Banche: anche nella bufera il mercato sa scegliere
Forse è presto per dirlo e forse nessuno lo sa per davvero. O quanto meno è pronto a scommetterci. Ma sulle banche italiane la rabbiosa raffica di vendite generalizzate, partita all’inizio del 2016, potrebbe aver esaurito la sua carica dirompente. Nelle ultime sedute, pur tra strappi all’insù e all’ingiù, non si visti gli scivoloni drammatici di inizio gennaio. Del resto non puoi vendere all’infinito. Arriva prima o poi il momento di chiudere le posizioni ribassiste per non tramutare i guadagni in perdite e soprattutto arriva una sorta di bottom line. Difficile stabilire dove sia questo pavimento, ma quando le due banche che hanno perso più di tutte,Mps e Carige, crollate del 60% entrambe da inizio anno, arrivano a quotare ben sotto un quinto del capitale, allora forse il fondo è stato toccato. Analogo discorso vale per Ubi e il Banco Popolare. La caduta delle quotazioni (un secco 43% per entrambe in meno di 2 mesi) ha riportato la capitalizzazione di mercato per entrambe al 30% del valore del patrimonio netto. C’è una ratio in tutto ciò? Certo che c’è. Se dovessimo stilare una classifica delle performance scopriremmo che i titoli bancari più venduti, pur nel calo generalizzato, sono quelli con il rapporto più elevato tra crediti deteriorati e capitale. Mps e Carige ne sono l’esempio più eclatante. Siena ha tuttora presti malati al netto degli accantonamenti già fatti che valgono 2 volte il patrimonio e in condizioni difficili sotto questo punto di vista versa anche Carige e in parte il Banco Popolare. Una controprova che oggi la vulnerabilità in Borsa dei titoli bancari sia legata a doppio filo con la qualità (alta o scarsa) dell’attivo è data dalla tenuta relativa delle banche più solide. La Bpm che ha un indice patrimoniale elevato e sofferenze e incagli non a livello di guardia ha limitato la caduta al 33% da gennaio 2016 e al 25% su base annua (contro un -58% e un -78% rispettivamente di Mps). L’esempio per eccellenza è però il Credito Emiliano. La banca di Reggio Emilia ha sofferenze che sono la metà delle altre banche e un indice patrimoniale elevato. La banca quindi che ha la migliore qualità dell’attivo: ebbene il Credem ha limato il calo a solo il 17 da inizio del 2016 e al 18% su base annua. Come si vede tutta la perdita, tra le meno accentuate del listino bancario, è figlia dello choc generalizzato che ha coinvolto il settore. Con Intesa (anch’essa con il Cet1 tra i più elevati e sofferenze contenute) il Credem è la sola banca che viene valorizzata oltre il 70% del capitale. Una bella differenza con le quotazioni sacrificate di Mps e Carige. Ma del tutto logico. Vali di più in Borsa, di questi tempi, quanto più sei ritenuto solido e affidabile e viceversa. Come si vede è un errore ottico pensare che la bufera sulle banche sia stata indiscriminata. Al contrario il mercato ha saputo selezionare con cura, penalizzando di meno chi ha le carte in regola. Sarà così anche in futuro.