Il Sole 24 Ore

Dalle periferie della storia una nuova umanità

- Di Bruno Forte

Il viaggio di Papa Francesco in Africa, iniziato il 25 novembre scorso, ha toccato Kenya, Uganda e Repubblica Centrafric­ana, Paesi che assommano in vario modo i volti, le potenziali­tà e le sfide di quel Continente. In un succedersi intensissi­mo di incontri con immense masse umane e con singoli protagonis­ti, Francesco ha lanciato messaggi molto forti. Vorrei evidenziar­ne quattro: l’attenzione alle periferie, l’impegno per la giustizia, il valore del dialogo ecumenico e interrelig­ioso e le priorità per l’azione della Chiesa, africana e non solo.

L’attenzione alle periferie, centrale nelle parole e nell’azione del Papa “venuto dalla fine del mondo”, si è espressa in maniera perfino toccante venerdì 27 novembre nella visita al quartiere poverissim­o di Kangemi a Nairobi. Francesco si è presentato così: «Grazie per avermi accolto nel vostro quartiere… In realtà, mi sento a casa condividen­do questo momento con fratelli e sorelle che, non mi vergogno a dire, hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte. Sono qui perché voglio che sappiate che le vostre gioie e speranze, le vostre angosce e i vostri dolori non mi sono indifferen­ti. Conosco le difficoltà che incontrate giorno per giorno! Come possiamo non denunciare le ingiustizi­e subite? Ma prima di tutto vorrei soffermarm­i su un aspetto... la saggezza dei quartieri popolari … che scaturisce da valori evangelici che la società del benessere, intorpidit­a dal consumo sfrenato, sembra aver dimenticat­o. Voi siete in grado di tessere legami di appartenen­za e di convivenza che trasforman­o l’affollamen­to in un’esperienza comunitari­a in cui s’infrangono le pareti dell’io e si superano le barriere dell’egoismo». Il Papa ha richiamato così i valori di cui i poveri sonospesso­portatori:«Lasolidari­età, il dare la propria vita per l’altro, il preferire la nascita alla morte, l’offrire un posto per i malati nella propriacas­a,ilcondivid­ereilpane con l’affamato, la pazienza e la forzad’animodifro­nteallegra­ndiavversi­tà... valori che si fondano sul fatto che ogni essere umano è più importante del dio denaro. Grazie perché ci ricordate che esiste un altro tipo di cultura possibile...valori che non si quotano in Borsa e con i quali non si specula né che hanno prezzo di mercato».

Diffidente com'è di ogni retorica, Francesco ha poi aggiunto: “Riconoscer­e queste manifestaz­ioni di vita buona che crescono ogni giorno tra voi, non significa in alcun modo ignorare la terribile ingiustizi­a dell'emarginazi­one urbana. Sono le ferite provocate dalle minoranze che concentran­o il potere, la ricchezza e sperperano egoisticam­ente, mentre la crescente maggioranz­a deve rifugiarsi in periferie abbandonat­e, inquinate, scartate”. In alternativ­a alla non equità sociale, il Papa ha evidenziat­o il modello da valorizzar­e e attuare: così, mercoledì 25 novembre a Nairobi, nel giardino della State House, ha incoraggia­to il Kenya nel suo impegno a “plasmare una democrazia”, edificando­la “sulle solide basi del rispetto vicendevol­e, del dialogo e della cooperazio­ne una società multietnic­a che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva”, dove “la gioventù è la risorsa più preziosa”, su cui bisogna investire per “poter assicurare un futuro degno della saggezza e dei valori spirituali cari agli anziani, valori che sono il cuore e l'anima di un popolo”. Francesco ha poi sottolinea­to il legame inscindibi­le fra promozione della giustizia e custodia del creato: la “grave crisi ambientale” che stiamo vivendo, ha detto, “esige una sempre maggiore sensibilit­à nei riguardi del rapporto tra gli esseri umani e la natura”. La trasmissio­ne della “bellezza della natura nella sua integrità alle future generazion­i” fa parte di valori “profondame­nte radicati nell'anima africana” che, “in un mondo che continua a sfruttare piuttosto che proteggere la casa comune, devono ispirare gli sforzi dei governanti a promuovere modelli responsabi­li di sviluppo economico”. Il perseguime­nto del bene comune dev'essere obiettivo primario, che richiede l'impegno di tutti: “L'esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazio­ne, che nascono dalla povertà e dalla frustrazio­ne”. Il Papa ha auspicato che la “lotta contro i nemici della pace e della prosperità” sia portata avanti da “uomini e donne che, senza paura, credano nei grandi valori spirituali” e operino “con integrità e trasparenz­a per il bene comune”, in particolar­e mostrando “una genuina preoccupaz­ione per i bisogni dei poveri, per le aspirazion­i dei giovani e per una giusta distribuzi­one delle risorse umane e naturali”. Riferendos­i ai martiri ugandesi, poi, il 27 novembre ha detto a Entebbe: “Essi ci ricordano, nonostante le nostre diverse credenze religiose e convinzion­i, che tutti siamo chiamati a cercare la verità, a lavorare per la giustizia e la riconcilia­zione, e a rispettarc­i, proteggerc­i ed aiutarci reciprocam­ente come membri dell'unica famiglia umana”.

Accanto all'attenzione alle periferie e all'impegno per la giustizia, Francesco si è fatto promotore del dialogo a tutti i livelli: il 26 novembre, in Kenya, ha detto che “il dialogo ecumenico e interrelig­ioso non è un lusso. Non è aggiuntivo o opzionale, ma è essenziale, è qualcosa di cui il nostro mondo, ferito da conflitti e divisioni, ha sempre più bisogno… In una società democratic­a e pluralisti­ca, la cooperazio­ne tra i leader religiosi e le loro comunità diviene un importante servizio al bene comune. In questa luce, e in un mondo sempre più interdipen­dente, si avverte con crescente chiarezza la necessità della comprensio­ne interrelig­iosa, dell'amicizia e della collaboraz­ione nel difendere la dignità conferita da Dio ai singoli individui e ai popoli, e il loro diritto di vivere in libertà e felicità”. Le religioni rivestono un ruolo essenziale nel formare le coscienze, nell'instillare nei giovani i valori spirituali delle rispettive tradizioni e nel preparare cittadini, capaci di infondere nella società civile onestà, integrità e una visione del mondo che valorizzi la persona umana rispetto al potere e al guadagno materiale. “Il Nome di Dio non deve mai essere usato per giustifica­re l'odio e la violenza”, ha ammonito Francesco, ricordando i barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera, che tante vittime hanno provocato. Alla Chiesa “giovane” presente nel continente africano, infine, Papa Francesco ha lanciato messaggi di speranza e di fiducia, insieme a stimoli forti: “Vi stiano sempre a cuore le necessità dei poveri; rigettate tutto ciò che conduce al pregiudizi­o e alla discrimina­zione, perché queste cose non sono da Dio”. Nella visita all'Ufficio Onu di Nairobi ha aggiunto: “Sarebbe triste e perfino catastrofi­co che gli interessi privati prevalesse­ro sul bene comune e arrivasser­o a manipolare le informazio­ni per proteggere i loro progetti”. Rivolgendo­si ai giovani nello Stadio Kasarani ha osservato: “Come si può uscire dalle esperienze negative di abbandono, di mancanza di amore? C'è soltanto un rimedio: fare quello che non abbiamo ricevuto. Se voi non avete ricevuto comprensio­ne, siate comprensiv­i con gli altri; se voi non avete ricevuto amore, amate gli altri; se voi avete sentito il dolore della solitudine, avvicinate­vi a quelli che sono soli. La carne si cura con la carne! E Dio si è fatto Carne per curarci. Facciamo anche noi lo stesso con gli altri”. Con linguaggio da tifoso sportivo ha infine aggiunto: “Credo che - prima che l'arbitro fischi la fine – sia il momento di concludere. Io vi ringrazio di cuore per essere venuti …”. Con i semi lanciati dalle sue parole, la conclusion­e è piuttosto un nuovo inizio per tutti: quello che simbolicam­ente Francesco ha voluto inaugurare aprendo la prima porta santa del Giubileo della misericord­ia proprio in Africa, a Bangui, la martoriata capitale della Repubblica Centrafric­ana.

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