Italia digitale, niente più alibi
Il 2016 dovrebbe essere l’anno in cui si passa all’attuazione dei progetti A partire dal capitolo del Fascicolo sanitario
a L’Agenda digitale italiana entra nel 2016 nella stagione del fare. Finora abbiamo avuto progetti rappresentati solo nelle norme; adesso si tenta di passare a progetti reali. Ossia usati dai cittadini e dalle imprese. Condizione necessaria perché il digitale possa migliorare l’economia e la società italiane. Ci aspetta insomma il periodo della “prova dei fatti”: per l’esattezza un biennio - 2016-2017 come è emerso anche tra le righe dell’intervento del premier Matteo Renzi all’evento di Venaria una settimana fa.
Ma è anche l’evidenza che si legge nel rapporto presentato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. Titolo (emblematico): “Agenda Digitale: niente più alibi”. Niente più alibi perché le leggi (quasi tutte) ci sono. La governance di massima pure c’è. Da quest’anno ci sono i piani per l’Agenda e le risorse necessarie (nazionali ed europee). C’è anche un “commitment” (dichiarato) della Presidenza del Consiglio, per cambiare l’Italia al suon del digitale.
Ma per calare i progetti nell’Italia reale serve un passo in più che finora non c’è stato. L’attuazione dell’Agenda, insomma, è la sfida che ora il Governo e l’Agenzia per l’Italia Digitale abbracciano. La complessità dell’impresa è testimoniata dai tentativi falliti finora ed è dubbio che bastino la nuova governance e le risorse per fare la differenza.
Un esempio, per capire il senso di questa sfida, viene dal progetto del Fascicolo sanitario elettronico. Da anni annunciato e potenzialmente in grado di migliorare il rapporto tra il cittadino e la propria salute. Dopo un ritardo per certi versi inspiegabile, solo a novembre è arrivato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo, che impone alle Regioni di fare il Fascicolo entro fine anno. «Solo alcune sono pronte a questa scadenza, come Lombardia, Emilia Romagna, Provincia di Trento. Altre seguiranno nel 2016», spiega Roberto Moriondo, storico responsabile del rapporto con le Regioni presso l’Agid.
Ricordiamo che il Fascicolo è un luogo internet dove l’utente può vedere la propria storia medica, i referti, gli esami, i farmaci assunti eccetera. Vi può accedere anche qualsiasi medico autorizzato nel Paese (medico curante, ospedaliero, del pronto soccorso), anche di diverse regioni. L’obiettivo è semplificare il quadro diagnostico e potenziare il controllo che ogni paziente può avere sui propri dati sanitari.
Ma per avere tutto questo, in ogni Regione, servono tre cose: «L’adesione dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, la digitalizzazione dei referti di laboratorio e analisi, l’interoperabilità dei sistemi regionali, interregionali e nazionali», spiega Moriondo.
Tre punti che in Italia sono andati avanti a macchia di leopardo, tra resistenze di alcune parti e obiettive complessità tecniche da superare, a fronte di risorse aggiuntive inesistenti per le Pa locali (il Fascicolo è una dei tanti progetti di Agenda digitale che il legislatore vuole “a costo zero” per lo Stato). Altri esempi su quanto sia difficile trasformare il Paese reale sono negli articoli qui a fianco, su diversi progetti dell'Agenda.
Allora, come se ne esce? L'esito lo vedremo a cominciare dal 2016, ma il Governo e l’Agenzia hanno un piano che tiene conto di queste complessità, come detto da Antonio Samaritani, direttore dell'Agenzia, al convegno di presentazione del rapporto del Politecnico di Milano: «Stiamo formulando una strategia che metta insieme sia un approccio top down per la trasformazione della PA sia il coinvolgimento bottom up dei vari attori, creando un ponte tra il centro e la periferia». Questo spirito si articolerà attraverso e nei diversi progetti dell’Agenda, con uno sforzo che passa dalla formulazione di linee guida per i servizi della PA digitale, verso una interoperabilità dei sistemi e una razionalizzazione delle infrastrutture pubbliche. I diversi progetti sono tasselli di un puzzle che si formerà entro un paio di anni- tra gli altri identità digitale, PagoPA, che confluiranno nella piattaforma cittadinanza digitale Italia Login con il supporto della nuova e futura Anagrafe Unica. In tutto questo, c’è l’idea che semplificando e moltiplicando i servizi digitali (pubblici e privati), anche i cittadini e le imprese seguiranno il processo di trasformazione (il tema delle Competenze Digitali, pure presente nell’Agenda digitale, cioè le azioni dirette per diffondere il sapere digitale, continua invece a essere il meno trattato nel dibattito). Bisogna ricordare che è questo - la crescita del Paese grazie al digitale - l’obiettivo finale. Ed è questo ciò che l’Europa vuole e misura, con un indice (Digital economy and society index) che vede l’Italia 27ima in Europa. Il Politecnico di Milano ha proposto un nuovo indice, più ricco di parametri, che ci fa guadagnare qualche posizione (dal 23°), ma il quadro resta negativo.
«Questa è la volta buona, per fare un cambiamento reale, perché abbiamo un commitment politico forte, dal Governo. E perché ormai si è affermata l’idea che ulteriori ritardi sarebbero un disastro per l’Italia», ha detto Samaritani. Gli strumenti e la visione per cambiare l’Italia ci sono o almeno sono a un punto finale di preparazione. I prossimi mesi ci diranno se è davvero la volta buona.