Il gruppo torna in pista per nuove alleanze
Peugeot «torna in pista» per nuove alleanze dopo aver completato il risanamento a tempo da record; ma la strada verso un eventuale accordo a tutto campo è ancora lunga. «Se ci sarà l'opportunità strategica, siamo aperti a discussioni con altri costruttori» ha ribadito ieri il numero uno Carlos Tavares, precisando che «attualmente non vi sono contatti in corso in questo senso». Avendo generato 6 miliardi di liquidità in due anni e con una posizione finanziaria attiva per quasi cinque, Peugeot - che poco più di due anni fa sembrava sull'orlo del fallimento - può permettersi di guardare a nuove intese senza fretta e da una posizione di forza: almeno nel breve periodo, non ha bisogno di un partner. Il prossimo 5 aprile Tavares presenterà un piano (”Push to pass”) di crescita organica, per recuperare almeno in parte il distacco dai big: con i suoi tre milioni di vetture vendute nel 2015, Peugeot resta infatti un attore fra i più piccoli del settore, ha una presenza sproporzionata in Europa (60% delle vendite) ed è l'unico ad essere totalmente assente dal mercato americano. I soci e lo stesso Tavares sanno che nel mediolungo termine un'alleanza potrebbe garantire l'indipendenza.
Peugeot viene indicata da molti analisti come un partner adatto per Fca, adesso che la pista Gm sembra sfumata. I due gruppi sono già partner in Sevel (veicoli commerciali) e secondo la stampa francese ci sono stati di recente contatti (poi interrotti) su una nuova intesa industriale per la produzione di modelli Jeep nella fabbrica di Peugeot in Russia. In caso di alleanza a tutto campo, i francesi potrebbero portare in dote una serie di piattaforme moderne in Europa, motori efficienti (Peugeot è la più virtuosa in Europa per le emissioni di CO2) e una posizione solida in Cina; Fiat Chrysler dal canto suo offrirebbe al gruppo francese lo sbocco sul mercato Nordamericano e una leadership riconosciuta nei Suv, con il marchio Jeep.
I problemi non mancherebbero, sia dal punto di vista industriale che finanziario. Uno dei maggiori sarebbe la gestione delle sovrapposizioni in Europa, e in particolare nei due mercati domestici: Peugeot ha prodotto quasi un milione di veicoli in Francia 2015 con le fabbriche che giravano quasi al 90% della capacità; Fiat Chrysler ne ha sfornati circa 600mila con uno stabilimento praticamente fermo (Mirafiori) e due a passo molto ridotto (Pomigliano e Cassino). Le speranze di un riassorbimento della manodopera entro il 2018 sono legate a un filo, quello del piano Alfa Romeo già slittato come tutti i suoi predecessori. La gestione con Parigi di eventuali tagli alla capacità in eccesso non sarebbe facile. Il Governo francese, che nel 2014 scese in campo per salvare Peugeot, ne è azionista con una quota del 14% circa, pari a quella dei cinesi di DongFeng e della famiglia fondatrice. Fca ha la Exor degli Agnelli come socio di controllo con il 29% del capitale e il 44% dei diritti di voto. Peugeot vale attualmente in Borsa il 50% più di Fca (circa 11 miliardi contro 7,5) nonostante Fca venda il 50% di auto in più e fatturi il doppio; il margine operativo non è così diverso, ma Peugeot ha guadagnato nel 2015 un utile netto di 1,2 miliardi di euro, Fca (al netto di Ferrari) meno di 100 milioni; l'azienda italo-americana soffre il peso del debito, che ha prodotto l'anno scorso oneri finanziari per 2,3 miliardi contro i 300 milioni della rivale francese. Se i due gruppi dovessero prendere in considerazione una fusione, non sarebbe facile individuare un equilibrio che soddisfi tutti.