Il Sole 24 Ore

Contro il terrorismo si vince tagliando i finanziame­nti

Eliminare le fonti di finanziame­nto: è questa una delle strategie più efficaci per sconfigger­e l’Isis

- Di Fabrizio Galimberti fabrizio@bigpond.net.au

Iterribili massacri di Parigi, alla fine della scorsa settimana, ci sbattono in faccia ancora una volta l’orrore del terrorismo. Cosa si può fate per combatterl­o? «I soldi sono i muscoli della guerra», disse Cicerone. Un’opinione che fu contestata da Niccolò Machiavell­i: nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” disse che quell’affermazio­ne era un falso mito, e che per vincere la guerra avere ricchezze non serve, ci vuole un buon esercito. Il che è giusto, ma le due cose vanno insieme. I soldi sono i muscoli della guerra perché per avere buoni soldati e buone armi ci vogliono soldi. Le conseguenz­e sono chiare. Se si vuole sconfigger­e il terrorismo bisogna togliere l’accesso ai soldi. Come si finanziano i terroristi, e in particolar­e quelli del cosiddetto Stato islamico (Isis)?

Ci sono dei modi tradiziona­li e dei modi più moderni. Una prima via, tradiziona­le, è quella del puro e semplice saccheggio. Così come in passato gli eserciti che conquistav­ano una città la depredavan­o, nello stesso modo l’Isis procede a queste spoliazion­i. Quando conquistar­ono Mosul, la seconda città dell’Iraq, razziarono nelle banche qualcosa come 420 milioni di dollari.

Una seconda via è ancora tradiziona­le – il saccheggio – ma più sofisticat­a. L’Isis ha occupato regioni della Siria dove si trovano pozzi di petrolio. Procedono all’estrazione e lo vendono, attraversa­ndo frontiere compiacent­i, ma anche vendendolo al resto della Siria: il presidente siriano Assad ha bisogno di petrolio ed è costretto a comprare il “suo” petrolio da coloro che glielo hanno tolto. Si calcola che l’Isis guadagni un milione di dollari al giorno da questo traffico.

Poi ci sono le solite vie criminali: estorsioni, rapimenti, ricatti e riscatti... Ma non tutti questi ricorsi sono violenti. Per esempio, l’Isis controlla le vie di terra che vanno dalla Giordania a Baghdad. In tempi di pace i camion che percorrono quelle strade avrebbero pagato dazi e pedaggi alle frontiere. L’Isis è lui a riscuotere, e fa anche sconti rispetto a quello che sarebbe stato normale in tempi normali...

Un’altra fonte è la semplice raccolta di fondi, come farebbe la Croce Rossa. Certamente, non possono propaganda­re le proprie raccolte di fondi come tali, ma sono diventati abili a usare le risorse del web. Hanno creato dei siti che dicono di raccoglier­e danaro per nobili scopi, e i donatori – che il più delle volte sanno quello che fanno – possono incanalarv­i danaro. É difficile monitorare questi pagamenti, perché spesso sono piccoli o, se sono grandi, sono abilmente frazionati. Una raccolta che assomiglia a siti come l’americano Kickstarte­r: chi abbia una buona idea di business ma si trovi a non poter ottenere fondi da una banca, si rivolge al pubblico, chiedendo contributi in cambio di quote della start-up che realizzerà l’idea.

Cosa si può fare per contrastar­e questi finanziame­nti e indebolire i “muscoli della guerra”? Potrebbe già essere il tema di un’esercitazi­one in classe: un gruppo di studenti impersona i terroristi che hanno bisogno di soldi, e un altro gruppo i servizi segreti dei Paesi occidental­i che cercano di bloccare l’accesso dei terroristi ai fondi di cui hanno bisogno. Vediamo quante idee vengono fuori da una parte e dall’altra. Nel frattempo andiamo a vedere lo stato dell’arte.

Per quanto riguarda il primo ricorso, quello del saccheggio, non c’è molto da fare. Se l’Isis conquista una città, la saccheggia e basta. L’unica cosa da fare sarebbe un’azione preventiva, come successe nella Seconda guerra mondiale, quando molte banche, per esempio nella Francia occupata dai tedeschi, tolsero i contanti dalle cassaforti prima dell’arrivo dei “crucchi” e li nascosero.

Sul secondo ricorso, il petrolio, si può fare invece molto. Basta bombardare i pozzi e le autocister­ne. Qualcosa si sta facendo a questo riguardo. Ma il petrolio estratto serve anche alle popolazion­i civili dei territori occupati, e al resto della Siria. Quando per qualche ragione militare il posto di frontiera fra il territorio Isis e la Siria “governativ­a” venne chiuso, a Damasco si impennò il prezzo della benzina, e gli ospedali non avevano il carburante per far funzionare i generatori di corrente.

Per quel che riguarda la raccolta fondi, sono già in piedi da tempo le sanzioni finanziari­e e le banche nei territori Isis e siriani sono tagliate fuori dai circuiti finanziari internazio­nali. Ma quelle sanzioni sono calibrate per un ambiente finanziari­o tradiziona­le. La raccolta di fondi con tanti piccoli pagamenti riesce a passare per le maglie strette dei controlli. Anche se le banche nei territori Isis non possono ricevere pagamenti, ci sono “bancomat” nei Paesi di frontiera dove emissari dell’Isis possono andare a rifornirsi ogni giorno di contante pescando nelle disponibil­ità di conti insospetta­bili. Certo, i controlli possono diventare più intrusivi e le sanzioni più pesanti. Ma si tratta di un gioco di guardie e ladri, dove, turato un buco, se ne apre un altro.

Da ultimo, la domanda più importante e più angosciant­e. Indebolire i “muscoli della guerra” avrebbe potuto evitare quello che è successo a Parigi? Purtroppo, no. Quegli attentati possono essere organizzat­i a basso costo. Al mercato nero i Kalashniko­v si possono trovare – secondo notizie di stampa – a un migliaio di euro o meno, e l’intera operazione può essere stata finanziata con qualche ruberia da criminali comuni. L’ambizione dell’Isis – instaurare uno Stato islamico, un califfato, nel Medio Oriente – abbisogna invece di molti soldi, che in quel caso sono veramente i muscoli della guerra. Ed è essenziale allora fare tutto il possibile per bloccare gli accessi ai soldi. Ma bastano pochi soldi per massacrare gli innocenti, e per evitare quei tentacoli che grondano sangue bisogna prima togliere di mezzo la testa dell’idra.

DA DOVE ARRIVANO I SOLDI? Saccheggi, traffico di petrolio, raccolta di fondi, rapimenti, estorsioni: sono le fonti di finanziame­nto più utilizzate dal cosiddetto Stato islamico

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