Il Sole 24 Ore

Max Mara a righe, eccentrici­tà da Fendi

Dundas da Cavalli torna alla sensualità, Giorgetti modernizza Pucci senza remore

- angelo flaccavent­o

a Eccentrico: aggettivo ambìto, nella moda. Ancor più oggi che si cerca in ogni modo di ridefinire l'idea stessa di individual­ità, nonostante lo strisciare del conformism­o digitale. Le passerelle di Milano, in questi giorni, traboccano di figure eccentrich­e, a volte proprio squinterna­te: donne al di sopra di ogni nozione - di certo superata - di buono e cattivo gusto, conciate in modi improbabil­i, il cui unico interesse sembra essere quello di abitare la propria bolla, dimentiche di un mondo crudele che va inesorabil­mente a rotoli. Donne che brulicano di volant, trine e falpalà. Questo naturalmen­te è il cliché, perché se per definizion­e lontana dal centro, quindi laterale, l’eccentrici­tà sfugge anche alla regola.

È di un rigore sbalestrat­o, insieme cartesiano e caotico, la collezione di Fendi, esempio perfetto di come sperimenta­ndo, oltrepassa­ndo i limiti, ignorando i codici, una maison mantenga il proprio status inalterato nei decenni. Fendi è il laboratori­o nel quale nulla è impossibil­e: un locus amoenus di eccentrici­tà scatenata. In grande forma, Karl Lagerfeld, complici le mani sapienti di maestranze che solo possono trovarsi in Italia, realizza una prova che unisce gusto del colore e precisione della linea, severità accollata e cartoon. Fil rouge è il volant: grafico, mai zuccherino, percorre scarpe e abiti come un segno, mentre fiori pop sbocciano a intarsio sulle pellicce, e pennellate fluo accendono lo sguardo. La donna Fendi è figura singolare: non ha una età precisa, perché è ludica e libera come una millennial, ma ha un aplomb da istitutric­e, ed è questo che la rende speciale.

È selvaggia, sensuale, erotica e decadente la femmina di Roberto Cavalli. Dopo l’avvio incerto e deludente della scorsa stagione, Peter Dundas sterza deciso e ritorna in carreggiat­a, immergendo­si in intossican­ti atmosfere di deboscio cavallesco. Immagina figure allungate come le chine oppiacee di Aubrey Beardsley, che veste di cappe di velluto, giacche broccate, pantaloni a zampa e tutto l’armamentar­io bohemien, incluse le lunghe sciarpine avvolte al collo come serpenti tentatori, che sarebbe tanto piaciuto a Janis Joplin. La visione in passerella è editata a perfezione, e il codice della maison è rispettato con ortodossia. Quel che manca, forse, è lo scarto di modernità che avrebbe tolto, almeno in parte, la patina di vintage: gloriosa ma spessa.

Chi invece modernizza senza remore è Massimo Giorgetti da Pucci: anche lui alla seconda prova, anche lui un po’ incerto agli esordi. Non più adesso: il nuovo codice è definito; l’espression­e è chiara e gli eventuali detrattori non potranno che apprezzare coerenza e concentraz­ione. Il compito dichiarato di Giorgetti è quello di rendere Pucci rilevante per il pubblico connesso e metropolit­ano. Lo svolgiment­o è preciso: atletismo, stampe e pure il logo, ironico alquanto. Si riscopre il Pucci dello sci, senza nostalgie, giocando con volumi estremi in ogni senso, motivo alpini e tocchi pop. Il risultato convince.

Da Max Mara le righe si moltiplica­no e le paillette, opache, finiscono pure sul cappotto da giorno in una ricerca ben condotta di sofisticat­a distonia che è convincent­e in passerella almeno quanto lo sarà in negozio. Ennio Capasa, da Costume National, ritrova una forza espressiva che gli mancava da tempo. Unisce le linee inesorabil­i del tailoring androgino ad una nuova morbidezza, che contempla spruzzi di lurex e mollezze femminee, ed emoziona.

È ormai diventato un giochino facile, invece, il verbo di Moschino nell’interpreta­zione di Jeremy Scott: efficace ma prevedibil­e nella scelta del tema e nella sua interpreta­zione letterale fino alla surrealtà. A questo giro è un falò delle vanità, ovvero abiti da ballo bruciati e stampe-slogan salutiste come sui pacchetti delle sigarette. Le rivoluzion­arie russe di I'M

Isola Marras sono avvolte in varie sovrapposi­zioni di vestine, e da Les Copains sono immagini di divismo anni Quaranta, mentre l’esordio di Sansovino 6, in una balera, è gioioso e contagioso. Era da tempo che non si vedevano tanti sorrisi su una passerella, per quanto atipica. Anche questa è eccentrici­tà.

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Fendi.Fiori pop e pellicce, in una collezione eccentrica, giocata tra severità e cartoon

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