Il Sole 24 Ore

Il lavoro dell’artigiano: un asso nella manica

L’importanza di un’università che riconosca il valore del saper fare

- Nicola Siciliani de Cumis

Cara Claudia, mi fa molto piacere leggerti in tema di università e di maestri [Il Sole 24 Ore del 23 gennaio], con un “uovo di Colombo” al posto della solita ciliegina sulla torta. Permettimi quindi di farti avere qualcosa di esplicitam­ente evocativo in questo senso, che per il ricordo che ho di te come collega alla Sapienza non dovrebbe dispiacert­i. Del resto, i nostri ragionamen­ti e modi di fare collegiali, incomincia­vano proprio là dove il tuo articolo si conclude: sull'«asso nella manica che parte dal passato ma guarda al futuro», sul «confronto con la tecnologia» e sulla «sapienza del passato», sulle «materie di insegnamen­to comuni a tutte le discipline» e sulla «strada propria» che dovrebbe avere «ogni ramo del sapere», sull'«originalit­à, unicità e irripetibi­lità dei prodotti creati dall’artigianat­o» e sulla «sua specializz­azione qualificat­a». Specializz­azione universita­ria, all’incrocio di didattica e di ricerca (artigianal­i entrambe). É proprio questo il punto! Il punto dolente e al tempo stesso il punto di svolta della nostra università, a cavallo tra rigor mortis della riforma e bisogno vitale di autoriform­a. Tra l’uovo di Colombo e l’uovo di Humboldt può in effetti non esserci alcuna soluzione di continuità. Anzi! Un caro saluto e auguri tanti,

Caro Nicola,

grazie della tua lettera. Metti in evidenza co- me sia importante il lavoro dell’artigiano, come abbiamo voluto sottolinea­re con gli articoli del Sole Junior che abbiamo dedicato all’argomento. La situazione dell’occupazion­e giovanile e della insoddisfa­zione generale verso un lavoro poco gratifican­te e “che non c’è”, come l'isola di Peter Pan, porta necessaria­mente a rivalutare quelle nobili profession­i che hanno segnato la storia culturale e produttiva dell’Italia. Come mi hai poi scritto privatamen­te «per un essere umano un lavoro è importante non solo se gli dà un qualche “vivere materiale”, ma anche e soprattutt­o se lo realizza umanamente cioè sia tangibilme­nte autogratif­icante». La soluzione è affidata al mondo accademico. Una università che riconosca l’importanza del saper fare, e accolga la manualità nelle sue larghe braccia che hanno inserito miriadi di sottospeci­alizzazion­i più o meno inventando­si corsi per lo meno bizzarri, sarebbe il giusto punto di approdo per superare lo scoglio della scala sociale e per fornire una preparazio­ne in linea con i tempi ai futuri artigiani. Auguriamoc­i che il “nostro” comune appello abbia un seguito e che gli artigiani possano fregiarsi del titolo ufficiale di Maestro rilasciato in seguito a un percorso universita­rio pluriannua­le che comprenda anche lo studio delle lingue e delle ultime tecnologie. Per essere artigiani testimoni dei nostri tempi. (c.g.)

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