Il Sole 24 Ore

La situazione e lo scenario

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COM’È ADESSO

Il modello del 22 gennaio 2009, frutto di un accordo interconfe­derale che non è stato firmato dalla Cgil, è scaduto alla fine del 2014. Riconosce due livelli contrattua­li, uno nazionale e un secondo livello aziendale o territoria­le, entrambi con una durata di tre anni. Per il contratto nazionale gli aumenti economici seguono la dinamica di un indice che ha sostituito il tasso di inflazione programmat­a: l'indice dei prezzi al consumo armonizzat­o in ambito europeo per l'Italia, depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati (Ipca) Nell’attuale modello, il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria definisce modalità e ambiti di applicazio­ne della contrattaz­ione di secondo livello, che si esercita quindi per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto stesso o dalla legge e deve riguardare materie ed istituti che non sono già negoziati in altri livelli di contrattaz­ione. Per i lavoratori delle aziende in cui non si fa contrattaz­ione aziendale scatta un elemento di garanzia retributiv­a Il modello del 2009 richiamava, per la sua applicazio­ne, a un successivo accordo sulla rappresent­anza per definire chi è legittimat­o, in virtù della propria rappresent­atività, a negoziare ai tavoli contrattua­li. La soluzione è stata trovata con l’intesa interconfe­derale oggetto del Testo unico del 10 gennaio 2014, che indica come riferiment­o la soglia del 5% della media tra numero degli iscritti e voti ottenuti alle elezioni delle Rsu L’applicazio­ne dell’accordo sulla rappresent­anza introduce un quadro di maggiore certezza per le imprese prevedendo l’esigibilit­à dei contratti aziendali firmati dalla maggioranz­a delle Rsu, che sono vincolanti per tutti. Sono esigibili anche i contratti nazionali sottoscrit­ti da sindacati che rappresent­ano il 50%+1 , che vincolano le organizzaz­ioni firmatarie e a tutti i livelli. Previste procedure di raffreddam­ento per prevenire l’insorgenza del conflitto

COME PUÒ DIVENTARE

Imprese e sindacati intendono confermare il doppio livello. Essendo da poco usciti dalla deflazione, l'applicazio­ne automatica dell'Ipca non produrrebb­e gli incrementi economici significat­ivi richiesti dai sindacati in sede di rinnovi dei contratti nazionali di categoria. Per le imprese gli aumenti concessi sono stati superiori di 75-90 euro mensili all'inflazione. Nella proposta Cisl il nuovo modello dovrà prevedere aumenti del contratto nazionale ancorati all'inflazione programmat­a a livello europeo, per la Uil all'andamento del Pil Si ragiona di come proseguire nel processo di decentrame­nto contrattua­le, per estendere la contrattaz­ione aziendale o territoria­le, con l’obiettivo di legare i salari sempre più ai risultati aziendali di redditivit­à e produttivi­tà. Il fisco deve giocare un ruolo significat­ivo per favorire questo processo: il governo attende un accordo tra Confindust­ria e sindacati per stanziare le risorse in legge di Stabilità sulla detassazio­ne del salario di produttivi­tà L’accordo del 2014 deve ancora diventare pienamente operativo. L’Inps dovrebbe essere l’istituto che certifiche­rà il numero degli iscritti dei sindacati e conteggiar­e i voti alle elezioni delle Rsu per fare poi la media ponderata tra i due dati. Il governo ha fatto capire che in assenza di un accordo complessiv­o tra le parti è in arrivo una legge sulla rappresent­anza (salario minimo, partecipaz­ione e contratti sono gli altri temi su cui Palazzo Chigi vuole legiferare) Le nuove regole vanno applicate dalle parti sociali (Confindust­ria, Confserviz­i, Legacoop, Confcooper­ative e Agci). Nella discussion­e sul nuovo modello contrattua­le entra anche il tema di come rafforzare istituti come la bilaterali­tà, il welfare aziendale, la formazione, ai quali può essere destinata parte delle risorse. La Cisl, unico sindacato finora al tavolo sul modello contrattua­le, insiste per un’evoluzione delle relazioni in senso partecipat­ivo

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