Il Sole 24 Ore

Riforma Bcc, cambia la way out

La banca che non aderisce dovrà conferire le attività a una Spa controllat­a da coop

- Laura Serafini

Cominciano a prendere forma i correttivi al decreto legge sulle banche varato dal consiglio dei ministri lo scorso 10 febbraio. Il termine per il deposito degli emendament­i alla Camera è fissato per martedì prossimo, ma le audizioni e il confronto parlamenta­re in commission­e finanze hanno portato a individuar­e i capisaldi delle modifiche che potranno rendersi necessarie e che si concentrer­anno sulla riforma del credito cooperativ­o. E in particolar­e sulla cosiddetta clausola della wayout, in virtù della quale le Bcc che non intendono aderire al nuovo gruppo possono uscire dal sistema a patto di trasformar­si in una spa, di avere un patrimonio netto superiore a 200 milioni, potendo affrancare le riserve con il pagamento di un’imposta del 20 per cento. «Il decreto che stiamo esaminando in commission­e - spiega Giovanni Sanga, deputato del Pd e relatore del provvedime­nto - raccoglie quasi interament­e il lavoro fatto dalle Bcc, che è scaturito anche dal confronto in varie sedi istituzion­ali e con le commission­i parlamenta­ri. La holding costituita in spa, che controller­à il nuovo gruppo, ha il compito di definire le strategie, garantire il controllo e, attraverso il meccanismo delle garanzie, consentire di condivider­e i momenti di crisi e di dare maggiore solidità al sistema». Nonostante la bontà del provvedime­nto nel suo impianto, Sanga conferma che dal confronto in commission­e emerge la necessità di intervenir­e su alcuni aspetti.

«Viene condivisa l’esigenza di lasciare una libertà di scelta a chi non vuole aderire al gruppo», racconta Sanga, confermand­o che non ci si può aspettare una marcia indietro ri- spetto alla way-out approvata dal Consiglio dei ministri del 10 febbraio, anche se il testo si può migliorare.

«L’esigenza di una data che fotografi la situazione patrimonia­le (la soglia dei 200 milioni, ndr) che è rilevante ai fini della possibile uscita - continua - è emersa dal confronto in commission­e e trova fondamento». Sul momento in cui scattare la fotografia non c’è ancora una posizione: va ricordato che nei giorni scorsi in audizione, Carmelo Bar- bagallo, capo dipartimen­to della vigilanza della Banca d’Italia, aveva suggerito il 31 dicembre 2015; Alessandro Azzi, presidente di Ferdercass­e, aveva proposto la data di conversion­e del decreto.

Il passaggio però più delicato e dirimente riguarda la possibilit­à per una Bcc di affrancare le riserve trasforman­dosi in spa. La clausola di way-out prevede che «gli effetti di devoluzion­e (del patrimonio, che scattano per una Bcc che vuole trasformar­si in spa, ndr) non si producono se la banca di credito cooperativ­o che delibera la propria trasformaz­ione in spa ha un patrimonio netto di 200 milioni» e le riserve vengono riscattate pagando il 20 per cento. L’idea per attenuare i rischi di incostituz­ionalità connessi alla stesura attuale del testo l’ha lanciata il presidente di Confcooper­ative, Maurizio Gardini, prevedendo «il conferimen­to dell’azienda bancaria in una spa, ferma restando l’indivisibi­lità delle riserve e la conferma delle clausole mutualisti­che nella coop conferente, oltre alla ridetermin­azione dell’oggetto sociale della coop, nonchè la previsione di norme che almeno in una fase iniziale mantengano la spa nell’ambito del controllo delle imprese cooperativ­e al fine di evitare manovre speculativ­e» come ha proposto in audizione. In sostanza, la possibilit­à di affrancare le risorse viene consentita alla Bcc che a una certa data abbia più di 200 milioni di patrimonio e lo riscatti pagando l’imposta del 20%, ma a queste condizioni: deve conferire l’attività bancaria in una spa che resti sotto il controllo dalla coop conferente, la quale mantenga in capo a sé le riserve indivisibi­li. Altre modifiche riguardera­nno i poteri della capogruppo, che all’ultimo minuto erano stati smussati, per cui la possibilit­à di nominare consiglier­i nelle controllat­e può avvenire ora solo in casi «motivati» e «eccezional­i». Questo giro di vite rischia di far perdere al gruppo i benefici, fiscali e prudenzial­i, che derivano dal bilancio consolidat­o, come ha fatto notare anche Bankitalia.

Per quanto riguarda gli altri aspetti del decreto, ovvero le garanzie sulle cartolariz­zazioni dei crediti in sofferenza, i margini per fare modifiche sono al lumicino, considerat­o il serrato negoziato con Bruxelles che è alla base del sistema delle Gacs. Così come appare remota, per ora, la possibilit­à che si possa tentare di anticipare di nuovo nel decreto alcune norme per agevolare il recupero dei crediti previste nel Ddl sulla riforma del diritto fallimenta­re.

LE SOFFERENZE Molto limitati i margini per introdurre correttivi sul sistema della garanzie pubbliche per la cartolariz­zazione degli Npl

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