La messa in sicurezza del territorio può essere motore di sviluppo
Ma la burocrazia e i vincoli del patto di stabilità troppo spesso rallentano investimenti e opere
La difesa del territorio dalla minaccia del dissesto idrogeologico è doverosa per garantire la sicurezza di famiglie e imprese, ma può diventare anche un motore dello sviluppo nazionale. Senza gli ostacoli della burocrazia. In tutta Italia sono frequenti le disgrazie legate al dissesto idrogeologico: dal Veneto alla Liguria, dalla Toscana al Lazio, dalla Calabria all’Emilia Romagna, nubifragi, alluvioni, smottamenti continuano a devastare il territorio e distruggono vite, abitazioni e aziende. Negli ultimi anni è aumentata notevolmente la sensibilità della popolazione e delle istituzioni verso questo problema, partendo dalla constatazione che non si può fare finta di nulla e si deve affrontare concretamente il problema. Con benefici non solo per la sicurezza, ma anche per l’economia: in un momento di crisi economica, infatti, i lavori di risanamento per prevenire tali disastri rappresentano una fonte di occupazione. Non inter venire, al contrario, vuol dire allungare l’elenco delle aree disastrate con gravissime perdite in termini sociali ed economici. I progressi nella messa in sicurezza del territorio ci sono stati, ma c’è bisogno di fare un ulteriore passo in avanti. Per aumentare le risorse destinate alla messa in sicurezza di fiumi, montagne e territori minacciati da possibili calamità. Ma soprattutto per mettere in condizioni gli enti responsabili di poter spendere queste risorse senza essere imbrigliati dal patto di stabilità o dalla burocrazia. Un esempio emblematico: Vicenza nel novembre del 2010 è stata sommersa dall’alluvione del fiume Bacchiglione. Per scongiurare l’incubo di nuove alluvioni, la soluzione è costituita dall’entrata in funzione del bacino di laminazione di Caldogno. Che tra carte, pareri, ricorsi, procedimenti e valutazioni di ogni tipo, a 5 anni da quel tragico evento non è ancora pronto per funzionare.