Le inquietudini di Miss Julie
Una bambina ricorda con commozione la madre, in un’immensa, elegantissima casa immersa nella campagna. Le lacrime agli occhi, la voce rotta dal pianto: per quella futura donna il destino appare segnato fin dall’infanzia. Ritroviamo Miss Julie, ormai adulta, nelle immagini immediatamente successive, sempre sola, circondata dall’algido lusso di una magione in cui nulla è stato cambiato dal tempo. Il padre è momentaneamente assente, è il culmine dell’estate, in cucina due servitori, John e Kathleen, stanno finendo le ultime faccende domestiche prima di andare al ballo della notte magica di San Giovanni. Tutto, in questa notte, può succedere, ed effettivamente tutto succede. Il servo John, innamorato della padrona fin da bambino, non ha mai ovviamente osato mostrare i suoi sentimenti; Julie, inquieta e infelice, sente una strana attrazione per lui, lo ha fatto ballare davanti a tutti, vuole di nuovo averlo vicino. Forse è solo un gioco, un po’ perverso, ma solo un gioco. O forse no: molto più probabilmente è una lotta mortale, di seduzione e inganni, un tentativo reciproco di sopraffazione, l’esplodere di conflitti che non si possono più tenere soffocati. Uomodonna, certo, ma anche servo-padrone, in un intreccio inestricabile, morboso, mortale. Il tesissimo testo teatrale di August Strindberg conserva nella versione di Liv Ullmann, che sposta l’azione nell’Irlanda di fine ’800, una virulenta potenza esplosiva. Il carnefice e la vittima si scambiano di continuo i ruoli; odio e desiderio, disprezzo e passione si inseguono senza sosta. È la guerra della vita, nell’infinita ragnatela in cui, da sempre, si aggrovigliano i rapporti umani. %%%%%