Religione e identità sessuale
Da non moltissimo tempo si è cominciato a studiare l’omosessualità nella storia, e le ricerche aprono davanti a noi scenari nuovi e interessanti, come nella raccolta di studi su questo tema intitolata Le trasgressioni della carne, in un confronto speculare fra società europee e società islamiche dal medioevo al Novecento. Perché spesso la condanna verso comportamenti sessuali peccaminosi si intreccia alla volontà di bollare il diverso da sé, calunniato attraverso abitudini ritenute infamanti. I saggi raccolti nel libro offrono quindi elementi per ripensare la storia sia delle relazioni tra musulmani e cristiani sia delle identità sessuali. Il teatro geografico dove si muovono i protagonisti della trasgressione sessuale è il Mediterraneo, e in particolare due paesi che hanno conosciuto da vicino l’occupazione islamica, come la Spagna e il Portogallo. È qui che l’insofferenza verso le minoranze musulmane induce l’Inquisizione a considerare la sodomia un vizio islamico, e quindi a definirla come atto eretico. Si spiega così l’eccezionale severità delle pene comminate a coloro che sono sorpresi compiere questi atti, in se stessi peccaminosi ed eretici, tanto che è prevista la stessa pena sia per gli adulti che intrecciano relazioni sessuali con altri adulti consenzienti sia per gli uomini che violentano bambini e ragazzi.
Come nasce, in ambito cristiano, la condanna morale di questo peccato lo spiega bene, in un saggio illuminante, Giacomo Todeschini: la sua gravità dipende dal fatto che è bollato come contro natura, ma non in un’accezione sessuale. La sodomia è contro natura perché – come l’avarizia e l’usura – non è fruttuosa, mentre Dio ha creato la natura umana perché produca dei frutti. In sostanza, contro natura è chi antepone il proprio interesse, ovvero il piacere privato all’interesse pubblico.
Tomás Mantecón Movellán scopre l’esistenza di reti di rapporti omosessuali nella Spagna del Siglo de oro, che coinvolgono quasi sempre dei musulmani, fino a parlare addirittura di «costruzione delle identità di genere e dell’autocoscienza omosessuale», mentre Selim Kuru esplora la vasta letteratura omoerotica che fiorisce nell’impero ottomano, e che prova l’esistenza di una tolleranza molto larga nei confronti dei legami amorosi e sessuali fra maschi. Almeno fino a quando i contatti con i paesi europei non si fanno più stretti, e lo sguardo critico dei nuovi potenti suggerisce di celare questo aspetto della vita.
Si tratta dunque di un libro che fornisce elementi nuovi per lo studio della sessualità, ma che in molti saggi è caratterizzato da un’impostazione più ideologica che storica. Per esempio, il termine omosessuale – del quale fanno uso quasi tutti gli autori – è stato coniato nella seconda metà dell’Ottocento, ed è quindi molto discutibile utilizzarlo per spiegare contesti precedenti. E sino alla fine dello stesso secolo condizioni concrete – come l’alta mortalità delle puerpere e dei neonati – che rendono difficile a ogni gruppo umano riprodursi nel tempo, spiegano l’ostilità verso i sodomiti anche senza ricorrere a spiegazioni morali o religiose.
Certo lo stereotipo del turco vizioso è figlio di una mentalità colonialista e ostile, ma non bisogna dimenticare che deriva anche da un contesto di condizioni oggettive: la totale separazione fra donne e uomini, l’esistenza di eunuchi, e l’obbligo religioso della circoncisione, che spesso veniva assimilata all’evirazione. Le trasgressioni della carne, a cura di Umberto Grassi e Giuseppe Marcocci, Viella, Roma, pagg. 220, € 25,00