Juncker: Italia, basta attacchi alla Ue Renzi: non ci facciamo intimidire
Il premier: vogliamo rispetto, non saremo più telecomandati
Alta tensione Ue-Italia. Il presidente della Commissione Junckerha attaccato Renzi: «Lo stimo ma sbaglia a criticare la Commissione regolarmente». E ha aggiunto: io ho introdotto la flessibilità, non lui. «Non ci facciamo intimidire. L’ Italia merita rispetto» è la replicato del premier :« La stagione in cui potevamo essere telecomandati da Bruxelles è finita ».
Sono tempi burrascosi quelli che segnano il rapporto tra Roma e Bruxelles. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha colto l’occasione di una conferenza stampa ieri qui a Bruxelles per criticare il premier italiano, ed esprimere fastidio per i ripetuti rimproveri di Matteo Renzi rivolti all’esecutivo comunitario. La presa di posizione è giunta mentre le relazioni sono segnate da divergenze sul futuro del settore bancario e sull’andamento del bilancio.
Interpellato a proposito delle relazioni con l’Italia durante la prima conferenza stampa bruxellese dall’inizio dell’anno, l’ex premier lussemburghese ha spiegato: «Esito a esprimermi con lo stesso vigore che viene utilizzato nei miei confronti. Ciò non consentirebbe di fare avanzare le cose. Ciò detto, trovo che il primo ministro italiano ha torto ad attaccare con disprezzo (vilipender in francese, ndr) la Commissione. Non capisco, forse perché da tempo ho lasciato il teatro della politica nazionale».
Il presidente ha affermato che se Bruxelles ha adottato nuove linee-guida per una maggiore flessibilità di bilancio «il merito è mio, non di Renzi». Juncker ha ricordato che alla fine della presidenza italiana dell’Unione, nel secondo semestre del 2014, il premier in un discorso a Strasburgo si era dato il merito di questo cambiamento. «Vorrei che su questo argomento si dicesse la verità - ha detto Juncker-. Che si smetta di pensare che io sia ingenuo. Non lo sono».
Nei fatti, sia Juncker che Renzi hanno contribuito a questo cambio di marcia. La presa di posizione, insolitamente dura nei toni, è giunta mentre le relazioni tra Roma e Bruxelles sono tese. L’ultimo fronte è quello relativo al finanziamento degli aiuti alla Turchia per sostenere il Paese nel contrastare i flussi migratori da Est. L’intesa prevede che 1 miliardo di euro provenga dal bilancio comunitario, e altri 2 dai bilanci nazionali. Roma vorrebbe che il bilancio europeo si assumesse l’intero onere.
«Ho difficoltà a capire la riserva stupefacente dell’Italia a finanziare i 3 miliardi alla Turchia, perché questi non vanno alla Turchia stessa ma ai rifugiati siriani in Turchia», ha detto presidente della Commissione, sottolineando che «questi 3 miliardi sono una questione di credibilità per l’Unione». In realtà, l’Italia non è isolata su questa vicenda: la Francia nutre simpatia nei confronti della posizione italiana. I rapporti fra Roma e Bruxelles «non sono i migliori al momento», ha riassunto Juncker.
L’Italia ha presentato per il 2016 una legge di Stabilità che rinnega in parte gli obiettivi di finanza pubblica e si basa sulla richiesta di numerose flessibilità di bilancio. La Commissione ha deciso di dare il beneficio del dubbio al governo Renzi, rinviando un giudizio alle prossime settimane. L’altro tema fonte di tensioni è il settore bancario: da tempo Roma e Bruxelles stanno negoziando con difficoltà la nascita di una bad bank, in cui riversare i crediti inesigibili. Il nodo principale riguarda il modo di usare il denaro pubblico.
Qui a Bruxelles si capisce che il premier italiano voglia difendere gli interessi del suo Paese nelle istituzioni comunitarie, sul fronte bancario o di finanza pubblica, anche per meglio contrastare le forze nazionalistiche o radicali che in Italia minacciano i partiti più europeisti. Tuttavia, molti diplomatici europei non capiscono pienamente la strategia italiana. Non vedono altri governi seguire la strada tracciata da Roma e temono che il Paese rimanga isolato.
Non per altro, Juncker si recherà a Roma in febbraio per incontri istituzionali. Durante la conferenza stampa di ieri, l’ex premier lussemburghese ha anche affrontato gli altri temi caldi dell'attualità: la crisi dell’immigrazione; i dubbi sulle scelte politiche del nuovo governo polacco; il negoziato sul futuro del Regno Unito nell’Unione. Su questo fronte, si è detto «certo che avremo una soluzione in febbraio», quando i Ventotto si riuniranno a livello di leader per parlare della questione.
Sul fronte economico, invece, crescita e occupazione resteranno gli obiettivi principali della Commissione Juncker nel 2016, in un contesto di ripresa ancora fragile. Smentendo lo scetticismo di molti, Juncker ha spiegato che il piano di investimenti da 350 miliardi di euro lanciato l’anno scorso sta avendo effetto. Ha permesso di mobilitare investimenti per 50 miliardi di euro su 42 progetti in 22 paesi dell’Unione. Ne stanno approfittando 81mila piccole e medie imprese e 120mila nuovi occupati.
Infine, sempre sul versante economico, Juncker ha messo l’accento sui rischi che controlli alle frontiere interne dell’Area Schengen, reintrodotti da alcuni Paesi per frenare l’immigrazione, potrebbero avere sul mercato unico. Citando la Svezia, che impone controlli preventivi a chiunque provenga dalla Danimarca, lo stesso ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha detto che se Berlino «prendesse una decisione simile non sarebbe un problema tedesco, ma un’enorme minaccia per l’Europa».
«PIANO DI SUCCESSO» Per il presidente della Commissione l’intervento sugli investimenti da 350 miliardi ha già mobilitato 50 miliardi su 42 progetti