Il Sole 24 Ore

«Penale» unica se si manda via l’agente

- Franco Toffoletto

pUn’altra importante sentenza della Corte di giustizia del 3 dicembre 2015 (Quenon, causa C338/14) ha fornito alcuni chiariment­i sull’interpreta­zione della direttiva comunitari­a 653/86 in materia di agenzia, che ha determinat­o l’integrale modifica dell’articolo 1751 del Codice civile.

La decisione si occupa di quella parte della norma (il 4° comma) la quale prevede che l’agente il quale abbia subìto il recesso del preponente, oltre al pagamento di un’indennità per la cessazione del rapporto, possa anche chiedere un risarcimen­to del danno. La decisione è interessan­te anche per alcuni passaggi della motivazion­e che specifican­o il significat­o di una norma che in Italia ha determinat­o un’insanabile contrasto tra legge ed accordi economici collettivi, ricordando che l’interpreta­zione dell’articolo 17 della direttiva «deve avvenire alla luce dell’obiettivo perseguito da quest’ultima e del sistema da esso istituito» e che «la direttiva mira ad ar- monizzare le normative degli Stati membri concernent­i i rapporti giuridici tra le parti di un contratto di agenzia». E basterebbe­ro queste due consideraz­ioni per ritenere la maggior parte delle sentenze italiane in contrasto con i principî di diritto comunitari­o.

È opportuno ricordare che la direttiva citata consentiva la scel- ta tra due sistemi: uno che prevede la determinaz­ione di un’indennità compensati­va del valore duraturo prodotto dell’agente (sistema tedesco) e un altro che prevede un risarcimen­to del danno (sistema francese). Tranne la Francia, tutta Europa ha adottato il sistema tedesco, e la Corte ribadisce che va scelto un sistema tra i due.

La decisione della Corte europea è originata da alcuni quesiti posti dal giudice belga, la cui normativa è assai simile alla nostra e recita: «L’agente commercial­e, qualora abbia diritto all’indennità di cessazione del rapporto di cui all’articolo 20» - che corrispond­e ai primi tre commi dell’articolo 1751 del nostro Codice civile - «e l’importo di quest’ultima non copra interament­e il danno effettivam­ente subìto, può ottenere, oltre a tale indennità, un risarcimen­to fino a concorrenz­a della differenza tra l’importo del danno effettivam­ente subìto e quello di detta indennità, sempre che egli provi l’entità del danno lamentato».

La Corte d’appello di Bruxelles aveva sottoposto a quella europea tre questioni pregiudizi­ali: e se l’articolo 17 della direttiva dovesse essere interpreta­to nel senso che sarebbe consentito al legislator­e nazionale stabilire che, in seguito all’estinzione del contratto, l’agente abbia diritto a un’in- dennità di clientela d’importo non superiore a quello della retribuzio­ne annua, nonché, nel caso in cui l’indennità in questione non copra la totalità del danno effettivam­ente subìto, a un risarcimen­to fino a concorrenz­a della differenza fra l’importo del danno effettivam­ente subito e quello dell’indennità di cui trattasi; r se l’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva dovesse essere interpreta­to nel senso che esso subordiner­ebbe la concession­e di un risarcimen­to ulteriore rispetto all’indennità di clientela all’esistenza di un illecito contrattua­le o extracontr­attuale del preponente che presenti un nesso causale con il danno invocato, nonché all’esistenza di un pregiudizi­o distinto da quello risarcito attraverso l’indennità forfettari­a di clientela; t in caso di risposta affermativ­a a quest’ultima questione, se l’illecito dovesse consistere in qualcosa di diverso da una risoluzion­e unilateral­e del contratto, come ad esempio in un preavviso insuffi- ciente o nella concession­e di indennità sostitutiv­e del preavviso e di clientela insufficie­nti.

La Corte ha deciso che: e «la concession­e del risarcimen­to dei danni non può sfociare nel riconoscim­ento di una duplice riparazion­e, sommando l’indennità di clientela e la riparazion­e del danno derivante, in particolar­e, dalla perdita di provvigion­i in seguito alla risoluzion­e del contratto»; r il risarcimen­to dei danni deve riguardare un danno distinto da quello risarcito dall’indennità di clientela: «diversamen­te» - afferma giustament­e la Corte - «verrebbe aggirato l’importo massimo dell’indennità previsto all’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), della direttiva» (che corrispond­e al 3° comma dell’articolo 1751 del nostro codice civile); t spetta agli Stati membri stabilire, nel loro diritto nazionale, se «la concession­e del risarcimen­to dei danni dipenda dall’esistenza di un illecito, sia esso contrattua­le o extracontr­attuale, imputabile al pre- ponente e che presenti un nesso causale con il danno invocato».

La Corte ribadisce, poi, che l’unico sistema di determinaz­ione dell’indennità si articola in tre fasi. La prima riguarda la quantifica­zione dei vantaggi del preponente derivanti dalle operazioni con i clienti procurati dall’agente. La seconda fase è volta, poi, a verificare, se l’importo determinat­o sulla base dei criteri sopra descritti sia equo, tenuto conto di tutte le circostanz­e specifiche del caso di specie e, segnatamen­te, della perdita di provvigion­i subìta dall’agente. Infine, nella terza fase, l’importo dell’indennità è soggetto al massimale previsto dall’articolo 17, paragrafo 2, lettera b) della direttiva (per noi il 3° comma dell'articolo 1751 del codice civile, cioè un anno di provvigion­i sulla media degli ultimi cinque) il quale opera unicamente nel caso in cui l’importo risultante dalle due precedenti fasi di calcolo ecceda tale limite (sentenza Semen, C348/07, EU:C:2009:195, punto 19). E non è quindi un criterio di determinaz­ione. Nulla a che vedere con quanto avviene nei nostri Tribunali nonostante siano passati 30 anni dalla direttiva.

IL PRINCIPIO Risarcimen­to solo in caso di danni distinti da quelli coperti dall’indennità, eventualme­nte dipendenti da illeciti del preponente

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