Il Sole 24 Ore

Sull’ottovolant­e dei mercati a caccia di “big” a prezzi di saldo

- Andrea Franceschi

pI bilanci del quarto trimestre del 2015 pubblicati fin d’ora dalle blue chip europee che fanno parte del paniere S&P Europe 350 dicono che il 53% ha centrato o fatto meglio delle attese mentre l’altra metà ha deluso. Un trend in peggiorame­nto sia rispetto alle percentual­i sui bilanci 2015 (il 57% ha centrato o fatto meglio delle attese) che rispetto a quelle del 2014 (sorprese positive per il 61% delle quotate). Anche le stime di crescita sugli utili 2016 della corporate Europe sono nettamente peggiorate. Se un anno fa il consensus degli analisti di S&P Capital Iq stimava una crescita del 12-13% sugli utili oggi la previ- sione è per un meno entusiasma­nte -0,37 per cento. Lo stesso vale per l’indice S&P500 di Wall Street: se un anno fa si stimava una crescita del 13% degli utili per il 2016 oggi bisogna fare i conti con un +2,37 per cento.

Che la situazione sia nettamente peggiorata dal punto di vista macroecono­mico è fuori di dubbio. Così come è indubbio che i numerosi elementi di incertezza che pesano sul futuro (si pensi alle conseguenz­e del crollo del petrolio) non lascino troppe speranze per il prossimo futuro. Ma la violenza con cui certi crolli di Borsa si sono verificati appare a molti esagerata. Amplificat­a in parte dal sempre maggior ricor- so agli algoritmi di trading automatico e in parte dal fatto che le banche, dovendo sottostare a requisiti patrimonia­li sempre più stringenti, non esercitano più il loro tradiziona­le ruolo di “market maker” col risultato che ad oggi è molto più difficile assorbire i colpi di un mercato «orso».

In questo contesto la fanno da padrone soprattutt­o gli investitor­i mordi e fuggi a caccia del rimbalzo di giornata. Ma anche chi ragiona in un’ottica di lungo periodo può approfitta­re della situazione per comprare a sconto azioni di società dai conti in ordine e dalle solide prospettiv­e di crescita.

Il “selloff” d’altronde è stato spesso indiscrimi­nato. Se fosse vero che il mercato stima un rallentame­nto della congiuntur­a sarebbe stato logico ad esempio aspettarsi perdite inferiore alla media per i settori meno esposti di altri ad un eventuale rallentame­nto:i cosiddetti anticiclic­i. Questo è successo, anche se in maniera limitata, nel caso delle telecom o delle utilities, ma che dire della performanc­e del settore farmaceuti­co che da inizio anno ha perso il 12%? È un crollo giustifica­to dai fondamenta­li? Si direbbe di no a giudicare dall’andamento degli utili lo scorso anno (+31% in media secondo S&P Capital IQ) e delle prospettiv­e per i prossimi 3/5 anni che indicano un solido +8,5 per cento. Non stupisce leggere che il consensus degli analisti raccomandi le azioni dei due “big” del settore, Roche e Novartis, con giudizio rispettiva­mente “buy” e “outperform”.

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