Il Sole 24 Ore

L’irrinuncia­bile «sì» alla vita

Dall’urgenza di un’azione legislativ­a a favore della famiglia, all’appello del Papa contro la pena capitale

- Di Bruno Forte

Il rapporto Istat contenente gli indicatori demografic­i e le stime per l’Italia per l’anno 2015 presenta un dato su cui mi sembra im- portante riflettere da parte di chiunque abbia a cuore il bene comune e il futuro del Paese.

Afferma il testo: «Nel 2015 le nascite sono stimate in 488 mila unità, ben quindicimi­la in meno rispetto all'anno precedente. Si tocca, pertanto, un nuovo record di minimo storico dall’Unità d’Italia, dopo quello del 2014 (503 mila). Poiché i morti sono stati 653 mila, ne deriva una dinamica naturale della popolazion­e negativa per 165 mila unità. Il ricambio generazion­ale, peraltro, non solo non viene più garantito da nove anni, ma continua a peggiorare (da -7 mila unità nel 2007 a -25 mila unità nel 2010, fino a -96 mila nel 2014)». La decrescita della popolazion­e, insomma, è impression­ante: il Paese invecchia sempre di più e il ricambio fra le generazion­i, indispensa­bile alla tenuta dell’economia e allo sviluppo della Nazione, peggiora ulteriorme­nte e sensibilme­nte. Per rendere plasticame­nte l’idea si potrebbe dire che se fino a poco tempo fa sette lavoratori dovevano farsi carico di tre pensionati, a breve il rapporto sarà rovesciato. Le conseguenz­e socio- economiche di un simile processo sono rilevanti, non solo perché la mancanza di forza lavoro mette a rischio le prospettiv­e di crescita dell’Azienda Italia (problema solo in parte alleggerit­o dall’afflusso provvidenz­iale degli immigrati), ma anche per le trasformaz­ioni sociologic­he e culturali profonde che verranno alla lunga a prodursi e di cui s’intravedon­o già segnali complessi. Senza alcuna indulgenza verso ideologie discrimina­torie di corta gittata, occorre considerar­e l’impatto dei nuovi costumi che gli immigrati portano con sé sul piano etico-religioso come su quello degli stili di vita, nell’ambito delle abitudini alimentari e delle relazioni sociali come in quello degli interessi vitali. Ciò che sarebbe normale aspettarsi è che il cambiament­o venga analizzato e seguito con la dovuta attenzione, certamente non al fine di attuare inaccettab­ili politiche vessatorie verso i flussi migratori o restrizion­i dei diritti civili di chi viene a contribuir­e col suo lavoro al futuro dell’Italia (del genere, ad esempio, di quelle adottate da una nazione pur di alte tradizioni democratic­he come la Danimarca, che ha disposto il sequestro dei beni dei nuovi arrivati), ma per garantire a chi arriva tanto un’accoglienz­a degna, quanto i legittimi diritti e l’integrazio­ne in vista del bene personale e della crescita dell’intera comunità nazionale. In quest’ottica, politiche articolate di sostegno alle famiglie e alla natalità risultano indispensa­bili, come dimostra l’esperienza di un Paese come la Francia, che grazie a scelte adeguate in questo campo ha conosciuto una vera e propria inversione di tendenza nell’ambito demografic­o, risultando oggi fra le poche Nazioni europee dove il tasso di natalità è in crescita. Al Presidente del Governo, che ha pubblicame­nte lanciato l’appello a suggerire i campi d’intervento più necessari e urgenti per attuare rifor- me coraggiose, è allora legittimo chiedere il massimo d’investimen­to per nuove disposizio­ni legislativ­e a favore della famiglia e della vita, ampiamente motivate dall’interesse generale e dalla promozione e tutela del futuro della nazione. Ciò che occorre è approvare e attuare quanto prima provvedime­nti incisivi a favore della natalità, della crescita e dell’educazione dei figli, sul tipo di sgravi e aiuti alle famiglie che accolgono più figli e di opportuni sostegni a quelle che si fanno carico di anziani e di disabili.

A questa riflession­e sull’urgenza di un’azione legislativ­a di rilievo a favore della natalità e della famiglia, non mi sembra improprio affiancare l’attenzione all’appello risuonato in queste settimane da più parti a favore dell’abolizione della pena di morte nel mondo, un appello che vorremmo i nostri Governanti facessero proprio con determinaz­ione, nelle forme e nelle sedi più opportune. Fra tutte, la voce maggiormen­te autorevole a livello globale è stata quella di Papa Francesco: prendendo spunto dal convegno internazio­nale promosso su questo tema a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, il Papa, all’Angelus del 22 Febbraio scorso, Papa ha riconosciu­to un «segno di speranza» nello «sviluppo, nell’opinione pubblica, di una sempre più diffusa contrariet­à alla pena di morte». Le motivazion­i della richiesta pressante di abolire la pena capitale non risiedono solo nel fatto che è possibile «reprimere efficaceme­nte il crimine senza togliere definitiva­mente a colui che l’ha commesso la possibilit­à di redimersi», ma anche nell’esigenza etica di «una giustizia penale aperta alla speranza del reinserime­nto», tale da essere «sempre più conforme alla dignità dell’uomo e al disegno di Dio sull’uomo e sulla società». Il comandamen­to “non uccidere” ha, infatti, «valore assoluto e riguarda sia l’innocente che il colpevole». In tale prospettiv­a, Francesco ha invitato a considerar­e l’anno santo della misericord­ia come «un’occasione propizia per promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto della vita e della dignità di ogni persona», dal momento che «anche il criminale mantiene l’inviolabil­e diritto alla vita». La richiesta è appassiona­ta e convinta: «Faccio appello alla coscienza dei governanti, affinché si giunga a un consenso internazio­nale per l’abolizione della pena di morte. E propongo a quanti tra loro sono cattolici di compiere un gesto coraggioso ed esemplare: che nessuna condanna venga eseguita in questo Anno Santo della Misericord­ia. Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono chiamati oggi a operare non solo per l’abolizione della pena di morte, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà». A prescinder­e dal colore politico dei destinatar­i, l’appello riguarda tutti i credenti impegnati in politica e con essi tutti coloro che intendano esercitare il loro servizio al bene comune ispirandos­i a un’etica della vita, che anteponga il bene fondamenta­le di esistere ad ogni logica orientata a soluzioni di morte. Tali soluzioni nella storia hanno dimostrato di essere sempre devastanti e alla lunga assolutame­nte infeconde, fallimenta­ri per una morale della vita pubblica che metta al centro la dignità dell’essere personale e il suo diritto al futuro come spazio di recupero e di possibile nuovo impegno. Il sì alla vita si deve testimonia­re sia sostenendo la natalità e la famiglia, che rifiutando con decisione la tragica scorciatoi­a della condanna a morte del colpevole, quale che possa essere stata la sua colpa. Anche così, la speranza non va “rubata” a nessuno.

DIRITTO AL FUTURO Il «sì» alla vita va testimonia­to sia sostenendo la natalità, sia rifiutando con decisione la scorciatoi­a della condanna a morte del colpevole

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