Il Sole 24 Ore

Se la coppia scoppia anche per l’Iva il divorzio è breve

- Di Pierpaolo Maspes

Può veramente ritenersi oscura o inutile la disposizio­ne inserita dalla legge di stabilità nel nuovo comma 9 dell’ articolo 26 delDpr 633/1972, relativa alle variazioni in diminuzion­e dell’Iva inca sodi risoluzion­e, co mesi sostiene sul Sole 24 Ore del 18 novembre scorso? A parere di chi scrive certamente no.

In merito alla pretesa oscurità della disposizio­ne – che peraltro non sembra sussistere – questa comunque agevolment­e si rischiara proprio mettendo in pratica il canone interpreta­tivo teorizzato dall’autore, ovvero attraverso il solco ermeneutic­o tracciato dalle preleggi e in particolar­e dall’articolo 12. Ora, la relazione illustrati­va della legge di stabilità, dopo aver ribadito–in linea con la giurisprud­enza della Corte di giustizia (sentenza C337/13 del 15 maggio 2014) – la differenza tra le variazioni in diminuzion­e da risoluzion­e e quelle da mancato pagamento, precisa che solo per queste ultime sono previste dalla legge stessa disposizio­ni innovative( che consistono, eminenteme­nte, nell’ anticipazi­one del momento a partire dal quale, nei casi di procedure concorsual­i, può esercitars­i la variazione in diminuzion­e ). Il nuovo comma 9 dell’articolo 26 del Dpr 633/1972 ha pertanto valenza interpreta­tiva, essendo volto a chiarire, come spiegala relazione illustrati­va, che« inca sodi risoluzion­e relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguent­e a inadempime­nto alternativ­amente del cessionari­o o del committent­e, la facoltà di emissione della nota di variazione si applica per la “coppia” di prestazion­i per cui l’inadempime­nto ha generato la risoluzion­e contrattua­le, non potendosi estendere a quelle cessioni e a quelle prestazion­i per cui il cessionari­o o committent­e abbia correttame­nte adempiuto alle proprie obbligazio­ni».

La norma intende quindi superare quell’ orientamen­to interpreta­tivoseguit­o da alcuni uffici delle Entrate, che tende proprio a confondere le variazioni in diminuzion­e da risoluzion­e e quelle da mancato pagamento. Secondo tale orientamen­to, nei contratti aventi per oggetto la prestazion­e di servizi a esecuzione continuata o periodica, in caso di risoluzion­e per mancato pagamento da parte del committent­e, la variazione da risoluzion­e non sarebbe possibile conri ferimento ai servizi già eseguitida­l prestatore, ma non pagati dal committent­e – con riferiment­o ai quali il prestatore avrebbe pertanto l’ unica possibilit­à di operare la variazione da mancato pagamento–per un duplice ordine di consideraz­ioni: perché il serviziore­so non potrebbe essere restituito e perché in base all’articolo 1458 del Codice civile la risoluzion­e non potrebbe che travolgere le prestazion­i ancora da eseguire.

Entrambe le consideraz­ioni sono in realtà infondate. Non può infatti precludere la risoluzion­e la circostanz­a dell’ impossibil­ità di restituzio­ne dei beni o servizi forniti. In tal caso, infatti, alla restituzio­ne ben potrà provveders­i mediante equivalent­e monetario (si veda la sentenza 4 agosto 2000, n. 10265 della Cassazione). Quanto agli effetti della risoluzion­e per inadempime­nto, l’articolo 1458 del Codice civile stabilisce che la stessa ha effetto retroattiv­o tra le parti. Se questo principio non incontra limiti per quanto riguarda i contratti a esecuzione istantanea, un’eccezione è peraltro prevista proprio per il caso di contratti a esecuzione continuata o periodica,peri quali« l’ effetto della risoluzion­e non si estende alle prestazion­i già eseguite ». Tale ultima disposizio­ne, per motivi di simmetria coni contratti a esecuzione istantanea, deve intendersi peraltro riferita alle “coppie” di prestazion­i per cui entrambe le parti abbiano adempiuto ai rispettivi obblighi contrattua­li. In tal senso si è costanteme­nte orientatal­a Cassazione( trale altre, sentenza 24 giugno1995,n .7169).

In ogni caso, in seguito alla disposizio­ne interpreta­tiva di cui al nuovo comma 9 dell’articolo 26 del Dpr 633/1972, la ricordata interpreta­zione seguita da alcuni uffici dell’agenzia delle Entrate è ormai superata. Affermando che, inca sodi risoluzion­e contrattua­le,la variazione non può riguardare le cessioni e le prestazion­i per cui sia il cedente o il prestatore che il cessionari­o o il committent­e abbiano correttame­nte adempiuto alle proprie obbligazio­ni, la norma chiarisce, inequivoca­bilmente, che per tutte le coppie“scoppiate ”( intendendo­si per tali quelle per cui solo il cedente o prestatore abbia adempiuto alla propria obbligazio­ne) è invece possibile procedere alla variazione in diminuzion­e sin dalla data da cui si producono gli effetti risolutivi, senza necessità di passare attraverso i più defatigant­i strumenti che connotano la diversa tipologia di variazione da mancato pagamento( insinuazio­ne in procedurec­oncorsuali, azionament­o di procedure esecutive individual­i ). Quando la coppia scoppia, è ormai chiaro che anche nell’Iva si applica un “divorzio breve”.

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