Putin firma le sanzioni per Ankara
Inutili le scuse di Erdogan per l’abbattimento del caccia - Divieto per i russi di assumere lavoratori
La furia del Cremlino per l’abbattimento del jet russo al confine tra Turchia e Siria non si placa. Neppure dopo le parole di Recep Tayyip Erdogan che ieri, per la prima volta dall’incidente, si è detto «profondamente rattristato» e ha aggiunto: «Vorrei non fosse mai successo», sperando di ottenere un incontro bilaterale con Vladimir Putin durante la conferenza sul clima a Parigi.
Passo inutile. Nel giro di poche ore Mosca ha annunciato che il presidente aveva firmato dure sanzioni economiche nei confronti di Ankara. Colpendo il “sultano” dove più è vulnerabile: il consenso dell’opinione pubblica.
LA RISPOSTA Il leader turco aveva detto: «Sono rattristato, vorrei non fosse mai successo» La reazione di Ankara: la situazione si complica
Mentre le piazze di Istanbul si infiammano di nuovo per l’uccisione dell’avvocato schierato con i separatisti curdi, sul governo di Erdogan si abbatte la tegola economica della rappresaglia russa, secondo partner commerciale della Turchia con un interscambio di trenta miliardi di dollari.
Non solo viene vietata l’importazione in Russia di alcuni prodotti inseriti in una lista predisposta dal governo ma, soprattutto, dal 1° gennaio le aziende russe non potranno più assumere lavoratori turchi e molte imprese di Ankara subiranno limitazioni. Presto arriverà anche la lista degli imprenditori nel mirino.
Dal 1° gennaio, inoltre, le agenzie di viaggio russe dovranno smettere di vendere viaggi in Turchia e saranno vietati i voli charter. Anche qui il Cremlino ha infierito duramente perché il Paese è una delle mete preferite dai russi e l’anno scorso i visitatori sono stati oltre tre milioni. Nell’elenco delle sanzioni c’è anche la sospensione degli effetti del trattato bilaterale che aboliva il regime dei visti. Limitazioni in arrivo pure per i servizi, in particolare i trasporti, che verranno sottoposti a controlli approfonditi per ragioni di «sicurezza».
Nessuna sanzione, invece, sul fronte energetico poiché qui Ankara e Mosca sono legate a doppio filo: la Turchia importa il 50% del suo fabbisogno dai russi e dunque per questi ultimi si tratta di un cliente al quale non possono rinunciare soprattutto in tempi difficili per le casse pubbliche impoverite dalla recessione e dal crollo dei prezzi del petrolio. Né vi è alcun accenno, nel decreto firmato da Putin, ai due grandi progetti energetici bilaterali: il gasdotto Turkish Stream e la centrale nucleare di Akkuiu.
La doccia fredda sulle speranze di Erdogan di ricucire i rapporti era arrivata già nel primo pomeriggio quando il portavoce di Putin aveva detto che il Cremlino «è totalmente mobilitato» per affrontare la minaccia turca. Una minaccia definita da Peskov «senza precedenti». E anticipando la preparazione delle misure economiche di rappresaglia, Peskov aveva chiosato: «Nessuno ha il diritto di abbattere un aereo russo a tradimento alle spalle».
L’escalation della crisi con la rappresaglia economica rende la situazione sempre più tesa alla vigilia dell’importante vertice tra Erdogan e i capi di Stato e di governo dell’Unione europea. «Sanzioni di questo tipo possono soltanto peggiorare le relazioni tra i due Paesi. Sono passi che non rendono le cose più facili ma le complicano», ha commentato amareggiato un esponente governativo turco citato da Reuters. La furia di Putin per l’affronto turco complica, però, anche la situazione della Russia che da un lato tenta il riavvicinamento all’Europa, creando un asse antiterrorismo con la Francia contro Daesh in Siria; dall’altro, tuttavia, potrebbe presto vedere rinnovate le sanzioni europee per l’invasione dell’Ucraina.