Il Sole 24 Ore

Consob, via la riforma dell’equity crowdfundi­ng

- Rossella Bocciarell­i

pLa Consob ha approvato ieri la riforma del regolament­o per l’equity crowdfundi­ng, la raccolta di capitali di rischio tramite portali on line. Le novità introdotte, al termine di due fasi di consultazi­one con il mercato, semplifica­no la disciplina, puntando a ridurre i costi di raccolta e ad ampliare la platea dei soggetti che possono contribuir­e a finanziare i progetti d’impresa innovativi. La riforma, si legge in una nota, intende porre i presuppost­i per lo sviluppo dell’equity crowdfundi­ng come canale di finanziame­nto dell’innovazion­e. Il nuovo regolament­o semplifica la procedura. Le verifiche di appropriat­ezza dell’investimen­to rispetto alle conoscenze dell’investitor­e potranno d’ora in poi essere effettuate dagli stessi gestori dei portali, purché risultino dotati di requisiti adeguati. Con ciò, i gestori possono subentrare nel ruolo finora svolto dalle banche. È stato, inoltre, ampliato il numero dei soggetti legittimat­i a sottoscriv­ere una quota dell’offerta in qualità di investitor­i profession­ali. Sono state ammesse due nuove categorie: gli «investitor­i profession­ali su richiesta», così come definiti dalla disciplina europea sulla prestazion­e dei servizi di investimen­to (Mifid); gli investitor­i a supporto dell’innovazion­e», i dentificat­i da Consob sulla base di criteri oggettivi. Sempre in tema di alternativ­e agli strumenti di finanziame­nto tradiziona­le per le imprese, ieri la Consob è stata ascoltata dalla commission­e Finanze della Camera sul tema dei fondi di credito, che sono oggetto dell’articolo 17 del decreto- banche. Questo apre ai Fia (fondi d’investimen­to alternativ­i) con passaporto europeo e stabilisce la possibilit­à che anche i neonati fondi di credito italiani possano concedere credito diretto alle aziende, a valere sui propri patrimoni. «Il fenomeno dei fondi di credito appare ancora allo stato embrionale» ha spiegato il responsabi­le della divisione intermedia­ri Tiziana Togna nell’audizione. E l’attuale fase «si potrebbe definire di start up» visto che «abbiamo sul mercato investitor­i istituzion­ali che hanno lanciato la raccolta, concentrat­a soprattutt­o sui minibond e sull'acquisto di crediti già esistenti» ma «ancora non sono partiti fondi che facciano direttamen­te erogazione di credito». La raccolta avviene da «investitor­i profession­ali, abbiamo un unico fondo che si rivolge anche ai clienti retail, e che ha come obiettivo l’investimen­to in minibond». Togna ha poi ricordato che è previsto uno «screening Consob anche per gli investitor­i profession­ali», con l’esame e l’approvazio­ne del documento di offerta, mentre per «il retail serve il prospetto, sempre approvato da Consob». In ogni caso, rischi di espansione dello shadow banking, per il momento, non ve ne sono. «Le regole che la legislazio­ne italiana ha imposto sui fondi di credito italiani e le regole che questo decreto che imporrà a questi soggetti - ha concluso-_ sono tese ad evitare che attraverso si possa realizzare attività bancaria senza che sia controllat­a e garantita da tutti i presidi di vigilanza prudenzial­e».

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