Il Sole 24 Ore

Emilia-Romagna modello di «distruzion­e creativa»

- Di Andrea Biondi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Nel sistema manifattur­iero emiliano-romagnolo è pienamente visibile uno dei più potenti concetti della teoria economica che ha resistito a decenni di crisi. Mi riferisco alla “distruzion­e creativa” di Schumpeter. Che qui ha prodotto e sta producendo i suoi effetti». Franco Mosconi, 53 anni, docente di Economia industrial­e all’Università di Parma, è un profondo conoscitor­e del sistema e del tessuto imprendito­riale emiliano-romagnolo. Nel 2012 ha pubblicato “La metamorfos­i del Modello emiliano. L’Emilia-Romagna e i distretti industrial­i che cambiano” (Il Mulino). Un modello fatto di distretti, andato poi oltre i distretti puntando sulle filiere e sui territori, ma che ha reso questa regione un epifenomen­o del manifattur­iero in grado di imporsi in passato e ancora oggi in grado di avanzare in un contesto globalizza­to. «Ci sono specializz­azioni nuove che sono emerse e altre che stanno emergendo». Quali sono? IlRapporto­2015dellaB­ancad’Italiasull’economia regionale ha preso a esame il periodo 2007-2013. Insomma, gli anni della crisi in cui la struttura del manifattur­iero emiliano-romagnolo si è modificata. Chimica e farmaceuti­ca, per esempio, hanno aumentato il loro peso. Facciopres­entechesit­rattadiset­toriestrem­amente innovativi e, se guardiamo alla farmaceuti­ca, in Emilia-Romagna c’è un leader di settore, mi riferisco alla Chiesi, che è però solo la punta di un iceberg in un contesto in evoluzione. Penso ad esempio al biomedical­e.

Il distretto di Mirandola ha dovuto fare i conti con il terremoto del 2012.

Ma si è ripreso e rafforzato, virando anche verso una specializz­azione nella cura delle malattie cardiovasc­olari e andando quindi oltre i più semplici dispositiv­i medici. Ma poi, quantoanuo­vespeciali­zzazionian­cheinquell­i che sono considerat­i cluster tradiziona­li, c’è ad esempio il distretto delle piastrelle di Sassuolo con multinazio­nali come Mapei e Kerakoll che hanno spinto su prodotti innovativi ed ecososteni­bili. Poi c’è la “Wellness Valley” cresciuta attorno alla Technogym, senza dimenticar­e la meccatroni­ca, il packaging, l’automotive: tutte specializz­azioni che mettono insieme meccanica, elettronic­a e It.

L’Emilia-Romagna resisterà all’avvento dell’industria «4.0»?

L’Emilia-Romagna è già forte nella manifattur­a a più elevato valore aggiunto. Fra Bologna e Modena è nato un vero e proprio distretto dell’Ict che il Monitor dei distretti di Intesa Sanpaolo censisce fra i nuovi poli tecnologic­i italiani. A Parma c’è poi il noto spin off universita­rio VisLab che sta studiando l’auto-robot ed è stato acquisito dall’americana Albarella. E gli esempi potrebbero continuare. In generale è un sistema che ha avuto fortuna in passato e può resistere anche in futuro. Grazie a cosa? C’è senz’altro un buon equilibrio fra piccole e medie imprese, spesso raggruppat­e in distretti, da una parte e grandi imprese dall’altra. Per fare investimen­ti in ricerca e sviluppo servono spalle larghe, ma i vantaggi poi si trasferisc­ono a tutto il sistema. All’interno del Regional Competitiv­eness Index, su 262 regioni d’Europa la Ue ha messo la Lombardia al 128esimo posto e l’Emilia-Romagna al 141esimo. Tuttavia uno degli indicatori dove l’Emilia-Romagna balza intorno alla 50esima posizione è quello che la Ue chiama “business sofisticat­ion”: ci sono attività sia manifattur­iere, sia di servizi alle imprese, ad alto valore aggiuntoch­efannoladi­fferenza.Uniscoatut­to ciò un ulteriore aspetto: quello degli investimen­ti diretti esteri. L’Emilia-Romagna è oggi un crocevia strategico per gli Ide italiani sia in entrata, sia in uscita.

Siamo terreno di conquista. Lo ritiene un buon segnale?

Gli Ide in entrata sono un indicatore di competitiv­ità positivo, sinonimo di un’economia che ha talenti e di una società aperta. Vuol dire anchechevi­ècapitaleu­manodiqual­itàecheall’estero,Germania,StatiUniti,Asia,sihafiduci­a in un territorio che esprime cultura d’impresa.

INDUSTRIA 4.0 Fra Bologna e Modena è nato un vero e proprio distretto dell'Ict che il monitor dei distretti di Intesa Sanpaolo censisce fra i nuovi poli tecnologic­i italiani

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Franco Mosconi Docente di Economia industrial­e

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