Il Sole 24 Ore

Unioni civili, sì alla fiducia con i verdiniani

Ok del Senato: i 18 voti di Ala non decisivi, gli M5S fuori dall’Aula - Renzi: pagina storica, ha vinto l’amore

- Emilia Patta

«La giornata di oggi resterà nella cronaca di questa legislatur­a e nella storia del nostro Paese. Abbiamo legato la permanenza in vita del governo a una battaglia per i diritti mettendo la fiducia. Non era accaduto prima, non è stato facile adesso. Ma era giusto farlo». E ancora: «Se come minaccia qualcuno io andrò a casa perché “colpevole” di aver ampliato i diritti senza aver fatto male a nessuno, lo farò a testa alta. Perché oggi l’Italia è un Paese più forte. Perché oggi siamo tutti più forti. Leggo critiche, accuse, insulti. Rispetto tutti e ciascuno dal profondo del cuore. Ma quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli, più comunità. Ha vinto la speranza contro la paura. Ha vinto il coraggio contro la discrimina­zione. Ha vinto l’amore».

Matteo Renzi aspetta solo un minuto dopo i risultati del voto di fiducia in Senato sulle unioni civili per postare il suo commento su Facebook e intestarsi subito, e con parole “alte”, il merito di una legge che solo una decina di anni fa il centrosini­stra guidato da Romano Prodi non riuscì a portare avanti. I voti a favore sono 173, i voti contrari 71, nessun astenuto. La differenza è amplissima, sopra le cento teste. Molti infatti gli assenti dall’Aula, a cominciare dai senatori grillini usciti per protesta contro lo «strozzamen­to» del dibattito parlamenta­re per via della fiducia. Assenti poi 6 senatori del Nuovo centrodest­ra che non hanno condiviso la scelta del loro leader Angelino Alfano di votare «un simil-matrimonio»: Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Gabriele Albertini, Giuseppe Esposito Aldo Di Biagio e Giuseppe Marinello (quanto al Pd, mancavano all’appello solo 3 nomi: Sergio Zavoli per motivi di salute e Felice Casson e Luigi Manconi per dissenso da sinistra). Ma certo, e come prevedibil­e, a scatenare le polemiche è la qualità di quei 173 voti, dal momento che 18 (su 19) di questi provengono dal gruppo verdiniano di Ala. Tuttavia questa volta le polemiche sono sollevate dalle opposizion­i, Lega Fi e M5s, che chiedono addirittur­a un passaggio al Quirinale per il cambio di maggioranz­a, e non dalla sinistra del Pd. Pure con svariati mal di pancia, infatti, la minoranza ha deciso di votare la fiducia a un Ddl considerat­o monco per lo stralcio della stepchild adoption voluto da Alfano. Nel pomeriggio Roberto Speranza era in Senato per convincere i senatori più riottosi che non si poteva dire di no a un provvedime­nto che comunque dà, e non toglie, diritti. Così che, allineando­si alla maggioranz­a renziana del partito, anche il bersaniano Federico Fornaro esclude che l’ok alla fiducia di Ala sia «un ingresso in maggioranz­a».

Unica nota stonata, dal punto di vista del Pd, sono le parole di giubilo di Alfano dopo il via libera: «Abbiamo impedito una rivoluzion­e contronatu­ra», dice il ministro dell’Interno da Bruxelles riferendos­i allo stalcio della stepchild adoption. A sollevarsi è praticamen­te tutto il Pd, fino al vicesegret­ario Lorenzo Guerini: «Vanno evitate dichiarazi­oni infelici che risultano inutili ed esagerate e che servono solo ad alimentare le polemiche in un giorno in cui si fa il primo decisivo passo per l’approvazio­ne di una legge che l’Italia aspetta da oltre 20 anni».

Quanto a Renzi, giudica non degna di nota l’ennesima levata di scudi «strumental­e» per il sì di Ala alla legge. «Voti non determinan­ti per il via libera», ripetono tutti i big del partito. La legge sarebbe stata infatti approvata lo stesso anche senza i 18 voti dei verdiniani con 155 sì. Comunque 6 in meno della soglia psicologic­a dei 161 voti necessari per la maggioranz­a assoluta. Il premier preferisce esaltare appunto «il valore storico» della giornata di ieri in tema di diritti, e incassa anche il sostegno di un leader mondiale come Barak Obama: «Congratula­tion», sono state le parole del presidente degli Stati Uniti durante la telefonata di ieri sera incentrata sui temi internazio­nali. E a dare manforte al premier sulla questione di Verdini arriva pure l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha dato il suo sì alla legge e alla fiducia in quanto senatore a vita di diritto iscritto al gruppo delle Autonomie. «Sono voti aggiuntivi e non sostitutiv­i», sono le parole del Presidente emerito, soddisfatt­o anche per lo stralcio del tema divisivo delle adozioni. Un assist che al momento aiuta Renzi anche in chiave interna. Quanto al «passaggio» al Quirinale invocato dalle opposizion­i, Napolitano si concede anche una battuta: «Sì, una passeggiat­a...».

Ad ogni modo, se non numericame­nte, politicame­nte il voto di fiducia - il primo - dato dai verdiniani al governo Renzi ha un qualche peso. Come vogliono sottolinea­re i diretti interessat­i: «Abbiamo visto che siamo indispensa­bili per le riforme, siamo il paracadute di emergenza di una maggioranz­a che si deve aprire quando quello di ordinanza è in difficoltà», rimarca in mattinata il presidente del gruppo Lucio Barani. Quanto a lui, l’ex fedelissim­o del Cavaliere, assicura: «Continuere­mo a lavorare - dice Verdini - anche nei prossimi mesi affinché la legislatur­a continui nel solco delle tante, indispensa­bili riforme in agenda, alle quali daremo sempre il nostro fattivo contributo». Passeggiat­a o meno al Colle, l’unica conclusion­e politica che si può trarre è che Verdini sta rendendo sempre più ininfluent­i i voti dei senatori della minoranza Pd. Ed è per questo che la questione, passato il voto sulle unioni civili, non tarderà a riproporsi. Anche in chiave congressua­le.

NAPOLITANO E OBAMA Napolitano: i voti di Verdini aggiuntivi. «Congratula­tion» da Obama per il sì alle unioni civili durante il colloquio di ieri con Renzi

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