Il Governo riapre il dossier
pRischio tsunami per le oltre 30mila imprese balneari di Italia che hanno ottenuto il rinnovo automatico fino al 2020 della concessione. Per le spiagge della Versilia o quelle delle costa Romagnola dove il turismo balneare è “cultura” prima ancora di essere impresa l’allarme rosso è già scattato da tempo. E pensare che a far tremare l’intero comparto è stato un noleggiatore di pattini sul lago di Garda che, non vedendosi rinnovare la concessione dal Comune, si è rivolto al giudice amministrativo, il quale a sua volta ha chiesto lumi ai giudici comunitari sulla validità o meno delle proroghe automatiche fino al 2020 delle concessioni balneari autorizzate dal Governo Monti.
Al fianco del noleggiatore di pattini , va detto, ci sono anche due esercenti sardi che, per definire meglio i loro rispettivi confini dove poter piantare un ombrellone in più, non hanno trova- to di meglio di rivolgersi al Tar fino ad approdare a Strasburgo per ottenere una pronuncia dei giudici comunitari.
Per evitare ora che lo tsunami porti via tutto, dalle concessioni agli investimenti fino a oggi effettuati, il Governo sta definendo un piano ben preciso. Da qualche mese l’Esecutivo ha allo studio un progetto di legge rimasto (colpevolmente) in “stallo” per la prolungata assenza del ministro degli Affari regionali. Ora che quel ruolo è stato ricoperto da Enrico Costa, il dossier è stato riaperto e inserito tra le priorità una volta lette le conclusioni dell’avvocato generale della Corte Ue Maciej Szpunar recapitate ieri a Roma (si veda il servizio in pagina).
Sono almeno due le strade che dovranno essere percorse velocemente e in parallelo, ha spiegato il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta: «Il preannuncio di bocciatura delle proroghe che proviene dall’Europa consiglia di accelerare sia sulla riforma dell’intera materia del demanio marittimo (per la quale disponiamo già di un lavoro interministeriale), sia sulla necessità stringere un negoziato europeo sui tempi delle concessioni e degli indennizzi».
Il piano allo studio del Governo per evitare una sonora bocciatura dei giudici comunitari prevede in sintesi la messa a gara delle aree dove non c’è impresa o siano presenti concessioni senza impresa. Dai dati del Mef e degli Affari regionali si tratterebbe del 50% delle coste italiane. Non solo.
Si dovrebbe prevedere anche un congruo periodo di transizione per le imprese esistenti come compensazione per il cambio di regime. E soprattutto il no alle aste che contemplino un concorso sulla base di valori economici. Come ha precisato il deputato di Area Popolare Sergio Pizzolante «il canone deve essere definito prima e non può essere oggetto di offerte al rialzo».