Patent box, a ostacoli la rilevanza dei costi fiscali
pOltre agli aspetti più propriamente valutativi, l’analisi della normativa primaria e secondaria sul patent box evidenzia alcune importanti questioni interpretative sulla determinazione del reddito agevolabile.
In primo luogo, mentre l’articolo 7, comma 2 del decreto attuativo Mise/Mef del 30 luglio 2015 fa riferimento ai costi diretti e indiretti rilevanti ai fini fiscali per il caso di utilizzo indiretto dell’«Ip», il successivo comma 3 richiama il concetto di «contributo economico» per il caso di utilizzo diretto dell’ « Ip » , rimandando ai metodi valutativi previsti dalle Guidelines Ocse sul transfer pricing, che utilizzano i dati di bilancio e non già quelli fiscali.
Sembrerebbe quindi che, nel caso di utilizzo indiretto, il reddito agevolabile sia ridotto anche dei costi fiscali dedotti soltanto in via extracontabile (si pensi all’ammortamento del marchio ex articolo 103, comma 3-bis del Tuir per i soggetti Ias adopter) mentre il contributo economico per il caso di utilizzo diretto non subisca tale riduzione, facendo riferimento ai soli dati bilancistici posti a base dell’analisi di comparabilità. La divergenza è particolarmente evidente nel caso di utilizzo del Cup (comparable uncontrolled price) interno: a parità di percentuale di royalty l’uso indiretto richiederebbe lo scomputo dei costi dedotti soltanto in via extracontabile che non sarebbe invece previsto nel caso di utilizzo diretto. Si ritiene tuttavia che la soluzione non possa essere semplicemente estendere in via interpretativa il riferimento ai costi fiscalmente rilevanti in tutti i casi di utilizzo diretto in quanto questo rederebbe impraticabile l’applicazio- ne di metodi reddituali non tradizionali quali il profit split che necessariamente debbono basarsi sull’utile derivante dal bilancio civilistico.
Un’alternativa potrebbe consistere nell’assumere i costi fiscalmente rilevanti anche nel caso di utilizzo diretto ove il contributo dell’intangibile alla formazione del reddito venga stimato utilizzando una misura lorda (ad esempio il Cup) che debba essere successivamente ridotta dei costi, non tenendo invece conto dei costi fiscali laddove il contributo venga determinato direttamente utilizzando una misura netta, ad esempio tramite l’applicazione del profit split che deve invece essere basato su dati di bilancio. Una chiara indicazione di tale impostazione in circolare servirebbe per escludere anche eventuali criticità sotto il profilo degli aiuti di Stato, in quanto indicazioni puntuali della metodologia da applicare limitano il rischio di selettività della misura.
Un altro dubbio interpretativo attiene alla ricomprensione delle spese di ricerca fondamentale nel nexus ratio, di cui all’articolo 9 del decreto attuativo. Infatti, l’articolo 8, comma 1, lettera i) del decreto attuativo include tra le attività di ricerca e sviluppo «la ricerca fondamentale, con ciò dovendosi intendere i lavori sperimentali o teorici svolti per acquisire nuove conoscenze, ove successivamente utilizzate nelle attività di ricerca applicata e design». Posto che i costi di ricerca fondamentale sono integralmente spesati a conto economico in base alla corretta applicazione dei principi contabili nazionali (Oic 24, par. 43) o internazionali (Ias 38, parr. 54-56) non è innanzitutto chiaro se tali costi rilevino ai fini della determinazione del nexus ratio e anche se riducano il reddito agevolabile come costi indiretti, non essendo per loro natura correlabili a uno specifico «Ip». Laddove anche questi costi assumano rilievo quanto meno ai fini del nexus ratio allorché sfocino nella successiva fase di ricerca applicata, occorre chiarire come identificarne il momento di sostenimento, in particolare ai fini della determinazione del periodo di riferimento da utilizzarsi per la costruzione del nexus ratio secondo l’approccio additivo di cui all’articolo 9, comma 6 del decreto attuativo.
Un ulteriore tema riguarda il funzionamento del meccanismo di recapture delle perdite derivanti da singoli «Ip» a fronte di successivi redditi agevolabili, alla luce dell’approccio cherry picking che caratterizza l’agevolazione. Ci si chiede in particolare se sia legittimo differire l’opzione per alcuni «Ip» in perdita già esistenti nel 2015 fino al momento in cui essi produrranno un reddito agevolabile positivo, evitando così il recapture della perdita. In assenza di una norma che neghi l’agevolazione fino a concorrenza delle perdite pregresse, non pare possibile giungere ad affermare in via interpretativa un obbligo di computare l’ipotetica perdita fiscale riferibile a ciascun «Ip» e per il quale non sia stata esercitata l’opzione, al solo fine di tenerne conto per ridurre il successivo reddito agevolabile in caso di esercizio dell’opzione.
IL PROBLEMA Senza bussola il recupero delle perdite figurative dell’«Ip» dei periodi prima dell’opzione