Sull’ottovolante dei mercati a caccia di “big” a prezzi di saldo
pI bilanci del quarto trimestre del 2015 pubblicati fin d’ora dalle blue chip europee che fanno parte del paniere S&P Europe 350 dicono che il 53% ha centrato o fatto meglio delle attese mentre l’altra metà ha deluso. Un trend in peggioramento sia rispetto alle percentuali sui bilanci 2015 (il 57% ha centrato o fatto meglio delle attese) che rispetto a quelle del 2014 (sorprese positive per il 61% delle quotate). Anche le stime di crescita sugli utili 2016 della corporate Europe sono nettamente peggiorate. Se un anno fa il consensus degli analisti di S&P Capital Iq stimava una crescita del 12-13% sugli utili oggi la previ- sione è per un meno entusiasmante -0,37 per cento. Lo stesso vale per l’indice S&P500 di Wall Street: se un anno fa si stimava una crescita del 13% degli utili per il 2016 oggi bisogna fare i conti con un +2,37 per cento.
Che la situazione sia nettamente peggiorata dal punto di vista macroeconomico è fuori di dubbio. Così come è indubbio che i numerosi elementi di incertezza che pesano sul futuro (si pensi alle conseguenze del crollo del petrolio) non lascino troppe speranze per il prossimo futuro. Ma la violenza con cui certi crolli di Borsa si sono verificati appare a molti esagerata. Amplificata in parte dal sempre maggior ricor- so agli algoritmi di trading automatico e in parte dal fatto che le banche, dovendo sottostare a requisiti patrimoniali sempre più stringenti, non esercitano più il loro tradizionale ruolo di “market maker” col risultato che ad oggi è molto più difficile assorbire i colpi di un mercato «orso».
In questo contesto la fanno da padrone soprattutto gli investitori mordi e fuggi a caccia del rimbalzo di giornata. Ma anche chi ragiona in un’ottica di lungo periodo può approfittare della situazione per comprare a sconto azioni di società dai conti in ordine e dalle solide prospettive di crescita.
Il “selloff” d’altronde è stato spesso indiscriminato. Se fosse vero che il mercato stima un rallentamento della congiuntura sarebbe stato logico ad esempio aspettarsi perdite inferiore alla media per i settori meno esposti di altri ad un eventuale rallentamento:i cosiddetti anticiclici. Questo è successo, anche se in maniera limitata, nel caso delle telecom o delle utilities, ma che dire della performance del settore farmaceutico che da inizio anno ha perso il 12%? È un crollo giustificato dai fondamentali? Si direbbe di no a giudicare dall’andamento degli utili lo scorso anno (+31% in media secondo S&P Capital IQ) e delle prospettive per i prossimi 3/5 anni che indicano un solido +8,5 per cento. Non stupisce leggere che il consensus degli analisti raccomandi le azioni dei due “big” del settore, Roche e Novartis, con giudizio rispettivamente “buy” e “outperform”.