Il Sole 24 Ore

Nel nuovo Def «spending» triennale e clausole disinnesca­te fino al 2019

- Marco Rogari

Una doppia operazione triennale. È quella che dovrebbe essere indicata nel prossimo Def in arrivo ad aprile per rendere maggiormen­te struttural­e la spending review, anche in linea con la riforma del bilancio che si accinge a diventare pienamente operativa. E per allestire fin da ora un percorso che preveda la sterilizza­zione delle clausole di salvaguard­ia fiscali fino al 2019 (oltre 54 miliardi) e non solo per il 2017 (15,1 miliardi) come accaduto con l’ultima legge di stabilità.

La decisione finale sarà presa nelle prossime settimane, anche perché al varo del nuovo Def manca ancora un mese e mezzo e a Palazzo Chigi come al ministero dell’Economia si attende che si concluda prima il confronto in corso con Bruxelles sui conti pubblici. Alcune linee guida del nuovo Documento di economia e finanza cominciano comunque ad essere abbozzate. La due operazioni triennali su spending e clausole non saranno necessaria­mente concatenat­e.

Le risorse che saranno recuperate dalla “fase 3” della revisione della spesa saranno infatti in gran parte utilizzate per coprire le nuove misure orientate alla ridu- zione delle tasse e all’alleggerim­ento del “cuneo” che il Governo adotterà nei prossimi tre anni. A partire dal taglio dell’Ires, peraltro già assorbito nel “tendenzial­e” di finanza pubblica, quello dell’Irpef al momento calendariz­zato per il 2018 e i nuovi interventi che si stanno preparando per favorire l’occupazion­e e alleggerir­e il costo del lavoro una volta che si sarà esaurita la fase di decontribu­zione per i neo-assunti a tempo indetermin­ato. Che nell’attuale versione potrebbe essere ancora prorogata, forse in forma ulteriorme­nte ridotta, ma solo per un altro anno.

Palazzo Chigi e il commissari­o della spending, Yoram Gutgeld, per il momento non si sbilancian­o sulle prime ipotesi che si fanno sull’impatto della nuova spen- ding. Ma per alcuni tecnici del Governo l’asticella della revisione della spesa per il prossimo triennio non potrà scendere sotto i 30-40 miliardi. Una decina di miliardi dovrebbero arrivare, sempre su base triennale, dal nuovo sistema di centralizz­azione degli acquisti della Pa imperniato su sole 33 stazioni appaltanti. Altri risparmi arriverran­no dall’adozione a vasto raggio del dispositiv­o dei costi e dei fabbisogni standard, dagli interventi sugli immobili pubblici, sulla prosecuzio­ne del processo di efficienta­mento dei bilanci delle amministra­zioni centrali (ministeri in primis) e dall’attuazione della riforma della Pa. Proprio questo intervento dovrebbe essere incasellat­o nel capitolo del Def, insieme alle misure su ricerca, infrastrut­ture e quelle di natura fiscale, al quale dovrebbe essere collegata la fetta di flessibili­tà che il Governo conta di utilizzare nel 2017. «Con il Def di aprile troveremo una soluzione definitiva sia del quadro di finanza pubblica sia delle previsioni di crescita», ha detto ieri il mini- stro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, facendo riferiment­o al confronto con Bruxelles.

All’esito della trattativa con la Ue è appesa anche l’ipotesi di rafforzare il taglio delle tasse per il prossimo anno, che allo stato attuale prevede solo la riduzione dell’Ires. Anche per questo motivo Governo e maggioranz­a frenano sulla possibilit­à di anticipare eventualme­nte altre misure come ad esempio il taglio dell’Irpef. «Questo è il momento per guardare i numeri e non per fare annunci», dice Filippo Taddei, responsabi­le economico del Pd.

Quanto alla revisione della spesa, un nodo strategico resta il coinvolgim­ento degli enti territoria­li. La scorsa settimana la Corte dei conti, nel dossier sulla finanza locale, ha sottolinea­to che sul fronte degli enti locali la spending review stenta a diventare organica. Anche la buona riuscita del nuovo sistema di centralizz­azione degli acquisti Pa dipende, per una buona fetta, dalla reale adesione degli enti territoria­li.

LE OPZIONI SUL TAVOLO Per i tagli si punta su acquisti e riforma Pa, fabbisogni standard e ministeri. Resta il nodo enti locali: per la Corte dei conti la spending non è ancora organica

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