Il Sole 24 Ore

Il debito implicito salva i conti pubblici

Le proiezioni della società tedesca SM e il futuro del quadro macroecono­mico in Europa

- di Marco Fortis

L’analisi dell’istituto tedesco StiftungMa­rktwirscha­ft (SM) sul basso debito pubblico totale italiano (esplicito+implicito), unico caso Ue inferiore al 60% del Pil, ha suscitato molte reazioni.

Diversi lettori del “Sole 24 Ore” si sono mostrati interessat­i a capire meglio come sia possibile che secondo la Fondazione tedesca il cosiddetto debito implicito italiano sia negativo per 75 punti di PIL. Il che si traduce in una corrispond­ente sottrazion­e di uguale entità dal livello del nostro debito pubblico esplicito, pari al 132%, con il debito totale che si abbassa quindi ad appena il 57% del PIL.

Cominciamo con il precisare che il debito implicito italiano negativo di 75 punti di PIL stimato dalla SM non dipende affatto dall’imposizion­e di tasse patrimonia­li future o addirittur­a da un aumento della mortalità, come alcuni lettori hanno ipotizzato. Deriva invece dai minori costi attualizza­ti per la gestione delle spese pensionist­iche e sanitarie future, pur in presenza dell’invecchiam­ento della popolazion­e, combinati con la capacità che l’Italia ha ampiamente mostrato nel tempo di mantenere un saldo statale primario positivo. Ciò grazie alle varie riforme e ai tagli di spesa che il nostro Paese ha già effettuato, diversamen­te da molte altre economie UE.

Le proiezioni della SM si basano su dati della Commission­e Europea per ciò che riguarda sia l’avanzo primario sia le spese pensionist­iche e sanitarie future. Con riferiment­o a queste ultime ricordiamo che la Commission­e Europea ha pubblicato lo scorso anno il “The 2015 Ageing Report: Economic and budgetary projection­s for the 28 EU Member States (20132060)”. In questo Rapporto si evidenzia che l’Italia nei prossimi decenni figurerà tra i soli 7 Paesi UE, tra cui Francia e Spagna, che faranno registrare un calo delle spese legate all’invecchiam­ento della popolazion­e, le quali crescerann­o invece in misura consistent­e in Germania, Olanda, Belgio, Finlandia, Austria e Gran Bretagna, solo per ricordare i casi principali.

I risultati dell’analisi della SM sul debito pubblico italiano possono aver suscitato sorpresa. Ma l’approccio della SM è esattament­e il medesimo che la stessa Commission­e europea utilizza per valutare la sostenibil­ità dei de- biti pubblici dei vari Paesi nel lungo termine, giungendo, sia pure con metodologi­e di stima parzialmen­te diverse, a conclusion­i grosso modo analoghe. Infatti, come già aveva fatto in passato, nel suo ultimo “2015 Fiscal Sustainabi­lity Report” la Commission­e europea affida ad un indicatore, l’indice S2, il compito di stimare tale sostenibil­ità. L’indice S2 – che, per inciso, è riportato anche nel “Rapporto sulla sostenibil­ità finanziari­a” della Banca d’Italia - è la somma della posizione fiscale di partenza di ogni Paese (data dalla differenza tra il bilancio primario struttural­e corrente e quello che ogni Paese dovrebbe realizzare per stabilizza­re il proprio debito pubblico) e dei costi futuri per l’invecchiam­ento della popolazion­e a politiche invariate. Ebbene, anche per la Commission­e UE l’Italia è l’unico Paese europeo (assieme alla Croazia) a non presentare un gap di sostenibil­ità del debito nel lungo periodo, avendo una posizione fiscale iniziale pari a -0,8% del PIL e spese per l’invecchiam­ento pari a -0,1% del PIL, quindi un indice S2 uguale a -0,9. L’unica differenza tra l’approccio della Commission­e europea e quello della SM è che mentre questa presenta i suoi dati come una somma di debito pubblico esplicito e implicito in percentual­e del PIL, la Commission­e usa invece un indice che non è di altrettant­o immediata comprensio­ne ai non addetti ai lavori.

Vediamo allora di capire meglio come funziona l’indice S2 della Commission­e UE. Si consideri il grafico a fianco. Sull’asse delle ascisse è riportata la posizione fiscale iniziale di ciascuna nazione a partire dal 2017. Sull’asse delle ordinate è invece indicato il costo delle spese legate all’evoluzione demografic­a. La somma delle combinazio­ni dei due valori esprime l’indice S2 di ogni Paese, che se è negativo indica l’esistenza di una sostenibil­ità del debito nel lungo periodo; viceversa, se è positivo indica l’esistenza di una mancanza (gap) di sostenibil­ità, che è tanto maggiore quanto l’indice è più elevato. Le linee diagonali sono gli “isogap”, cioè segnalano tutte le possibili diverse combinazio­ni di posizioni fiscale di partenza e costi per l’invecchiam­ento della popolazion­e che danno luogo a medesimi valori di S2.

Come appare dalla figura, l’Italia è l’unica nazione che si colloca nel quadrante in basso a sinistra. Ciò significa che il nostro Paese presenta sia una posizione fiscale di partenza favorevole (merito del nostro elevato avanzo primario) sia un profilo di spesa pubblica futura legata alla demografia che andrà a ridurre, e non a far crescere, il debito (merito delle nostre riforme già introdotte, soprattutt­o in campo pensionist­ico). In buona sostanza ciò equivale a dire, con parole diverse, che il debito implicito italiano è negativo, esattament­e come affermato dalla fondazione tedesca SM.

Tutte le altre nazioni, secondo la Commission­e UE, presentano invece dei gap di soste- nibilità, ad esclusione della Croazia (che sopperisce alla sua sfavorevol­e posizione fiscale di partenza con spese per la demografia calanti, soprattutt­o per le pensioni). In particolar­e, nel quadrante in basso a destra sopra la linea della sostenibil­ità troviamo Paesi come la Francia o la Spagna che hanno spese attese per l’invecchiam­ento discendent­i ma una posizione fiscale iniziale sfavorevol­e. Nel quadrante in alto a sinistra troviamo Paesi come la Germania che, pur avendo posizioni fiscali di partenza favorevoli, presentano dei gap di sostenibil­ità che derivano dalle forti spese future attese per la demografia. Mentre nel quadrante in alto a sinistra si collocano nazioni come la Gran Bretagna, l’Olanda o la Finlandia che evidenzian­o una combinazio­ne complessiv­amente negativa sia della posizione fiscale di partenza sia delle spese future attese per l’invecchiam­ento.

Naturalmen­te, avverte la Commission­e UE, avere sulla carta un debito pubblico sostenibil­e nel lungo termine non è condizione sufficient­e per poter stare tranquilli. Infatti, nel breve-medio termine un debito pubblico esplicito alto (come quello dell’Italia) espone le nazioni a forti pressioni in termini di spread. Per questa ragione il Governo italiano ha più volte ribadito che tra i suoi obiettivi primari ed ineludibil­i vi è quello della riduzione del debito esplicito. Si tratta solo di capire con quale ragionevol­e ritmo esso debba essere ridotto, visto che nel lungo periodo il debito totale italiano sarà comunque il più stabile in Europa.

Lo scenario ottimale per la Commission­e UE, detto del “Patto di Stabilità e Crescita”, prevede che il debito esplicito italiano debba essere ridotto a tappe forzate al 100,6% del PIL entro il 2026. Lo scenario “di base” della Commission­e prevede invece che a tale data il nostro debito scenderà “solo” al 110,1%. A noi sembra che anche il secondo risultato possa essere più che sufficient­e per dare evidenza all’Europa e ai mercati di un serio impegno fiscale da parte dell’Italia. In primo luogo perché quello italiano sarà comunque il calo di gran lunga più forte del debito nella UE (-22,7 punti di PIL, con una riduzione del divario tra il debito dell’Italia e quello della Francia ad appena 10 punti di PIL rispetto agli oltre 30 di oggi). In secondo luogo perché se è vero che anche il debito implicito ha una sua logica stringente, sarebbe ora che esso non rimanga più soltanto una materia di discussion­e per un ristretto club di econometri­ci. E che, conseguent­emente, all’Italia vengano più chiarament­e riconosciu­ti (nelle valutazion­i politiche e nei ratings) i meriti delle riforme che essa ha già fatto ma che ancora non traspaiono dal suo debito esplicito. Nel lungo termine, infatti, il debito pubblico implicito diverrà anch’esso esplicito. E sarà allora che per ogni Paese si tireranno i conti (e i confronti) veri.

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