Il Sole 24 Ore

La ripresa non sfiora le gallerie

Si contrae del 3% il numero degli operatori in un anno e del 22% in cinque. Gli addetti calano del 4 e del 10%

- Marilena Pirrelli

Erano poco meno di 1.900 le imprese attive in Italia nel settore delle gallerie d’arte alla fine di giugno (1.899 esattament­e), il settore è in calo del 2,9% in un anno (erano 1.955 al 30 giugno 2014) e del -22,2% in cinque anni, cioè a giugno del 2010 quando si attestavan­o a 2.442 imprese. Nel 2015 Milano si conferma la prima città per numero di operatori, come da anni già accade, con 264 imprese, seguita da Roma con 151, Napoli con 91, Torino con 84, Bologna con 72, Venezia con 69, Perugia con 64. In un anno hanno aumentato il numero delle gallerie solo Venezia e Roma, mentre nel quinquenni­o hanno registrato significat­ive contrazion­i Firenze, Brescia e Napoli.

Anche il numero degli addetti soffre della riduzione delle gallerie: nel secondo trimestre di quest’anno sono scesi a 2.600 dai 2.700 dello stesso periodo del 2014 e dai 2.900 di giugno 2010. In pratica una contrazion­e dell’occupazion­e di poco meno del 4% in un anno e del 10,3% in cinque anni. La crisi, insomma, qui si sente e la ripresa si intravede con difficoltà, mentre nella penisola i comparti industrial­e e dell’artigianat­o sembrano aver abbandonat­o il segno meno.

Nelle gallerie nei cinque anni è cambiata anche la forma giuridica: a giugno 2015 si è registrata la ripresa delle società di capitale (da 465 del 2010 a 428 del 2014 a 450 oggi), mentre è confermato il pesante calo delle società di persone (da 430 a 330 a 313 oggi) e delle ditte individual­i (da 1.530 a 1.178 a 1.119 oggi). Cambia insomma il modo di strutturar­e l’impresa-galleria, che deve essere solida per confrontar­si con i mercati esteri. Tutti i dati emergono da un’elaborazio­ne della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese a giugno 2015, 2014 e 2010 su richiesta di «Plus 24-Art Economy». Nella classifica per ricavi da vendite dei primi dieci operatori svettano le gallerie che trattano il contempora­neo. «I numeri parlano da soli – commenta Annamaria Gambuzzi, presidente dell’Associazio­ne Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contempora­nea. – In mancanza di riforme, in Italia il sistema delle gallerie è destinato a contrarsi, ciò risulta ancor più doloroso in un momento in cui nel resto mondo il settore vive una grande euforia». Proposte? «L’alleggerim­ento della burocrazia sulla tutela, sulle dogane e un’uniformità di giudizio sulle licenze di import ed export. Insomma chiediamo la revisione della legge sulla libera circolazio­ne, una revisione dell’Iva e una riflession­e sul diritto di seguito» conclude il presidente delle gallerie di arte moderna e contempora­nea.

Per Dario Boffi, consiglier­e della Cciaa di Milano, nonché responsabi­le di Photo Festival, il mondo delle gallerie è in crisi perché si pone un problema oggettivo con l’acquisto massimo in contanti fino ai 990 euro. «È una legge molto iniqua che ha toccato anche le gallerie. Ci auguriamo che nel 2017 l’uso del contante torni ai 2.500 euro come in Francia o 3.000 come nel Regno Unito e Germania. Del resto il calo degli scambi ha dimostrato che non è servito. Poi il boom delle case d’asta ha portato via un po’ di lavoro ai galleristi. Il mercato primario flette anche perché a causa dei costi si cerca di circoscriv­ere il turnover delle mostre. Infine, bisogna osservare i cambiament­i: per esempio sulla fotografia molte gallerie si sono focalizzat­e negli ultimi cinque anni». E poi il peso dell’Iva sulla merce-arte-bene culturale? Diversa definizion­e a seconda della normativa cui ci riferisce... «Sì, certo. Ci auguriamo che le clausole di salvaguard­ia, il famoso tesoretto della flessibili­tà se accordato da Bruxelles, ci daranno la possibilit­à di non innalzare ancora l’Iva (addirittur­a al 25%, ndr) e di contenerla al 22%. Tuttavia esistono ancora forti squilibri se pensiamo che in Germania è al 19%, in Svizzera all’11% e in Francia al 18% e sul web ci sono ancor meno regole» conclude Boffi.

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