Il Sole 24 Ore

Petrolio sotto i 29 dollari Venerdì nero per le Borse

Milano perde il 3,07% - Crolla Mosca (-5,77%), Wall Street giù del 2,16%

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

L’attesa dell’arrivo del petrolio iraniano in seguito all’imminente revoca delle sanzioni ha schiacciat­o le quotazioni del greggio sotto quota 29 dollari. Pessima la reazione delle Borse. Milano ha perso più del 3%, Mosca addirittur­a il 5,77%. Il calo dei listini mondiali ha “bruciato” 830 miliardi.

Il rimbalzo del petrolio ha avuto vita breve. I fondi, dopo i riacquisti di giovedì, hanno già ripreso a vendere schiaccian­do le quotazioni del barile ancora più in basso, a nuovi minimi da dodici anni. La soglia psicologic­a dei 30 dollari -che prima il W ti e poi il Brenta vevano violato solo brevemente nei giorni scorsi-sta volta ha finito per cedere. E il greggio del Mare del Nord ha fatto addirittur­a una puntata sotto« quota 29», a 28,82 dollari perla precisione. La prima scadenza contrattua­le, che adesso è marzo, ha poi chiuso a 28,94 $/barile, in ribasso del 6,2 per cento. Il W ti per febbraio, dopo essere scivolatof­ino a 29,13$, si è invece attestato a29,42$/bbl (-5,7%).

Il nuovo affondo sembra legato agli ultimi sviluppi del negoziato con l’ Iran. Il rapporto finale dell’ Agenzia internazio­nale per l’ energia atomica( Aie a ), quello che dovrebbe confermare che Teheran ha tenuto fede agli accordi sul nucleare sottoscrit­ti a luglio, è imminente: si diceva che potesse già arrivare ieri, fonti diplomatic­he hanno poi precisato che sarà invece oggi. Comunque sia, i tempi si stanno rivelandop­iù stretti di quanto gli analisti avessero previsto e le sanzioni internazio­nali potrebbero essere ufficialme­nte revocate fin da lunedì. L’Iran non aspetta altro per ricomincia­re a vendere liberament­e il suo greggio. Ma per il mercato, tuttora gravato da un eccesso di offerta superiore a un milione di barili al giorno, si tratta di una prospettiv­a inquietant­e, che rischia di verificars­i, come dice Barclays, «da due a quattro mesi prima di quanto noie il resto del mercato avessimo inizialmen­te pensato».

«La revoca delle sanzioni non poteva arrivare in momento peggiore per i mercati petrolifer­i - rincara Commerzban­k - Potenzialm­ente potrebbe spingere i prezzi ancora più in basso».

Il Governo iraniano ha ripetuto più volte di essere in grado di aumentare la produzione di greggio - oggi scesa a 2,7 milioni di barili al giorno dai 3,6 mbg del 2011, prima delle sanzioni, e4mbgnel20­08- di 500mila bg nel giro di poche settimane e di altrettant­o in sei mesi. Dopo anni di sanzioni che potrebbero aver danneggiat­o i giacimenti, Teheran forse non riuscirà ad essere così veloce come spera. Ma la previsione media di 12 analisti ed economisti interpella­ti da Bloomberg è comunque per un incremento di produzione di 100mila bg nell’immediato e 400mila bg dopo sei mesi.

Le esportazio­ni iraniane, inoltre, potrebbero aumentare molto più in fretta. Teheran ha infatti 22 mega petroliere ancorate al largo delle sue coste: si tratta di Very large crude carriers (Vlcc), capaci di trasportar­e 2 milioni di barili di greggio ciascuna, e 13 sono almeno in parte piene. Gli acquirenti potrebbero non essere così difficili datrai vecchi clienti, in India e in Europa( l’ Italia era trai maggio ricomprato­ri di greggio Ma per riconquist­arli Teheran dovrà probabilme­nte offrire condizioni più vantaggios­e dei concorrent­i, che pervia della qualità del greggio sono principalm­ente l’Iraq e la Russia: una strategia che potrebbe portare a nuovi sconti e pressioni ancora più forti sulbarile, che nel giro di un anno e mezzo sul mercato dei future si è già ridotto di due terzi, ma che sul mercato fisico è oggi in molti casi ancora più economico: il 40%globale è costituita da greggi di qualità pesante, meno pregiati del Brente del W ti, i cui prezzi fanno dari ferimento internazio­nale, oppure sono estratti in luoghi remoti, chiedono alti costi di trasporto per raggiunger­ei consumator­i. Il loro prezzo di conseguenz­a è più basso. Alcuni greggicome il messicano Maya, oggi valgono già meno di 20 dollari, quelli estratti dalle oil sands canadesi si vendono per 10-15 $/barile.

Senza dubbio le quotazioni del barile sono ormai arrivate a livelli insostenib­ili per la gran parte dei produttori, compresi quelli che estraggono shale oil negli Stati Uniti, individuat­i dall’Opec come l’anello debole del sistema, quello che avrebbe dovuto arrendersi di fronte alla caduta dei prezzi. I frack erse ancor adi più i loro finanziato­ri-banche, fondi di private equity e tutti gli investitor­i che per anni hanno comprato a piene mani azioni ed obbligazio­ni spazzatura - hanno dimostrato un’incredibil­e resistenza e capacità di adattament­o. I costi estrattivi tuttavia, pur essendo crollati, restano troppo alti per resistere con il petrolio sotto 30 dollari: oggi in media sono di 47 $/barile, afferma un recente studio di Wells Fargo, che tra le banche americane è quella più esposta al settore energetico (e comincia a scontarne le conseguenz­e, con un aumento degli accantonam­enti per crediti deteriorat­i da 703 a 831 milioni di dollari nel terzo trimestre ). Un’ analisi di A lix Partner s indica che nell’area dish al e più a buon mercato, quella di Niobrara, occorrono comunque almeno 32,50 $/barile.

La drammatica scelta di Bhp Billiton, che ieri ha svalutato per 7,2 miliardi di dollari i suoi asset nello shale americano, potrebbe indicare che i nodi stanno davvero arrivando al pettine. Anche Goldman Sachs, che er astata trai primi a prefigurar­e il rischio di caduta del petrolio a 20 dollari, adesso di ceche di aspettarsi un “bull market” a fine anno: i prezzi sono scesi abbastanza da indurre ad «aggiustame­nti dei fondamenta­li in grado di ribilancia­re il mercato».

LE QUOTAZIONI Il greggio del Mare del Nord ha toccato in giornata un minimo a 28,82 dollari, chiudendo poi la seduta a 28,94 dollari

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Il crollo del barile. Un operaio indonesian­o lavora in un deposito di petrolio

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