Il lavoro dell’artigiano: un asso nella manica
L’importanza di un’università che riconosca il valore del saper fare
Cara Claudia, mi fa molto piacere leggerti in tema di università e di maestri [Il Sole 24 Ore del 23 gennaio], con un “uovo di Colombo” al posto della solita ciliegina sulla torta. Permettimi quindi di farti avere qualcosa di esplicitamente evocativo in questo senso, che per il ricordo che ho di te come collega alla Sapienza non dovrebbe dispiacerti. Del resto, i nostri ragionamenti e modi di fare collegiali, incominciavano proprio là dove il tuo articolo si conclude: sull'«asso nella manica che parte dal passato ma guarda al futuro», sul «confronto con la tecnologia» e sulla «sapienza del passato», sulle «materie di insegnamento comuni a tutte le discipline» e sulla «strada propria» che dovrebbe avere «ogni ramo del sapere», sull'«originalità, unicità e irripetibilità dei prodotti creati dall’artigianato» e sulla «sua specializzazione qualificata». Specializzazione universitaria, all’incrocio di didattica e di ricerca (artigianali entrambe). É proprio questo il punto! Il punto dolente e al tempo stesso il punto di svolta della nostra università, a cavallo tra rigor mortis della riforma e bisogno vitale di autoriforma. Tra l’uovo di Colombo e l’uovo di Humboldt può in effetti non esserci alcuna soluzione di continuità. Anzi! Un caro saluto e auguri tanti,
Caro Nicola,
grazie della tua lettera. Metti in evidenza co- me sia importante il lavoro dell’artigiano, come abbiamo voluto sottolineare con gli articoli del Sole Junior che abbiamo dedicato all’argomento. La situazione dell’occupazione giovanile e della insoddisfazione generale verso un lavoro poco gratificante e “che non c’è”, come l'isola di Peter Pan, porta necessariamente a rivalutare quelle nobili professioni che hanno segnato la storia culturale e produttiva dell’Italia. Come mi hai poi scritto privatamente «per un essere umano un lavoro è importante non solo se gli dà un qualche “vivere materiale”, ma anche e soprattutto se lo realizza umanamente cioè sia tangibilmente autogratificante». La soluzione è affidata al mondo accademico. Una università che riconosca l’importanza del saper fare, e accolga la manualità nelle sue larghe braccia che hanno inserito miriadi di sottospecializzazioni più o meno inventandosi corsi per lo meno bizzarri, sarebbe il giusto punto di approdo per superare lo scoglio della scala sociale e per fornire una preparazione in linea con i tempi ai futuri artigiani. Auguriamoci che il “nostro” comune appello abbia un seguito e che gli artigiani possano fregiarsi del titolo ufficiale di Maestro rilasciato in seguito a un percorso universitario pluriannuale che comprenda anche lo studio delle lingue e delle ultime tecnologie. Per essere artigiani testimoni dei nostri tempi. (c.g.)