La contrattazione frammentata frena il comparto scuola
Dal rapporto dell’Aran sulla contrattazione integrativa nel settore pubblico per l’anno 2014 emergono dati che destano non poche perplessità e preoccupazioni sulla gestione negoziale del comparto scuola.
Prima di entrare nel vivo della questione, occorre ricordare che per la contrattazione integrativa del settore pubblico, a seguito del Decreto legislativo 150/2009 (la cosiddetta Riforma Brunetta), gli spazi di negoziazione si sono sensibilmente ridotti. In particolare, tale contrattazione è stata funzionalmente vincolata all’erogazione di trattamenti economici in chiave di premialità delle performance dei dipendenti e, a cascata, della qualità dei servizi offerti dalle relative amministrazioni.
Ne consegue che nel sistema a suo tempo delineato dalla riforma il ruolo della contrattazione integrativa fosse alquanto circoscritto, con un’evidente limitazione delle materie oggetto di potenziale negoziazione.
Tuttavia, a leggere i dati pubblicati dall’Aran, è palese che nel comparto scuola ci sia una tenace resistenza alla completa ricezione di tale normativa.
Nello specifico, per dare un’idea del fenomeno, basti dire che l’Aran, nella sua analisi degli accordi integrativi conclusi in tale comparto, è stata addirittura costretta a suddividere le materie disciplinate dagli stessi tra quelle legittimamente trattabili in base al contratto nazionale e alla legge e quelle che, per motivi diversi, tali non sono.
Ebbene, non solo è emerso come nel comparto la contrattazione non sia concentrata esclusivamente sulle materie economiche, ma anche che ben il 31% delle materie trattate nei contratti integrativi non potesse essere legittimante oggetto di contrattazione.
Tale macroscopica difformità, seppure in lieve calo (circa il 2%) rispetto al 2013, costituisce un evidente elemento di criticità e – a giudizio di chi scrive – è da attribuirsi al- l’estrema frammentazione e articolazione della contrattazione nel comparto scuola.
La presenza di quattro livelli (ossia Aran, nazionale in sede Miur, regionale e di istituto), determina un proliferare di sedi negoziali e di interlocutori che – in assenza di stringenti controlli sul loro operato – intervengono promiscuamente su materie non di competenza del proprio livello di contrattazione, se non persino escluse dall’ambito contrattabile.
La contrattazione d’istituto, in particolare, non risulta – come dovrebbe – limitata a poche materie, ma, anzi, si continuano a riscontrare valori molto elevati di contrattazione per materie che riguardano l’ambito più strettamente organizza-
LIMITE DA SUPERARE Il rapporto dell’Aran fa emergere il caos determinato dalla duplicazione di sforzi negoziali
tivo/gestionale, adesso di competenza dirigenziale. E ciò nonostante anche la più recente giurisprudenza di merito abbia stabilito che la mancata convocazione al tavolo contrattuale per tali materie non costituisca di per sé condotta antisindacale (si veda la Corte d’appello di Napoli, sentenza n. 5163 del 26 luglio 2013).
In conclusione, il rapporto dell’Aran ci restituisce una fotografia preoccupante della situazione del comparto della scuola pubblica. Una contrattazione frammentata che dispone di materie non di sua competenza in un caos generalizzato che determina una duplicazione di sforzi negoziali e di fonti di regolazione.
Se a questo si aggiunge che la percentuale dei contratti privi di relazione illustrativa e di relazione tecnica continua a salire, non si può non concludere che la partita sul rispetto delle regole nel comparto e sulla buona amministrazione sia ancora tutta da giocare.