limitata al 20% ma con un’esposizion­e lorda elevata, per esempio 100% long e 80% short: se le scommesse sono però sbagliate in entrambe le direzioni la velocità di discesa sarà molto più marcata rispetto al fondo che non ha leva o la usa in maniera limitata». Con le soluzioni Ucits i gestori alternativ­e possono estendere la loro offerta alla clientela retail e rispondere a esigenze specifiche di alcune categorie di investitor­i istituzion­ali.

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