Monografia rizomatica I
n questo primo scampolo di XXI secolo nessun critico ha influito sui modi in cui si studia la letteratura italiana del Novecento quanto Marco Belpoliti. Per ricorrere a una formula onnicomprensiva, si potrebbe parlare di un “nuovo storicismo”: rifiuto di qualsiasi teleologia (uno degli ingredienti indispensabili del crocio-gramscismo), organizzazione reticolare dei materiali, erudizione quasi maniacale ma sempre al servizio della interpretazione (per portare alla luce le fratture e le connessioni meno prevedibili), gusto delle sincronie e dei cortocircuiti, sensibilità per gli aspetti visivi e figurativi, vocazione narrativa della pagina. Il tutto senza mai cedere alla tentazione, molto americana, di dissolvere la letteratura nella più generica cultura.
L’enorme influenza di Belpoliti si può misurare anzitutto nei libri dei più dotati critici delle generazioni successive alla sua: dove a volte il debito traspare anche da piccoli dettagli, come la scelta di sostituire le note con lunghe bibliografie ragionate per ogni capitolo. Belpoliti non ha però scritto soltanto saggi importanti e, in alcuni casi, già “classici”: è stato un inventore di format saggistici inediti, secondo il principio per cui – una volta esplorato un modello di scrittura – è necessario “biffare la lastra” alla maniera dei pittori. Questo è vero anzitutto in due casi: Settanta (2001), narrazione policentrica di un decennio di letteratura e di storia italiana, dove scrittori e opere si dispongono per coppie oppositive o convergono attorno a un evento particolarmente decisivo (il rapimento di Aldo Moro, il ’77 bolognese…), e Diario dell’occhio, una raccolta di recensioni apparse tra il 1998 e il 2003 e tutte incentrate sul rapporto tra il testo e la copertina (2008).
Questa premessa un po’ lunga è indispensabile per avvicinarsi al nuovo libro di Belpoliti. Con le sue oltre 700 pagine, infatti, Primo Levi di fronte e di profilo si inscrive apparentemente in uno dei più tradizionali generi della critica: la monografia. Eppure, al di là dei tanti meriti (scoperte documentarie, messe a punto bibliografiche, interpretazioni originali, paragoni imprevisti), il volume appare soprattutto una sfida al modo in cui la forma monografia è stata sino a oggi praticata. Quello che Belpoliti ha scritto
non è una biografia, non è una analisi delle singole opere disposte in ordine cronologico, non è un album fotografico commentato e non è lemmario (secondo il modello di una collana ideata dallo stesso Belpoliti per Bruno Mondadori una quindicina di anni fa). Allo stesso tempo, però, Primo Levi di fronte e di profilo è ciascuna di queste cose (con opportune variazioni di carattere e/o corpo tipografico a segnalare gli stacchi).
Nell’introduzione Belpoliti stesso parla di «dizionario» ed «enciclopedia» con cui entrare nel «poliedro-Levi». Di queste nobili forme del sapere, però, la monografia di Belpoliti non possiede due dei tratti fondamentali: l’ordinamento alfabetico (tranne che nelle sezioni con i veri e propri lemmi: magnifica quella sugli animali) e la completezza. Nonostante le dimensioni, Primo Levi di fronte e di profilo rimane infatti un libro idiosincratico e molto personale (“di sguincio”), che procede spesso per libere associazioni e che, pur esibendo una conoscenza bibliografica senza paragoni sull’argomento, non esita a evitare il confronto con testi, pure importanti, che l’autore avverte, verosimilmente, poco affini
(Quel che resta di Auschwitz di Agamben, La vendetta e il racconto di Mengaldo, Partigia di Luzzatto…).
Riassumendo molto, si potrebbe dire che Belpoliti vira la forma della monografia verso il «dizionario» e «l’enciclopedia», ma che lo fa per aumentare il proprio grado di indipendenza, non per sottomettersi a un nuovo ordine imposto dall’esterno (come sarebbe l’ordinamento alfabetico). E più libero, alla fine, grazie a un indice “modulare” che strizza l’occhio ai mobili componibili e alla anarchica curiosità della rete, sarà anche il lettore. A questo punto resta solo da vedere se – come è successo già in tanti altri casi – l’inedita struttura rizomatica di Primo
Levi di fronte e di profilo farà scuola e saprà imporsi come modello.