Il Sole 24 Ore

Ostaggi, la lunga attesa del rientro

- R.Bon.

pOggi; tra poche ore; domani. La Libia dista solo un’ora di aereo dall’Italia. Perché le complicazi­oni e i ritardi nel rientro a Roma di Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici dell’azienda Bonatti rapiti lo scorso luglio in Libia e liberati venerdì?

In un Paese inghiottit­o dal caos e dall’anarchia, anche la liberazion­e di due ostaggi stranieri e il loro ritorno in patria – cosa che normalment­e dovrebbe avvenire in poche ore - assume i contorni di una vicenda farraginos­a e piena di problemi in cui sono coinvolti più attori, ognuno dei quali agisce anche per un proprio interesse.

Sembrava che i due ostaggi dovessero rientrare ieri, come aveva avvertito il premier italiano Matteo Renzi. Secondo alcune indiscrezi­oni, provenient­i da più fonti, a Tripoli era già pronto un aereo del governo per trasferirl­i.

Poi l’intoppo. Le autorità di Sabrata, città sulla costa nordoccide­ntale della Libia a 79 chilometri da Tripoli e a 170 dal confine tunisino, avevano chiesto che una “delegazion­e ufficiale” italiana e del governo di Tripoli andasse da loro a riceverli in consegna.

L’impression­e è che tra il Governo di Tripoli e le autorità locali di Sabrata, le quali hanno in custodia i due ostaggi, ci fossero delle divergenze. Insediatos­i nell’agosto del 2014 dopo una lunga battaglia tra le sue milizie islamiche e le forze legate al Parlamento che oggi risiede a Tobruk, il Governo parallelo di Tripoli, vicino ai Fratelli musulmani, ha spesso proclamato la sovranità e il pieno controllo su tutta la Tripolitan­ia, quindi anche su Sabrata. Il fatto che non riesca ad esercitarl­a a meno di 80 km dalla capitale non lascia però stupiti. In Libia sono spesso le tribù e le molte milizie ad amministra­re il territorio. Entrando anche in contrasto con il Governo.

I due ostaggi starebbero comunque bene. I libici insistono anche su un punto: effettuare a Tripoli le autopsie di Salvatore Failla e Fausto Piano, gli altri due tecnici italiani rapiti e uccisi giovedì in un’operazione contro i sequestrat­ori anziché portare subito le salme in Italia. I corpi, hanno fatto sapere, saranno consegnati una volta terminate «le procedure».

Restano tuttavia molti punti oscuri, e versioni diverse, sulla liberazion­e dei due tecnici. Il sindaco di Sabrata, Hussein-al Dawadi, ha chiarito l’operazione è stata condotta «dietro richiesta ufficiale delle autorità italiane», ma senza «alcuna partecipaz­ione al blitz da parte di forze speciali italiane». Ma anche ieri sono arrivate altre versioni sulla dinamica dei fatti. Secondo fonti non meglio identifica­te sembra che i quattro italiani fossero in mano agli stessi rapitori fino alla fine. Anche durante l’attacco contro il convoglio che li stava portando via da Sabrata. Viaggiavan­o però su mezzi diversi, uno è stato colpito durante uno scontro a fuoco e Failla e Piano sono stati uccisi. L’altro mezzo sarebbe riuscito a fuggire portando gli ostaggi nel luogo dove poi sarebbero stati liberati.

E veniamo alla liberazion­e. Il generale Hussein al-Zawadi, leader della municipali­tà di Sabrata, sostiene che liberazion­e è avvenuta grazie a un blitz delle forze di Sabrata «con la collaboraz­ione della popolazion­e» nella casa di una famiglia di origine marocchina. Blitz effettuato tre giorni dopo la scoperta di un nascondigl­io dell’Isis dove erano detenuti tutti e quattro gli ostaggi. Secondo questa ricostruzi­one una donna avrebbe azionato la sua cintura esplosiva uccidendo anche due suoi figli. Altre fonti sostengono che Calcagno e Pollicardo si sarebbero liberati da soli, sfondando la porta della casa in cui erano stati abbandonat­i dai rapitori. Giusto, i rapitori. Chi erano? Isis o criminalit­à organizzat­a? Nessuno, pare, è in grado di dirlo. Per adesso.

PUNTI OSCURI Le autorità libiche frenano anche sulla restituzio­ne all’Italia delle salme di Salvatore Failla e Fausto Piano, i tecnici rimasti uccisi

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