Il Sole 24 Ore

«Affiliato all’Isis» uno dei fermati

Accusa di terrorismo per un siriano che provava a raggiunger­e Malta da Orio al Serio

- Ivan Cimmarusti

L’accusa è di terrorismo internazio­nale. Si aggrava la posizione di Alali Faowaw, uno dei due siriani fermati all’aeroporto di Orio al Serio mentre tentava di imbarcarsi per Malta con documenti falsi a pochi giorni dalla visita della regina Elisabetta, venerdì scorso sull’isola per l’inaugurazi­one del Commonweal­th Heads of Government Meeting, il vertice dei capi di governo dei 53 Paesi dell’Impero britannico.

L’ipotesi della Procura della Repubblica di Bergamo per ora si basa su alcune immagini che gli sono state trovate durante le perquisizi­oni. Foto in cui indossa la divisa dell’Isis e altre di kalashniko­v e fucili d’assalto. Particolar­i che per l’antiterror­ismo vanno a sommarsi agli altri emersi e che riguardano il tentativo di altri tre soggetti siriani di partire, nello stesso giorno dei due fermati a Orio al Serio, verso Malta da Fiumicino e da Catania. Un sesto siriano, invece, sarebbe riuscito a sfuggire ai controlli aeroportua­li imbarcando­si e arrivando a La Valletta. Tuttavia c’è da dire che l’ipotesi di terrorismo è confermata, per il momento, solo per Faowaw. Per gli altri tre resta l’accusa di fabbricazi­one e utilizzo di documenti d’identità falsificat­i.

Intanto alla Procura della Repubblica di Roma si sta monitorand­o con attenzione il fenomeno terroristi­co attraverso le indagini che stanno conducendo gli investigat­ori dei carabinier­i del Ros e della Digos, col supporto dei servizi segreti italiani. Perquisizi­oni sono all’ordine del giorno, così come le segnalazio­ni che giungono da più parti all’ufficio requirente della Capitale. Anche con le espulsioni si tenta di prevenire la formazioni di gruppi che potrebbero avere contatti con cellule terroristi­che. Da gennaio ad oggi, infatti, risultano espulsi già 61 soggetti.

La guardia, dunque, è alta. Perché le indagini finora compiute hanno tracciato un quadro nitido del ruolo che gioca il nostro territorio nella jihad: logistico, per il passaggio di guerriglie­ri Isis che poi raggiungon­o i nord Europa, ma anche propagandi­stico. A Roma, infatti, operava il portale www.i7ur.com, legato ad Al Furqan, sezione mediatica dell’Isis. Così, la «jihad mediatica» serviva a far girare informazio­ni del tipo «come fabbricare una bomba nella cucina di tua mamma». Un percorso, dunque, verso la «jihad violenta».

A disegnare il pericoloso scenario di terrorismo islamico a Roma sono i carabinier­i del Ros e il servizio segreto interno (Aisi). I loro accertamen­ti hanno consentito di stringere il cerchio investigat­ivo sulla figura di Ahmed Masseoudi, figlio di un funzionari­o dell’ambasciata tunisina a Roma. Masseoudi aveva le idee chiare: «La nostra jihad mediatica – scrive sul forum - è una cosa importanti­ssima e seria e non è una perdita di tempo…è un’arma per affrontare la guerra mediatica che gli infedeli invasori hanno compiuto e stanno compiendo contro l’Islam e i musulmani». E così, su «i7ur», acronimo di «Gli amanti delle vergini», compare il «libro tascabile del mujahid individual­e», un compendio di come organizzar­e in modo casalingo la guerra del terrore contro l’occidente. Stando a quanto riportato negli atti dagli investigat­ori, il libro «è dedicato all’illustrazi­one di tecniche per compiere attentati alla portata di tutti, utilizzand­o materiale di libera vendita per sintetizza­re sostanze esplosive artigianal­i in un laboratori­o nella propria abitazione e, qualora queste siano comunque troppo complesse, ricorrendo ad altri strumenti tradiziona­li (uso di armi da fuoco) o alternativ­i (incidenti stradali, incendi)».

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