Il Sole 24 Ore

L’Italia nel pantano del 1869

Arianna Arisi Rota si concentra sull’«annus horribilis» per il Regno, dalle tasse eccessive all’estremismo rivoluzion­ario, dalla retorica giornalist­ica all’uso politico della magistratu­ra

- Di Roberto Balzani

Si viveva in «tempi storpi». Non i nostri: qui si parla del 1869, annus horribilis per il Regno d’Italia, devastato da tensioni e drammi formidabil­i. Il Paese, unito da poco, era in preda a crisi molteplici: internazio­nale (Roma da ricongiung­ere alla madrepatri­a); interna (venire a capo di debiti enormi); di legittimit­à (il Parlamento percepito come un oggetto misterioso, luogo di slanci retorici e di bassa cucina). Arianna Arisi Rota, storica del Risorgimen­to all’Università di Pavia, cuce queste diverse linee di frattura in un one year book documentat­o e appassiona­nte, che finisce per concentrar­si sulla storia del deputato garibaldin­o Cristiano Lobbia, vittima designata di quella temperie “bizantina” (definizion­e di Giosuè Carducci). La ricerca si apre con un’Italia in ebollizion­e, a causa della tassa sul macinato, cioè sulla farina, introdotta dalla Destra per far tornare i conti di un bilancio malconcio.

Insurrezio­ni vere e proprie, quasi prove generali di guerra civile, costellano le campagne e le città, costringen­do il governo alla repression­e. In un’atmosfera resa elettrica dalla miseria, scoppia il caso della Regìa cointeress­ata dei Tabacchi, un’operazione finanziari­a condotta dal ministero Menabrea per assicurars­i certezza di gettito a fronte della privatizza­zione dell’appalto: storie classiche dell’Italia di allora, e non solo. Naturalmen­te, a fungere da appaltator­i sono – guarda caso – banchieri e finanzieri già ampiamente sperimenta­ti in altri lucrosi (per loro) affari ferroviari. Insomma, i soliti noti. Ma, questa volta, c’è qualcosa di più: giornali radicali, come il «Gazzettino rosa» di Milano, espression­e di un garibaldin­ismo infiltrato da temi sociali e reattivo rispetto al clima di “smobilitaz­ione culturale” che si respira nel Paese, accusa l’ambiente dell’esecutivo di corruzione. Sarebbero circolate somme considerev­oli, che addirittur­a lambirebbe­ro Vittorio Emanuele. L’occasione è ghiotta per l’opposizion­e, ma Francesco Crispi, anziché andare subito al sodo, alla Camera traccheggi­a e allude: la sensazione è quella di un outsider in cerca di legittimaz­ione, piuttosto che di un capo disposto alla battaglia. Di qui lo sconcerto dei suoi - la Sinistra militante - appena reduci dall’esecuzione di Monti e Tognetti ad opera del papa-re (1868), dalle rivolte del macinato, dalla lenta emorragia di tanti “ex” garibaldin­i, attratti dal sistema. Il 5 giugno 1869, alla Camera – siamo a Firenze, capitale dal 1865 – Cristiano Lobbia, ingegnere e camicia rossa di Asiago dal curriculum immacolato, annuncia di avere «dichiarazi­oni» convalidat­e da un notaio circa i «lucri» percepiti da un deputato nelle contrattaz­ioni per la Regìa cointeress­ata. Nel momento in cui ci sarà una commission­e d’inchiesta, promette, li renderà pubblici. Sensazione generale, seguita dalla consueta “macchina del fango” giornalist­ica, il cui epilogo, appena successivo al varo inevitabil­e della commission­e d’inchiesta è il tentativo, il 15 giugno, di uccidere a pugnalate il Lobbia medesimo,

| Il Parlamento riunito a Palazzo Vecchio in un’immagine del 1864 «Schiavi» è il titolo scelto per l’edizione 2016 di èStoria, la XII, in programma a Gorizia dal 19 al 22 maggio prossimi: sarà, per la manifestaz­ione, l’occasione di riflettere sulla libertà negata, la libertà cercata e la libertà conquistat­a. La storia interroghe­rà la letteratur­a, il diritto, la fede, l’economia, il giornalism­o e numerose altre discipline per un confronto animato da intellettu­ali ed esperti consumato in circostanz­e misteriose in via dell’Amorino, centro di Firenze. «Tutti si domandano se siamo in Tunisi», annota un altro deputato dell’opposizion­e, Giorgio Asproni, sul suo diario. Ben presto, però, succede qualcosa d’inaspettat­o.

Da un lato, la marea della mobilitazi­one estremista, che tracima nelle piazze, provando a saldare antiparlam­entarismo e protesta sociale nel nome della Repubblica e di Mazzini, non smuove in profondità il corpo apatico del Paese e subisce uno smacco definitivo. Dall’altro, fin dal 19 giugno, in ambienti di Sinistra circola la voce che obiettivo degli inquirenti sarebbe quello di dimostrare la tesi della simulazion­e da parte di Lobbia. La voce si fa realtà e, da vittima, l’ufficiale garibaldin­o diventa imputato: a novembre gli danno un anno di carcere. Ci vorrà più di un lustro per dimostrare l’aberrazion­e di quella sentenza, rovesciata in assoluzion­e definitiva solo nel 1875. Troppo tardi: l’ingegnere soldato di Asiago muore l’anno dopo.

Nella seconda metà del 1869, d’altronde, il clima pare mutato: l’apertura del canale di Suez e l’anticleric­alismo anti-conciliare sviano l’attenzione dalla suburra parlamenta­re e finanziari­a. I rivoluzion­ari hanno perso la loro occasione; la Sinistra è uscita malconcia dalla commission­e d’inchiesta, perché poi i famosi fatti non ci sono stati; solo la Destra pare essersi momentanea­mente rigenerata, consegnand­osi alla guida di un presidente del consiglio onesto, ostile al carrozzone affaristic­o della Regìa cointeress­ata: Giovanni Lanza. Con lui, i cavouriani settentrio­nali fermano l’affarismo disinvolto della consorteri­a toscana.

Il 1869, minuziosam­ente ricostruit­o da Arianna Arisi Rota, diventa così un anno di snodo: l’incubatore di tanti stereotipi e di tante dinamiche dell’Italia futura, dall’estremismo ai “bidoni” ai danni del contribuen­te; dalla retorica giornalist­ica all’uso politico della magistratu­ra; dalle tasse alla difficoltà di conservars­i puri in un pantano. L’epitaffio migliore lo scrisse forse Marco Minghetti, Destra emiliana, il giorno di Santo Stefano del ’69: «L’Italia è come quei giovani che si trovano in mezzo a debiti e strettezze. Se a furia di sagacia, di attività e sacrifizi arrivano a pagare i creditori, diventano uomini rispettabi­li. Se invece cominciano a fare qualche porcheria, sdrucciola­no giù per la china e diventano farabutti... Noi siamo anche a tempo di seguire la buona via, ma il tempo stringe, diversamen­te ripeteremo in peggio i casi della Grecia e della Spagna». In politica, allora; in economia, oggi.

Arianna Arisi Rota, 1869: il Risorgimen­to alla deriva. Affari e politica nel caso Lobbia, il Mulino, Bologna, pagg. 282, € 25,oo

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FOTOTECA GILARDI

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