Interpump punta al miliardo di ricavi con la spinta delle acquisizioni
Nel 2016 la stima sulla crescita organica della società è intorno al 2% La Cina rallenta ma per il gruppo non c’è rischio: esposizione minima
Interpump, che nel 2015 ha aumentato ricavi e redditività, ha sempre visto nell’M&A una marcia in più per crescere. Tanto che, nell’esercizio alle spalle, oltre a Walvoil ha consolidato Inoxihp, Bertoli e Opser. Infine, il 22 gennaio scorso, ha portato a termine lo shopping di Endeavour. Insomma: un’attività da consolidatore, peraltro, destinata a proseguire. Il gruppo infatti , da un lato, ricorda la sua impostazione di re-investire tutta la ricchezza prodotta, al netto dei dividendi, nella crescita per linee esterne ed interne. E, dall’altro, conferma l’obiettivo complessivo di 250 milioni di asset in acquisizioni (di cui due terzi già realizzate) per raggiungere il miliardo di ricavi nel 2017. Ciò detto il risparmiatore esprime un dubbio: il rischio è che le frequenti acquisizioni possano distrarre risorse e attenzione del gruppo dalla gestione del business ordinario. Interpump, sottolineando che non c’è alcuna sottrazione d’energie dall’attività tradizionale, rigetta l’obiezione.In primis, come mostra il track record del gruppo stesso, la governance è adeguata. La presenza di top manager al vertice delle diverse divisioni (quella dell’Acqua, il settore dei regolatorid’Olioelarestanteareadell’oledinamica)unita alla presenza del Comitato di gestione garantisce il continuo controllo sull’attuazione dei piani d’integrazione. Inoltre, come per i tubi idraulici, la società ricorda che può essere definito un organismo supplementare ad hoc per far fronte, oltre ai piani di sviluppo, anche all’M&A stesso.
Interpump è una società quotata al segmento Star di Borsa Italiana. Il suo oggetto sociale è diviso in due grandi aree. Una è quella cosiddetta dell’Olio. Ad essa è ricondotta la progettazione e produzione di diverse tipologie di prodotti. In primis le prese di forza. Cioè: parti meccaniche che prelevano la forza di un motore, ad esempio in un camion, per trasferirla ad altri “organi” meccanici. Poi vanno ricordate le pompe oleodinamiche, le valvole, i distributori dei flussi d’olio, i tubi e i cilindri oleodinamici.
L’altra divisione, invece, è quella dell’Acqua. Questa ricomprende le pompe ad alta ed altissima pressione usate in varie situazioni: dagli impianti di lavaggio-macchine alla pulizia di tubi e serbatoi fino al taglio a freddo di materiali nell’industria. Senza dimenticare, peraltro, le nuove applicazioni. Ad esempio: le pompe, nell’alimentare, sfruttare per creare omogeneizzati o triturare i pomodori.
Ciò detto alla fine del 2015, esercizio in cui il gruppo ha visto sia i ricavi che la redditività aumentare, l’incidenza delle due aree sul giro d’affari era la seguente: il 62,5% dei ricavi ad appannaggio dell’Olio e il restante 37,5% da ricondursi al settore Acqua. La divisione, rispetto al 2014, segnala l’incremento del peso dell’olio. Una dinamica che da un lato, soprattutto a fronte del consolidamento dell’acquisita Walvoil, non stupisce. E, dall’altro, induce la domanda: il trend, nel giro di 2-3 anni, potrà confermarsi? In generale, fermo restando l’obiettivo di crescere in entrambi i settori, non sono previsti grandi mutamenti. Ciò detto, nel giro di 2-3 anni, la ripartizione di due terzi dei ricavi generati dall’Olio e un terzo dall’acqua potrà considerarsi soddisfacente. Così può ipotizzarsi un lieve ulteriore rafforzamento dell’attività oleodinamica, il cui peso relativo potrebbe arrivare intorno al 65%. Il motivo? Dapprima perchèils ettore delle pompe adacqua, il cui Ebitda margin è al 24,9% rispetto al 17,2% dell’Oil, è più di nicchia ed Interpump ha già una quota di mercato oltre il 50%. Giocoforza lo spazio per crescere è limitato. E poi perchè le opportunità di acquisizioni, seppure il gruppo non le escluda anche in questo comparto, sono maggiori nel più ampio comparto dell’olio. Con il che ben può ipotizzarsi l’incremento del suo peso relativo.
Già, il peso relativo. Per l’appunto una spinta sarà concretizzata attraverso l’attività di Merger & Acquisition (M&A). Questa, a ben vedere, è una caratteristica storica di Interpump. Solo nel 2015 la multinazionale tascabile, oltre all’operazione più importante di Walvoil, ha consolidato le neo-acquisite Inoxihp (settore Acqua), Bertoli (Acqua) e Opser (Olio). Infine, il 22 gennaio scorso, è stato portato a termine lo shopping della britannica Endeavour (Olio). Insomma: un’attività da consolidatore che, peraltro, è destinata a proseguire. Il gruppo infatti in generale, da un lato, ricorda la sua impostazione di re-investire tutta la ricchezza prodotta, al netto dei dividendi, nella crescita per linee esterne ed interne. E, dall’altro, conferma l’obiettivo complessivo di 250 milioni di asset in acquisizioni (di cui due terzi già realiz- z ate) per raggiungere il miliardo di ricavi nel 2017. Una strategia di M&A che, al di là di opportunità da cogliere in entrambe le aree di business, dovrebbe per l’appunto dispiegarsi maggiormente nel settore dell’oil. In particolare nel comparto dei tubi. Vale a dire prodotti che, ad esempio, permettono di trasportare l’olio in pressione alle diverse parti di un macchinario.
A fronte di queste possibili mosse quale, allora, il “tesoretto” in ipotesi disponibile da parte del gruppo? La società, è noto, da un lato vuole mantenere la sua politica di remunerazione dell’azionista; e, dall’altro, punta a non creare tensioni rispetto al debito. In particolare, su quest’ultimo fronte, l’ obiettivo è mantenere il rapporto dell’indebitamento netto sull’ Ebitda al disotto di 2 volte (alla fine del 2015 era poco sopra 1,4). Così, in un simile contesto, può ipotizzarsi una disponibilità immediata di circa 100 milioni.
Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente la realtà è più complessa. Come spesso accade, di fronte ad attività di M&A, sorge un dubbio: il rischio è chele frequenti acquisizioni possano distrarre risorse e attenzione del gruppo dalla gestione del business ordinario. Interpump, sottolineando che non c’è alcuna sottrazione d’energie dall’attività tradizionale, rigetta l’obiezione.
In primis, come mostra il track record del gruppo stesso, la governance è adeguata. La presenza di top manager al vertice delle diverse divisioni (quella dell’Acqua, il settore dei regolatori d’Olio e la restante area dell’oledinamica) unita alla presenza del Comitato digestione garantisce il continuo controllo sull’attuazione dei piani d’integrazione. Inoltre, come nel caso dei tubi idraulici, può essere definito un organismo supplementare ad hoc per far fronte, oltre ai piani di sviluppo, anche all’M&A stesso. Ciò detto, però, può accadere che il target acquisito abbia una redditività inferiore a quella Interpump. Con il che quest’ultima rischia di diluire la propria marginalità. Di nuovo la multinazionale tascabile rigetta la considerazione e rimarca i risultati del 2015. In un esercizio, è l’indicazione, in cui sono state consolidate diverse realtà l’Ebitda margin si è attestato al 20,1%. Cioè un valore, da un lato, di assoluto rispetto; e, dall’altro, in linea con quello del 2014 (20,3%). Quindi, conclude il gruppo, il tema della diluizione è privo di fondamento.
Ciò detto le diverse operazioni, ovviamente, sono realizzate per fare crescere il business. Sia attraverso la realizzazione di sinergie che l’incremento della stessa reddività. Così, ad esempio, è accaduto con Walvoil. Lo scorso anno, è l’indicazione di Interpump, tra i focus c’è stata la razionalizzazione degli oneri per il personale e le spese amministrative. Uno sforzo, indica il gruppo, che ha contribuito al rialzo del Mol della neoacquisita. Ora, invece, è stata avviata la fusione di Idrocontrol nella stessa Walvoil. Un’operazione che, nel breve, dovrebbe comportare, dice Interpump, ulteriori efficienze per circa 5 milioni.
Ma non è solo la crescita per linee esterne. Interpump ha concluso, o va compiendo, diversi interventi sul fronte dei suoi stabilimenti. Così, ad esempio, ha avviato la produzione nell’impianto in Romania per la realizzazione di tubi nell’oil. In Italia, invece, partirà a breve l’ampliamento della fabbrica ad Atessa (Chieti). C’è stata, poi, l’unificazione delle due strutture in Bulgaria. Per non dimenticare poi, tra le altre, le mosse in India. Qui, a fine maggio inizio giugno, dovrebbe aversi il nuovo stabilimento che permette di razionalizzare la produzione di prese di forza, pompe idrodinamiche e cilindri. Insomma un mix d’operazioni che, oltre a riordinare il network degli impianti, consente di aumentare la capacità produttiva del gruppo. Una strategia, evidentemente, volta a spingere anche e soprattutto la crescita organica dell’azienda. Un incremento per linee interne che, nel 2016, il gruppo stima intorno al 2%.
Fin qui alcune indicazioni rispetto alle strategie aziendali: quale però l’articolazione geografica del business? Alla fine del 2015 i ricavi erano così divisi: il 15,1% all’Italia il 32% al resto d’Europa e il 32,7% al Nord America. Il restante 9,5% e 10,5% invece sono ad appannaggio, rispettivamente, di Far East/Oceania e resto del Mondo. Un breakdown che potrà modificarsi? La risposta è negativa: nel medio periodo dovrebbe rimanere invariato. Al di là di questa considerazione il risparmiatore però,rispetto al business internazionale, è interessato ad altri aspetti. Tra questi il rallentamento della Cina. Tanto che sorge la domanda: può essere un problema per Interpump? La società risponde negativamente. La presenza in quel Paese è finalizzata soprattutto alla produzione per l’Europa e Nord America. Il fatturato generato in loco, infatti, è minimo (il 3% del totale). Analogamente al Brasile, un mercato quest’ultimo in ben maggiori difficoltà. Qui Interpump realizza circa l’1% dei suoi ricavi. Il gruppo, a ben vedere, ha fuso le sue 4 società locali, concentrandole in un unico stabilimento, e chiudendo l’esercizio 2015 in utile. Con il che la società emiliana non ha in progetto di lasciare il Paese. Riguardo, infine, il più importante mercato Nord Americano? Qui, secondo qualche esperto, alcuni settori di riferimento (ad esempio, i macchinari per l’agricoltura) segnano il passo. Il che potrebbe impattare negativamente il business. Interpump invita ad un’analisi meno superficiale. La società, in primis, sottolinea una caratteristica valida non solo per gli Usa: la sua diversificazione di prodotto e di settore. Ciò detto, riguardo all’America, indica che le flessioni in alcuni comparti saranno controbilanciati dalla crescita negli altri. L’obiettivo, nel 2016, è quello di mantenere stabile la propria posizione di mercato negli Usa.
SCENARI Nel 2015 ricavi e redditività in rialzo La società razionalizza e amplia la rete degli impianti di produzione Focus sulla ricerca di sinergie e maggiori efficienze dalle neoacquisite