Una nuvola bianca che guarda al futuro
L’entusiasmo salì poi alle stelle, nel 1984, allorché lo stesso ensemble divenne una delle sole quattro compagnie di balletto del British Commonwealth ad ottenere lo stemma reale. Un incentivo in più per alzare la qualità della compagnia ed impreziosire il repertorio di balletti, come la Giselle, da poco in scena a Udine e oggi ancora a Vicenza, ma già festeggiata a Londra, alla Royal Opera House, in una delle tante tournée a cui la di Jochen Heckmann, talento in crescita del Nederlands Dance Theatre e Selon Désir del greco Andonis Foniadakis, lo stesso pezzo che sarà in scena all’Auditorium della Conciliazione il 3 dicembre.
Ventriglia ha infatti scelto di portare a Roma un programma misto dal titolo A Passing cloud, derivante dal nome della Nuova Zelanda, in lingua Maori «Terra della lunga nuvola bianca». Si passa dal quasi cacofonico (rispetto all’enunciato dell’intero spettacolo)The Anatomy of a Passing Cloud di Javier De Frutos, venezuelano residente a Londra, - pezzo encomiastico e con colori e ritmi del Pacifico -, a due coreografie neozelandesi di Andrew Simmons e Neil Ieremia (Dear Horizon e Passchendaele), entrambe ispirate al contributo del loro Paese alla prima Guerra Mondiale. Ma l’apertura dell’originale vetrina è riservata proprio al già citato Selon Désir di Foniadakis, un pezzo collettivo sulla Passione secondo Matteo di Bach, in cui prende vita il contrasto tra l’ispirazione celeste e l’energia che affonda le sue radici nel sottosuolo. La terra neozelandese piace a Ventriglia, un Paese grande quanto l’Italia ma popolato da soli quattro milioni e mezzo di abitanti.
«Lì si lavora molto bene, con grande ordine e rispetto della meritocrazia; i ballerini sono ingaggiati anno per anno e naturalmente riconfermati se il loro talento non si incrina. Non vi sono problematiche irrisolvibili: basta assecondare le direttive del governo nazionale che esige qualità e un impegno costante a penetrare in ogni angolo del Paese. C’è molta considerazione - afferma Ventriglia - per la cultura Maori, e chissà mai che un giorno non mi ispirerò a quella per creare anche in nuova Zelanda qualche mia coreografia». Francesco vive a Wellington, immerso in una natura incantevole e lontanissima: «sono a trentacinque ore di viaggio dall’Italia, e il mio orologio segna dodici ore in avanti rispetto al vostro: però a me piace l’idea di vivere nel futuro».