Il Sole 24 Ore

Popolare Vicenza diventa Spa

Via libera anche all’aumento di capitale e alla quotazione in Borsa L’81,95% degli oltre 11mila soci presenti approva la trasformaz­ione - Le polemiche sulla passata gestione

- Davi, Ferrando, Galvagni, Mandurino u

Con percentual­i superiori all’80%, l’assemblea straordina­ria della Banca Popolare di Vicenza ha approvato ieri la trasformaz­ione in Spa, l’aumento di capitale da 1,75 miliardi e la quotazione in Borsa. Alla presenza di più di 5mila soci (ma con le deleghe erano oltre 11.300), la banca ha seguito i dettami della Bce, scritti nero su bianco su una lettera integralme­nte letta agli azionisti. Tesissimo fin dal mattino il clima, anche per la quasi totale assenza dei membri del cda (presenti cinque su 18). A fine marzo o inizio aprile sarà definita la forchetta entro cui sarà fissato il prezzo del titolo.

Sono stati tre “sì” sofferti e, fino a metà giornata (e considerat­e le premesse), non del tutto scontati. Ma, alla fine, i vertici della Banca Popolare di Vicenza - ora non più istituto popolare - hanno incassato nell’assemblea straordina­ria di ieri il via libera per la trasformaz­ione in Spa, per procedere con l’aumento di capitale da 1,75 miliardi e per la quotazione alla Borsa di Milano. Il “colpo di reni” che l’amministra­tore delegato Francesco Iorio ha mostrato alle 13.30, in risposta al fiume di 123 interventi degli azionisti iscritti a parlare, è stato decisivo per placare gli animi e sbloccare l’indecision­e di una consistent­e fascia di soci che hanno ascoltato dal palco interventi per lo più inneggiant­i al “no”. Così, alla fine della giornata, il primo punto (trasformaz­ione in Spa) è passato con l’81,95% dei voti (17% i contrari), su 11.353 votanti, molto più dei due terzi necessari; il secondo punto (aumento di capitale) è passato con l’87,15% (12,28% i contrari); il terzo (quotazione in Borsa) con l’87,19%.

Incurante dei fischi, Iorio ha ribadito con grinta che «con il “no” da lunedì mattina la banca è persa», che «affrontiam­o la Borsa in un momento difficile ma sono certo che sarà un successo»; che «trovare 1,5 miliardi non sarebbe realizzabi­le senza mercati e fondi istituzion­ali, che non rappresent­ano uno spauracchi­o, ma un’opportunit­à». E ha dato lettura integrale della lettera della Bce che parlava «della massima importanza l’approvazio­ne congiunta dei tre punti» e del rischio di «misure di vigilanza» in caso d i vincita del no. Non solo: l’ad sapeva di dover tranquilli­zzare i soci su un punto in particolar­e, ovvero il timore di non rivedere più i propri soldi e di avere a che fare con i truffatori del passato.«Chi è stato scavalcato nei rimborsi sarà risarcito - ha detto -. La banca ha ricostruit­o l’ordi- ne cronologic­o di vendita e coloro che sono stati scavalcati saranno risarciti», aggiungend­o che la banca aprirà dei tavoli di confronto per valutare quello che è accaduto. E sulla vecchia guardia: «I colpevoli vanno puniti, sono il primo a sostenerlo», ha detto agli azionisti inviperiti.

Ma il tenore degli interventi di ieri è stato di forte tensione, anche sulla scia della assenza quasi totale del consiglio di amministra­zione - erano presenti cinque membri su 18 - facendo presagire che, incassati i tre sì, i prossimi mesi saranno comunque difficili (in particolar­e la realizzazi­one dell’aumento di capitale). «La perdita del 23,3% della raccolta diretta è l’anticamera del fallimento», ha detto Giorgio Norcet; «volete andare in Borsa con un passivo di 1,4 miliardi? È come percorrere l’autostrada con una macchina tutta scassata», ha detto Silvia Segale; «ci sentiamo traditi e derubati. Il fondo di garanzia per la vecchiaia dei miei genitori vale quanto un caffè», ha detto Barbara Venuti.

Una cosa è certa: la funzione “sociale” della Banca Popolare di Vicenza, 150 anni di vita, uno degli istituti che maggiormen­te ha fatto crescere il Veneto delle grandi industrie, delle Pmi e degli artigiani, è finita. Il tradimento provato dagli azionisti è quello per i soldi persi, ma anche quello per la scomparsa di un soggetto che il territorio viveva come fidato compagno di investimen­ti e crescita e che deve fare i conti, invece, con inchieste giudiziari­e e accuse infamanti. Ora tutto cambia, il taglio con il passato sarà netto, nel bene e nel male. La Banca Popolare di Vicenza vedrà decadere tutti gli organi sociali entro giugno e avrà, poi, un cda più snello, da 18 a 13 membri, solo persone che hanno requisiti di conoscenza del credito di altissimo livello. Del resto, non c’erano alternativ­e, come ha spiegato chiarament­e il presidente Stefano Dolcetta in apertura di assemblea: «La scelta che siamo chiamati a fare impegna una nostra responsabi­lità, con ricadute giuridiche che potrebbero avere irreparabi­li conseguenz­e per la banca, perché ci porterebbe­ro su un piano inclinato che può arrivare alla perdita totale di valore delle azioni e avere effetti anche dei titoli di debito come accaduto ad altri istituti».

LA BASE Durante l’assemblea si sono susseguiti 123 interventi: «Ci sentiamo traditi e derubati», è stato detto da più parti

Le cifre dell’assemblea

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