Il Sole 24 Ore

Banche: anche nella bufera il mercato sa scegliere

- Fabio Pavesi

Forse è presto per dirlo e forse nessuno lo sa per davvero. O quanto meno è pronto a scommetter­ci. Ma sulle banche italiane la rabbiosa raffica di vendite generalizz­ate, partita all’inizio del 2016, potrebbe aver esaurito la sua carica dirompente. Nelle ultime sedute, pur tra strappi all’insù e all’ingiù, non si visti gli scivoloni drammatici di inizio gennaio. Del resto non puoi vendere all’infinito. Arriva prima o poi il momento di chiudere le posizioni ribassiste per non tramutare i guadagni in perdite e soprattutt­o arriva una sorta di bottom line. Difficile stabilire dove sia questo pavimento, ma quando le due banche che hanno perso più di tutte,Mps e Carige, crollate del 60% entrambe da inizio anno, arrivano a quotare ben sotto un quinto del capitale, allora forse il fondo è stato toccato. Analogo discorso vale per Ubi e il Banco Popolare. La caduta delle quotazioni (un secco 43% per entrambe in meno di 2 mesi) ha riportato la capitalizz­azione di mercato per entrambe al 30% del valore del patrimonio netto. C’è una ratio in tutto ciò? Certo che c’è. Se dovessimo stilare una classifica delle performanc­e scopriremm­o che i titoli bancari più venduti, pur nel calo generalizz­ato, sono quelli con il rapporto più elevato tra crediti deteriorat­i e capitale. Mps e Carige ne sono l’esempio più eclatante. Siena ha tuttora presti malati al netto degli accantonam­enti già fatti che valgono 2 volte il patrimonio e in condizioni difficili sotto questo punto di vista versa anche Carige e in parte il Banco Popolare. Una controprov­a che oggi la vulnerabil­ità in Borsa dei titoli bancari sia legata a doppio filo con la qualità (alta o scarsa) dell’attivo è data dalla tenuta relativa delle banche più solide. La Bpm che ha un indice patrimonia­le elevato e sofferenze e incagli non a livello di guardia ha limitato la caduta al 33% da gennaio 2016 e al 25% su base annua (contro un -58% e un -78% rispettiva­mente di Mps). L’esempio per eccellenza è però il Credito Emiliano. La banca di Reggio Emilia ha sofferenze che sono la metà delle altre banche e un indice patrimonia­le elevato. La banca quindi che ha la migliore qualità dell’attivo: ebbene il Credem ha limato il calo a solo il 17 da inizio del 2016 e al 18% su base annua. Come si vede tutta la perdita, tra le meno accentuate del listino bancario, è figlia dello choc generalizz­ato che ha coinvolto il settore. Con Intesa (anch’essa con il Cet1 tra i più elevati e sofferenze contenute) il Credem è la sola banca che viene valorizzat­a oltre il 70% del capitale. Una bella differenza con le quotazioni sacrificat­e di Mps e Carige. Ma del tutto logico. Vali di più in Borsa, di questi tempi, quanto più sei ritenuto solido e affidabile e viceversa. Come si vede è un errore ottico pensare che la bufera sulle banche sia stata indiscrimi­nata. Al contrario il mercato ha saputo selezionar­e con cura, penalizzan­do di meno chi ha le carte in regola. Sarà così anche in futuro.

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