Il Sole 24 Ore

Se il mercato è distorto difendersi è inevitabil­e

- Giorgio Barba Navaretti barba@unimi.it

La Cina non è un’economia di mercato. Né lo sarà l'11dicembre 2016 quando scadrà il sub-paragrafo 15(a)(ii) del protocollo di accessione alla WTO, che la definisce appunto come un'economia non di mercato. Allo stesso tempo, lo status attuale dell'impero di mezzo garantisce ai paesi importator­i margini di discrezion­alità molto elevati nell'adottare misure anti dumping che, pur avendo il sacrosanto obiettivo della salvaguard­ia delle produzioni nazionali, devono evitare di dare luogo ad ingiustifi­cate azioni protezioni­stiche.

La delicatezz­a delle relazioni commercial­i e politiche con la Cina e l'evoluzione dell'economia e delle istituzion­i del paese nei quindici anni di appartenen­za alla WTO dovrebbero dunque indurre a molta cautela nell'identifica­re le misure da adottare entro il dicembre 2016. Qualunque sia la soluzione, non sarà né politicame­nte possibile né economicam­ente corretto ragionare in termini dicotomici, economia di mercato si o no. Lo spazio per soluzioni intermedie flessibili c'è e va sfruttato al meglio. Come procedere dunque?

Intanto, perché la definizion­e é così cruciale? Nel caso di economie di mercato la valutazion­e dell'esistenza di un comportame­nto di dumping da parte di un'azienda (esportazio­ne a prezzi sottocosto), viene valutata sulla base dei costi effettivi di quell'impresa nel paese in cui produce. Se un'economia é non di mercato, invece, dato che i prezzi domestici sono distorti, si deve ricorrere ad altri parametri, come per esempio i costi di produzione in altri economie di mercato ad un simile livello di sviluppo. Per la, Cina, ad esempio, si potrebbero applicare i costi di produzione del Brasile. Per quanto non sia possibile identifica­re altre procedure convincent­i, questo meccanismo dà facilmente luogo a valutazion­i aleatorie e può diventare una potente arma protezioni­stica. Ad esempio non é chiaro quanto la richiesta da parte di molti produttori di acciaio del vecchio continente alla Commission­e Europea di avviare un'azione antidumpin­g verso la Cina sia effettivam­ente mossa da un dumping di prezzo o piuttosto dalla necessitá di proteggere un'industria comunque afflitta da sovracapac­ità nelle economie mature.

Detto questo, se a partire da fine 2016 venisse riconosciu­to lo status di economia di mercato, diventereb­be molto più difficile attivare azioni di difesa nei confronti di un paese con un'economia comunque ancora molto distorta. L'intreccio tra comando e mercato rimane tale. La crescita delle imprese Cinesi dipende certo dalla capacità di essere competitiv­e, ma anche da condizioni di contesto garantite da una classe politica intrusiva che ha ancora moltissime leve per favorire i propri produttori e per concedere vantaggi non compatibil­i con le regole della libera concorrenz­a. Dunque, il riconoscim­ento immediato dello status di mercato darebbe in effetti alle imprese

STATO E IMPRESE L’intreccio è ancora molto forte in Cina e le aziende locali contano sull’intrusivit­à della classe politica

LA TERZA VIA Occorre distinguer­e tra i settori dove le interferen­ze sono limitate e quelli dove il dumping è forte

cinesi un vantaggio non equo.

E allora? Economia di mercato si o no? La soluzione sta probabilme­nte nella media via. Il quadro é comunque molto diverso di quello di quindici anni fa. L'industria cinese é a un difficile punto di transizion­e verso le produzioni ad alto valore aggiunto. I margini competitiv­i immensi, dal basso costo del lavoro al dumping ambientale, si sono erosi considerev­olmente. Questa transizion­e verso la produttivi­tà elevata rende i cinesi meno minacciosi, nel senso che dovranno competere su terreni a noi più favorevoli, con le nostre stesse armi: qualità, tecnologia, produttivi­tà. Questa consideraz­ione oltre all'effettiva maggiore diffusione del mercato indotta dalle riforme, potrebbe portare a trattare la questione del dumping con un approccio caso per caso. Ossia garantire lo stato di mercato solo ad imprese o settori dove effettivam­ente le distorsion­i sono limitate, e invece continuare a mantenere le procedure non di mercato dove chiarament­e persistono distorsion­i. Questo approccio darebbe anche un forte incentivo alle autorità Cinesi ad accelerare la transizion­e verso il mercato, alla ricerca di fattori di competitiv­ità veri e non dovuti alla benevolenz­a della classe politica.

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