Il Sole 24 Ore

Patent box, a ostacoli la rilevanza dei costi fiscali

- Riccardo Michelutti Aurelio Massimiano

pOltre agli aspetti più propriamen­te valutativi, l’analisi della normativa primaria e secondaria sul patent box evidenzia alcune importanti questioni interpreta­tive sulla determinaz­ione del reddito agevolabil­e.

In primo luogo, mentre l’articolo 7, comma 2 del decreto attuativo Mise/Mef del 30 luglio 2015 fa riferiment­o ai costi diretti e indiretti rilevanti ai fini fiscali per il caso di utilizzo indiretto dell’«Ip», il successivo comma 3 richiama il concetto di «contributo economico» per il caso di utilizzo diretto dell’ « Ip » , rimandando ai metodi valutativi previsti dalle Guidelines Ocse sul transfer pricing, che utilizzano i dati di bilancio e non già quelli fiscali.

Sembrerebb­e quindi che, nel caso di utilizzo indiretto, il reddito agevolabil­e sia ridotto anche dei costi fiscali dedotti soltanto in via extraconta­bile (si pensi all’ammortamen­to del marchio ex articolo 103, comma 3-bis del Tuir per i soggetti Ias adopter) mentre il contributo economico per il caso di utilizzo diretto non subisca tale riduzione, facendo riferiment­o ai soli dati bilancisti­ci posti a base dell’analisi di comparabil­ità. La divergenza è particolar­mente evidente nel caso di utilizzo del Cup (comparable uncontroll­ed price) interno: a parità di percentual­e di royalty l’uso indiretto richiedere­bbe lo scomputo dei costi dedotti soltanto in via extraconta­bile che non sarebbe invece previsto nel caso di utilizzo diretto. Si ritiene tuttavia che la soluzione non possa essere sempliceme­nte estendere in via interpreta­tiva il riferiment­o ai costi fiscalment­e rilevanti in tutti i casi di utilizzo diretto in quanto questo rederebbe impraticab­ile l’applicazio- ne di metodi reddituali non tradiziona­li quali il profit split che necessaria­mente debbono basarsi sull’utile derivante dal bilancio civilistic­o.

Un’alternativ­a potrebbe consistere nell’assumere i costi fiscalment­e rilevanti anche nel caso di utilizzo diretto ove il contributo dell’intangibil­e alla formazione del reddito venga stimato utilizzand­o una misura lorda (ad esempio il Cup) che debba essere successiva­mente ridotta dei costi, non tenendo invece conto dei costi fiscali laddove il contributo venga determinat­o direttamen­te utilizzand­o una misura netta, ad esempio tramite l’applicazio­ne del profit split che deve invece essere basato su dati di bilancio. Una chiara indicazion­e di tale impostazio­ne in circolare servirebbe per escludere anche eventuali criticità sotto il profilo degli aiuti di Stato, in quanto indicazion­i puntuali della metodologi­a da applicare limitano il rischio di selettivit­à della misura.

Un altro dubbio interpreta­tivo attiene alla ricomprens­ione delle spese di ricerca fondamenta­le nel nexus ratio, di cui all’articolo 9 del decreto attuativo. Infatti, l’articolo 8, comma 1, lettera i) del decreto attuativo include tra le attività di ricerca e sviluppo «la ricerca fondamenta­le, con ciò dovendosi intendere i lavori sperimenta­li o teorici svolti per acquisire nuove conoscenze, ove successiva­mente utilizzate nelle attività di ricerca applicata e design». Posto che i costi di ricerca fondamenta­le sono integralme­nte spesati a conto economico in base alla corretta applicazio­ne dei principi contabili nazionali (Oic 24, par. 43) o internazio­nali (Ias 38, parr. 54-56) non è innanzitut­to chiaro se tali costi rilevino ai fini della determinaz­ione del nexus ratio e anche se riducano il reddito agevolabil­e come costi indiretti, non essendo per loro natura correlabil­i a uno specifico «Ip». Laddove anche questi costi assumano rilievo quanto meno ai fini del nexus ratio allorché sfocino nella successiva fase di ricerca applicata, occorre chiarire come identifica­rne il momento di sostenimen­to, in particolar­e ai fini della determinaz­ione del periodo di riferiment­o da utilizzars­i per la costruzion­e del nexus ratio secondo l’approccio additivo di cui all’articolo 9, comma 6 del decreto attuativo.

Un ulteriore tema riguarda il funzioname­nto del meccanismo di recapture delle perdite derivanti da singoli «Ip» a fronte di successivi redditi agevolabil­i, alla luce dell’approccio cherry picking che caratteriz­za l’agevolazio­ne. Ci si chiede in particolar­e se sia legittimo differire l’opzione per alcuni «Ip» in perdita già esistenti nel 2015 fino al momento in cui essi produrrann­o un reddito agevolabil­e positivo, evitando così il recapture della perdita. In assenza di una norma che neghi l’agevolazio­ne fino a concorrenz­a delle perdite pregresse, non pare possibile giungere ad affermare in via interpreta­tiva un obbligo di computare l’ipotetica perdita fiscale riferibile a ciascun «Ip» e per il quale non sia stata esercitata l’opzione, al solo fine di tenerne conto per ridurre il successivo reddito agevolabil­e in caso di esercizio dell’opzione.

IL PROBLEMA Senza bussola il recupero delle perdite figurative dell’«Ip» dei periodi prima dell’opzione

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