Solvay sviluppa nuovi prodotti
La multinazionale produce in Italia il 10% del fatturato globale
«Inventiamo il futuro ogni giorno». Il presidente Augusto Di Donfrancesco riassume così quello che si fa nella global business unit (Gbu) Solvay specialty polymers, che ha il suo headquarter nel piccolo centro di Bollate, alle porte di Milano, ed è diventata la Gbu più innovativa del gruppo Solvay (10,6 miliardi di fatturato con una crescita su base annua del 4%, secondo i dati 2015 presentati ieri), con i 60 brevetti del 2014 e gli altri 60 del 2015 e con oltre il 32% del fatturato realizzato attraverso prodotti con meno di 5 anni di vita. Una media che supera quella del gruppo, pari al 21%. In termini di ricavi tutto questo si traduce negli 1,9 miliardi di euro con cui si è chiuso il 2015, in crescita a doppia cifra rispetto agli 1,5 miliardi del 2014. Il risultato è frutto di molteplici fattori. «Sicuramente dobbiamo considerare l’ingresso di Ryton che abbiamo acquisito all’inizio del 2015 da Chevron Phillips», spiega il manager. Si tratta di una società che produce il pps, il polyphenylene sulfide, un tecnopolimero termoplastico. «Viene utilizzato nell’aeronautica, ma anche nell’industria automobilistica e nell’elettronica - spiega Di Donfrancesco – e l’acquisizione di Ryton nel 2015 ha confermato le aspettative che la società aveva».
In Italia Solvay sviluppa diverse produzioni chimiche e plastiche e il nostro paese «rappresenta circa il 10% dell’attività internazionale, caratterizzandosi come uno dei paesi più signigicativi in cui opera - dice il country manager di Solvay in Italia Marco Colatarci -. Le varie aziende in Italia chiudono il 2015 con un fatturato di 1.546 milioni di euro». I numeri in crescita, le scoperte continue, creano un atteggiamento molto positivo che come osserva Di Donfrancesco è molto contagioso.
Le applicazioni delle invenzioni di Bollate spaziano in setto- ri molto diversi tra loro. L’aeronautica è sicuramente uno dei più importanti come viene evidenziato nello show room dell’innovazione – creato in occasione dell’Expo – che porta dritti nel cuore del laboratorio dove si studiano, cambiano e migliorano le batterie al litio. Aggiungendo, togliendo, migliorando componenti microscopici di cui i più ignorano l’esistenza. Gli smart devices, dai telefonini fino ad arrivare agli smartwatches sono un altro dei prodotti dove gli specialty polymers trovano la loro applicazione consentendo alleggerimento e miglioramento delle performance. Per non dire del medicale. È un continuo frenare le divagazioni il racconto di una società i cui polimeri hanno migliaia di migliaia di applicazioni e che fonda le sue radici su «ben 3.300 brevetti attivi in tutto il mondo che proteggono la no- stra innovazione», ricorda Di Donfrancesco. La gbu Solvay specialty polymers ha 13 centri di ricerca e quello più importante si trova proprio a Bollate. Gli stabilimenti sono invece 17, quello più importante in Italia si trova a Spinetta Marengo che viene considerata la fabbrica dove prendono forma le invenzioni di Bollate. Il sito in provincia di Alessandria, acquisito nel 2002 dalla Montedison – la società si chiamava Ausimont – è l’esempio più eclatante delle dimensioni degli investimenti del gruppo. Solo a Spinetta Marengo dal 2002 ad oggi sono stati investiti 350 milioni di euro. Gli investimenti riguardano i siti ma anche le persone e cosa non secondaria hanno una ricaduta in termini di business e di innovazione. Oggi in Solvay specialty polymers alle 3000 persone che vi lavoravano se ne sono aggiunte 700 arrivate con l’acquisizione di Ryton e molte altre perché «il gruppo in questi anni ha continuato ad assumere», dice Di Donfrancesco.
Questa società che ha la testa a Bollate ha però il corpo in tutto il mondo. «Meno del 5% dei nostri prodotti viene venduto in Italia, circa un terzo è destinato all’Europa, un terzo agli Stati Uniti e un terzo all’Asia - spiega Di Donfrancesco -. La Cina oggi rappresenta uno dei mercati più interessanti per gli investimenti che il paese sta facendo nei filtri antiparticolato e nei filtri per le acque dove i nostri prodotti trovano una vasta applicazione». Pensare in grande e guardare sempre fuori confine e fuori dall’esistente non mette però al riparo dagli insuccessi. «Gli insuccessi fanno parte della ricerca e noi ne conosciamo molti. Quello che però ci differenzia – conclude il manager – è che noi cerchiamo di fare fallire rapidamente gli insuccessi e di imparare dagli insuccessi tutto ciò che poi può generare invece successo».
LA SEDE ITALIANA Nel 2014 e 2015 presentati sessanta brevetti: il 32% dei ricavi vengono da prodotti con meno di cinque anni di vita