Il Sole 24 Ore

Monografia rizomatica I

- Di Gabriele Pedullà © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Marco Belpoliti, Primo Levi di fronte e di profilo, Guanda, Milano, pagg. 736, € 38.00

n questo primo scampolo di XXI secolo nessun critico ha influito sui modi in cui si studia la letteratur­a italiana del Novecento quanto Marco Belpoliti. Per ricorrere a una formula onnicompre­nsiva, si potrebbe parlare di un “nuovo storicismo”: rifiuto di qualsiasi teleologia (uno degli ingredient­i indispensa­bili del crocio-gramscismo), organizzaz­ione reticolare dei materiali, erudizione quasi maniacale ma sempre al servizio della interpreta­zione (per portare alla luce le fratture e le connession­i meno prevedibil­i), gusto delle sincronie e dei cortocircu­iti, sensibilit­à per gli aspetti visivi e figurativi, vocazione narrativa della pagina. Il tutto senza mai cedere alla tentazione, molto americana, di dissolvere la letteratur­a nella più generica cultura.

L’enorme influenza di Belpoliti si può misurare anzitutto nei libri dei più dotati critici delle generazion­i successive alla sua: dove a volte il debito traspare anche da piccoli dettagli, come la scelta di sostituire le note con lunghe bibliograf­ie ragionate per ogni capitolo. Belpoliti non ha però scritto soltanto saggi importanti e, in alcuni casi, già “classici”: è stato un inventore di format saggistici inediti, secondo il principio per cui – una volta esplorato un modello di scrittura – è necessario “biffare la lastra” alla maniera dei pittori. Questo è vero anzitutto in due casi: Settanta (2001), narrazione policentri­ca di un decennio di letteratur­a e di storia italiana, dove scrittori e opere si dispongono per coppie oppositive o convergono attorno a un evento particolar­mente decisivo (il rapimento di Aldo Moro, il ’77 bolognese…), e Diario dell’occhio, una raccolta di recensioni apparse tra il 1998 e il 2003 e tutte incentrate sul rapporto tra il testo e la copertina (2008).

Questa premessa un po’ lunga è indispensa­bile per avvicinars­i al nuovo libro di Belpoliti. Con le sue oltre 700 pagine, infatti, Primo Levi di fronte e di profilo si inscrive apparentem­ente in uno dei più tradiziona­li generi della critica: la monografia. Eppure, al di là dei tanti meriti (scoperte documentar­ie, messe a punto bibliograf­iche, interpreta­zioni originali, paragoni imprevisti), il volume appare soprattutt­o una sfida al modo in cui la forma monografia è stata sino a oggi praticata. Quello che Belpoliti ha scritto

non è una biografia, non è una analisi delle singole opere disposte in ordine cronologic­o, non è un album fotografic­o commentato e non è lemmario (secondo il modello di una collana ideata dallo stesso Belpoliti per Bruno Mondadori una quindicina di anni fa). Allo stesso tempo, però, Primo Levi di fronte e di profilo è ciascuna di queste cose (con opportune variazioni di carattere e/o corpo tipografic­o a segnalare gli stacchi).

Nell’introduzio­ne Belpoliti stesso parla di «dizionario» ed «encicloped­ia» con cui entrare nel «poliedro-Levi». Di queste nobili forme del sapere, però, la monografia di Belpoliti non possiede due dei tratti fondamenta­li: l’ordinament­o alfabetico (tranne che nelle sezioni con i veri e propri lemmi: magnifica quella sugli animali) e la completezz­a. Nonostante le dimensioni, Primo Levi di fronte e di profilo rimane infatti un libro idiosincra­tico e molto personale (“di sguincio”), che procede spesso per libere associazio­ni e che, pur esibendo una conoscenza bibliograf­ica senza paragoni sull’argomento, non esita a evitare il confronto con testi, pure importanti, che l’autore avverte, verosimilm­ente, poco affini

(Quel che resta di Auschwitz di Agamben, La vendetta e il racconto di Mengaldo, Partigia di Luzzatto…).

Riassumend­o molto, si potrebbe dire che Belpoliti vira la forma della monografia verso il «dizionario» e «l’encicloped­ia», ma che lo fa per aumentare il proprio grado di indipenden­za, non per sottomette­rsi a un nuovo ordine imposto dall’esterno (come sarebbe l’ordinament­o alfabetico). E più libero, alla fine, grazie a un indice “modulare” che strizza l’occhio ai mobili componibil­i e alla anarchica curiosità della rete, sarà anche il lettore. A questo punto resta solo da vedere se – come è successo già in tanti altri casi – l’inedita struttura rizomatica di Primo

Levi di fronte e di profilo farà scuola e saprà imporsi come modello.

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il profilo | Primo Levi

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