Il Sole 24 Ore

Interpump punta al miliardo di ricavi con la spinta delle acquisizio­ni

Nel 2016 la stima sulla crescita organica della società è intorno al 2% La Cina rallenta ma per il gruppo non c’è rischio: esposizion­e minima

- di Vittorio Carlini www.ilsole24or­e.com/finanza La « Lettera » online per gli abbonati

Interpump, che nel 2015 ha aumentato ricavi e redditivit­à, ha sempre visto nell’M&A una marcia in più per crescere. Tanto che, nell’esercizio alle spalle, oltre a Walvoil ha consolidat­o Inoxihp, Bertoli e Opser. Infine, il 22 gennaio scorso, ha portato a termine lo shopping di Endeavour. Insomma: un’attività da consolidat­ore, peraltro, destinata a proseguire. Il gruppo infatti , da un lato, ricorda la sua impostazio­ne di re-investire tutta la ricchezza prodotta, al netto dei dividendi, nella crescita per linee esterne ed interne. E, dall’altro, conferma l’obiettivo complessiv­o di 250 milioni di asset in acquisizio­ni (di cui due terzi già realizzate) per raggiunger­e il miliardo di ricavi nel 2017. Ciò detto il risparmiat­ore esprime un dubbio: il rischio è che le frequenti acquisizio­ni possano distrarre risorse e attenzione del gruppo dalla gestione del business ordinario. Interpump, sottolinea­ndo che non c’è alcuna sottrazion­e d’energie dall’attività tradiziona­le, rigetta l’obiezione.In primis, come mostra il track record del gruppo stesso, la governance è adeguata. La presenza di top manager al vertice delle diverse divisioni (quella dell’Acqua, il settore dei regolatori­d’Olioelares­tantearead­ell’oledinamic­a)unita alla presenza del Comitato di gestione garantisce il continuo controllo sull’attuazione dei piani d’integrazio­ne. Inoltre, come per i tubi idraulici, la società ricorda che può essere definito un organismo supplement­are ad hoc per far fronte, oltre ai piani di sviluppo, anche all’M&A stesso.

Interpump è una società quotata al segmento Star di Borsa Italiana. Il suo oggetto sociale è diviso in due grandi aree. Una è quella cosiddetta dell’Olio. Ad essa è ricondotta la progettazi­one e produzione di diverse tipologie di prodotti. In primis le prese di forza. Cioè: parti meccaniche che prelevano la forza di un motore, ad esempio in un camion, per trasferirl­a ad altri “organi” meccanici. Poi vanno ricordate le pompe oleodinami­che, le valvole, i distributo­ri dei flussi d’olio, i tubi e i cilindri oleodinami­ci.

L’altra divisione, invece, è quella dell’Acqua. Questa ricomprend­e le pompe ad alta ed altissima pressione usate in varie situazioni: dagli impianti di lavaggio-macchine alla pulizia di tubi e serbatoi fino al taglio a freddo di materiali nell’industria. Senza dimenticar­e, peraltro, le nuove applicazio­ni. Ad esempio: le pompe, nell’alimentare, sfruttare per creare omogeneizz­ati o triturare i pomodori.

Ciò detto alla fine del 2015, esercizio in cui il gruppo ha visto sia i ricavi che la redditivit­à aumentare, l’incidenza delle due aree sul giro d’affari era la seguente: il 62,5% dei ricavi ad appannaggi­o dell’Olio e il restante 37,5% da ricondursi al settore Acqua. La divisione, rispetto al 2014, segnala l’incremento del peso dell’olio. Una dinamica che da un lato, soprattutt­o a fronte del consolidam­ento dell’acquisita Walvoil, non stupisce. E, dall’altro, induce la domanda: il trend, nel giro di 2-3 anni, potrà confermars­i? In generale, fermo restando l’obiettivo di crescere in entrambi i settori, non sono previsti grandi mutamenti. Ciò detto, nel giro di 2-3 anni, la ripartizio­ne di due terzi dei ricavi generati dall’Olio e un terzo dall’acqua potrà considerar­si soddisface­nte. Così può ipotizzars­i un lieve ulteriore rafforzame­nto dell’attività oleodinami­ca, il cui peso relativo potrebbe arrivare intorno al 65%. Il motivo? Dapprima perchèils ettore delle pompe adacqua, il cui Ebitda margin è al 24,9% rispetto al 17,2% dell’Oil, è più di nicchia ed Interpump ha già una quota di mercato oltre il 50%. Giocoforza lo spazio per crescere è limitato. E poi perchè le opportunit­à di acquisizio­ni, seppure il gruppo non le escluda anche in questo comparto, sono maggiori nel più ampio comparto dell’olio. Con il che ben può ipotizzars­i l’incremento del suo peso relativo.

Già, il peso relativo. Per l’appunto una spinta sarà concretizz­ata attraverso l’attività di Merger & Acquisitio­n (M&A). Questa, a ben vedere, è una caratteris­tica storica di Interpump. Solo nel 2015 la multinazio­nale tascabile, oltre all’operazione più importante di Walvoil, ha consolidat­o le neo-acquisite Inoxihp (settore Acqua), Bertoli (Acqua) e Opser (Olio). Infine, il 22 gennaio scorso, è stato portato a termine lo shopping della britannica Endeavour (Olio). Insomma: un’attività da consolidat­ore che, peraltro, è destinata a proseguire. Il gruppo infatti in generale, da un lato, ricorda la sua impostazio­ne di re-investire tutta la ricchezza prodotta, al netto dei dividendi, nella crescita per linee esterne ed interne. E, dall’altro, conferma l’obiettivo complessiv­o di 250 milioni di asset in acquisizio­ni (di cui due terzi già realiz- z ate) per raggiunger­e il miliardo di ricavi nel 2017. Una strategia di M&A che, al di là di opportunit­à da cogliere in entrambe le aree di business, dovrebbe per l’appunto dispiegars­i maggiormen­te nel settore dell’oil. In particolar­e nel comparto dei tubi. Vale a dire prodotti che, ad esempio, permettono di trasportar­e l’olio in pressione alle diverse parti di un macchinari­o.

A fronte di queste possibili mosse quale, allora, il “tesoretto” in ipotesi disponibil­e da parte del gruppo? La società, è noto, da un lato vuole mantenere la sua politica di remunerazi­one dell’azionista; e, dall’altro, punta a non creare tensioni rispetto al debito. In particolar­e, su quest’ultimo fronte, l’ obiettivo è mantenere il rapporto dell’indebitame­nto netto sull’ Ebitda al disotto di 2 volte (alla fine del 2015 era poco sopra 1,4). Così, in un simile contesto, può ipotizzars­i una disponibil­ità immediata di circa 100 milioni.

Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente la realtà è più complessa. Come spesso accade, di fronte ad attività di M&A, sorge un dubbio: il rischio è chele frequenti acquisizio­ni possano distrarre risorse e attenzione del gruppo dalla gestione del business ordinario. Interpump, sottolinea­ndo che non c’è alcuna sottrazion­e d’energie dall’attività tradiziona­le, rigetta l’obiezione.

In primis, come mostra il track record del gruppo stesso, la governance è adeguata. La presenza di top manager al vertice delle diverse divisioni (quella dell’Acqua, il settore dei regolatori d’Olio e la restante area dell’oledinamic­a) unita alla presenza del Comitato digestione garantisce il continuo controllo sull’attuazione dei piani d’integrazio­ne. Inoltre, come nel caso dei tubi idraulici, può essere definito un organismo supplement­are ad hoc per far fronte, oltre ai piani di sviluppo, anche all’M&A stesso. Ciò detto, però, può accadere che il target acquisito abbia una redditivit­à inferiore a quella Interpump. Con il che quest’ultima rischia di diluire la propria marginalit­à. Di nuovo la multinazio­nale tascabile rigetta la consideraz­ione e rimarca i risultati del 2015. In un esercizio, è l’indicazion­e, in cui sono state consolidat­e diverse realtà l’Ebitda margin si è attestato al 20,1%. Cioè un valore, da un lato, di assoluto rispetto; e, dall’altro, in linea con quello del 2014 (20,3%). Quindi, conclude il gruppo, il tema della diluizione è privo di fondamento.

Ciò detto le diverse operazioni, ovviamente, sono realizzate per fare crescere il business. Sia attraverso la realizzazi­one di sinergie che l’incremento della stessa reddività. Così, ad esempio, è accaduto con Walvoil. Lo scorso anno, è l’indicazion­e di Interpump, tra i focus c’è stata la razionaliz­zazione degli oneri per il personale e le spese amministra­tive. Uno sforzo, indica il gruppo, che ha contribuit­o al rialzo del Mol della neoacquisi­ta. Ora, invece, è stata avviata la fusione di Idrocontro­l nella stessa Walvoil. Un’operazione che, nel breve, dovrebbe comportare, dice Interpump, ulteriori efficienze per circa 5 milioni.

Ma non è solo la crescita per linee esterne. Interpump ha concluso, o va compiendo, diversi interventi sul fronte dei suoi stabilimen­ti. Così, ad esempio, ha avviato la produzione nell’impianto in Romania per la realizzazi­one di tubi nell’oil. In Italia, invece, partirà a breve l’ampliament­o della fabbrica ad Atessa (Chieti). C’è stata, poi, l’unificazio­ne delle due strutture in Bulgaria. Per non dimenticar­e poi, tra le altre, le mosse in India. Qui, a fine maggio inizio giugno, dovrebbe aversi il nuovo stabilimen­to che permette di razionaliz­zare la produzione di prese di forza, pompe idrodinami­che e cilindri. Insomma un mix d’operazioni che, oltre a riordinare il network degli impianti, consente di aumentare la capacità produttiva del gruppo. Una strategia, evidenteme­nte, volta a spingere anche e soprattutt­o la crescita organica dell’azienda. Un incremento per linee interne che, nel 2016, il gruppo stima intorno al 2%.

Fin qui alcune indicazion­i rispetto alle strategie aziendali: quale però l’articolazi­one geografica del business? Alla fine del 2015 i ricavi erano così divisi: il 15,1% all’Italia il 32% al resto d’Europa e il 32,7% al Nord America. Il restante 9,5% e 10,5% invece sono ad appannaggi­o, rispettiva­mente, di Far East/Oceania e resto del Mondo. Un breakdown che potrà modificars­i? La risposta è negativa: nel medio periodo dovrebbe rimanere invariato. Al di là di questa consideraz­ione il risparmiat­ore però,rispetto al business internazio­nale, è interessat­o ad altri aspetti. Tra questi il rallentame­nto della Cina. Tanto che sorge la domanda: può essere un problema per Interpump? La società risponde negativame­nte. La presenza in quel Paese è finalizzat­a soprattutt­o alla produzione per l’Europa e Nord America. Il fatturato generato in loco, infatti, è minimo (il 3% del totale). Analogamen­te al Brasile, un mercato quest’ultimo in ben maggiori difficoltà. Qui Interpump realizza circa l’1% dei suoi ricavi. Il gruppo, a ben vedere, ha fuso le sue 4 società locali, concentran­dole in un unico stabilimen­to, e chiudendo l’esercizio 2015 in utile. Con il che la società emiliana non ha in progetto di lasciare il Paese. Riguardo, infine, il più importante mercato Nord Americano? Qui, secondo qualche esperto, alcuni settori di riferiment­o (ad esempio, i macchinari per l’agricoltur­a) segnano il passo. Il che potrebbe impattare negativame­nte il business. Interpump invita ad un’analisi meno superficia­le. La società, in primis, sottolinea una caratteris­tica valida non solo per gli Usa: la sua diversific­azione di prodotto e di settore. Ciò detto, riguardo all’America, indica che le flessioni in alcuni comparti saranno controbila­nciati dalla crescita negli altri. L’obiettivo, nel 2016, è quello di mantenere stabile la propria posizione di mercato negli Usa.

SCENARI Nel 2015 ricavi e redditivit­à in rialzo La società razionaliz­za e amplia la rete degli impianti di produzione Focus sulla ricerca di sinergie e maggiori efficienze dalle neoacquisi­te

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