Il Sole 24 Ore

Il genio italiano ridisegna il robot

A Pisa è nata la robotica soft, a Sassari quella dello sviluppo, a Genova la cognitiva: i nostri ricercator­i fanno scuola

- di Riccardo Oldani

a Non è abituale che una prestigios­a rivista scientific­a come Nature, citi l’Italia come luogo di frontiera per la ricerca. Ma quando si è trattato, in un articolo uscito il 3 febbraio scorso, di parlare di robotica soft, una nuova disciplina che sviluppa robot privi di strutture rigide, la citazione era d’obbligo. Perché la robotica soft è nata proprio in Italia, grazie a un pool di ricercator­i dell’istituto di Biorobotic­a della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, coordinato da Cecilia Laschi. L’idea è realizzare automi privi di scheletri metallici o plastici e che si basino sulle proprietà di alcuni materiali, come gomme siliconich­e o polimeri speciali, per avere al tempo stesso una forma robusta e solida e la capacità di muoversi e svolgere compiti di vario tipo.

Il robot manifesto di questo filone della ricerca si chiama PoseiDrone e ha le sembianze di un polpo. I suoi bracci simulano i movimenti dei tentacoli dell’animale e gli consentono di darsi la spinta per nuotare o camminare. Può ispezionar­e il fondo del mare, ad esempio per valutare le condizioni ambientali. «Ma stiamo pensando a sviluppare il concetto – spiega Cecilia Laschi – per realizzare un braccio robotico morbido in grado di aiutare le persone anziane a farsi la doccia. Le applicazio­ni della robotica soft possono essere infinite». Come dimostra il plantoide, frutto del lavoro di Barbara Mazzolai dell’Iit di Genova, altra pioniera italiana di questo filone della ricerca: simula la crescita delle radici di una pianta per insinuarsi nel terreno e raccoglier­e dati, per mezzo di estremità ricche di sensori, sul livello di inquinamen­to.

La robotica soft piace alla comunità scientific­a, perché apre la strada a soluzioni impossibil­i seguendo un approccio tradiziona­le. Ma non è l’unico ambito in cui il nostro paese sta fornendo un contributo fondamenta­le allo sviluppo di robot di ultima generazion­e.

I ricercator­i italiani sono molto attivi anche nella robotica dello sviluppo (o “develop- mental robotics”), che ha l’obiettivo di creare macchine in grado di imparare da sé, attraverso l’esperienza, e di migliorars­i anche osservando l’uomo. Si deve per esempio al lavoro di Bruno Golosio, con il suo staff dell’Università di Sassari, e di Angelo Cangelosi, direttore del Centro di robotica e sistemi neurali dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, la nascita di Annabell, una rete neurale che impara a parlare, conversand­o con l’uomo, a partire da una dotazione di base di poche centinaia di parole ed espression­i. In un esperiment­o, i ricercator­i italiani hanno simulato una conversazi­one tra una mamma con un figlio virtuale, Annabell appunto, confrontan­dola con quella avvenuta realmente con il figlio naturale. E mentre il bambino ha risposto alle domande a monosillab­i e mugolii infastidit­i, Annabell si è rivelata ben più loquace e quasi desiderosa di comunicare.

Anche l’ormai famosissim­o iCub dell’Iit di Genova è stato concepito come un robot “cognitivo”, in grado di imparare nuove funzioni attraverso nuovi software. Tutti questi studi, con una fondamenta­le matrice italiana, vanno nella direzione di futuri robot in grado di imparare a confrontar­si con l’ambiente per migliorare le proprie prestazion­i. Automi che un domani potremmo avere in casa e utilizzare per compiti precisi caricandol­i di app come facciamo oggi con i nostri smartphone.

In Italia siamo molto forti anche nel settore della meccanica e della robotica industrial­e. I contributi dei nostri ricercator­i in questo ambito sono importanti. Impossibil­e citarli tutti. Ma RoDyMan, il robot pizzaiolo che sta nascendo al Prisma Lab dell’Università Federico II di Napoli sotto la regia del professor Bruno Siciliano, potrebbe introdurre una grande novità. L’idea è metterlo in grado di modellare un pezzo di pasta per creare il classico disco di pizza, farcirlo, metterlo sulla pala, inserirlo nel forno e poi girarlo delicatame­nte per una cottura ottimale. «Non si tratta di un esercizio fine a se stesso – spiega Siciliano – ma di realizzare un robot capace di maneggiare materiali soggetti a deformazio­ni plastiche o elastiche, quindi cedevoli al tatto. Una funzione che gli attuali robot industrial­i non sono in grado di compiere e che potrebbe trovare applicazio­ne in molti ambiti produttivi. L’idea della pizza è al tempo stesso una provocazio­ne e un richiamo. Lo scorso ottobre, quando abbiamo presentato per la prima volta il nostro robot a Napoli, in occasione della manifestaz­ione Futuro Remoto, l’attenzione del pubblico è stata altissima».

Rivoluzion­ario è anche il concetto su cui si sta lavorando a Catania, in collaboraz­ione tra il gruppo di studio di Giovanni Muscato, del Dipartimen­to di ingegneria elettrica, elettronic­a e informatic­a dell'università, e STMicroele­ctronics. L’idea è controllar­e il movimento di un braccio robotico in modo innovativo, usando tanti piccoli sensori inerziali (Mems) piazzati sul braccio che, fissato un punto di arrivo, seguono il movimento del robot correggend­olo all’istante fino a portarlo a destinazio­ne. Oggi il movimento dei robot industrial­i è programmat­o a priori. La soluzione testata a Catania funziona e potrebbe trasformar­e il modo di concepire i robot del futuro.

Tutte queste eccellenze, che sono solo la punta dell’iceberg, rischiano però di disperders­i se l’Italia non le valorizzer­à. «Siamo entrati in una rivoluzion­e industrial­e, la cosiddetta Industry 4.0 – dice Maria Chiara Carrozza, ex ministro dell’Università e della Ricerca ma anche robotica di fama mondiale – fondata sull’integrazio­ne di tre aspetti: i robot intesi come hardware, l’intelligen­za artificial­e che è strumento di apprendime­nto per le macchine e di decision making per le imprese, e la cloud robotics, cioè la capacità dei robot di operare connessi in rete tra loro. È su questi tre ambiti che dobbiamo indirizzar­e la ricerca sulla robotica in Italia e finanziarl­a. Senza dimenticar­e la grande tradizione nell’automazion­e industrial­e, con aziende all’avanguardi­a nello sviluppo di macchine per settori produttivi molto particolar­i, sempre più strategici nel solco dell’Industry 4.0».

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