«La scelta economica è mobile»
«Lo smartphone al centro di tutto è una sfida anche per la pubblicità»
«Non sapevamo nulla di advertising e allora abbiamo messo un annuncio su Craiglist. Pagavamo 25 dollari l’ora e qualche drink per farci spiegare come funzionava quel mercato». È cominciata così l’avventura di Konrad Feldman, Ceo di Quantcast, che ha cofondato nel 2005 a San Francisco con Paul Sutter, che ha una fortissima competenza nella search sviluppata in AltaVista. Oggi è una delle aziende protagoniste della misurazione delle audience online con oltre 700 dipendenti in tutto il mondo.
I suoi server, distribuiti nei cinque continenti per processare più di 800mila transazioni al secondo, la rendono uno dei primi dieci player per capacità di gestione dei bigdata. Quanto basta perché uno stuolo di analisti e giornalisti finanziari non smetta di chiedere a Feldman quando Quantcast si lancerà finalmente in Borsa: «Credo che possiamo crescere ancora molto perché il fenomeno big data sta innescando una rivoluzione molto più grande di quella creata dai motori di ricerca», sottolinea il giovane Ceo. Feldman ha abbandonato i panni del dottorando in intelligenza artificiale presso lo University College di Londra alla fine degli anni '90 per fondare Searchspace, dalla quale è uscito nel 2005 quando è stata aquisita dal private equity Usa Warburg Pincus. «Quell'esperienza cominciò quasi accidentalmente - spiega - perché quando la Borsa di Londra diventò completamente digitale sorse il problema di sorvegliare le migliaia di transazioni digitali che avvenivano ogni secondo. Finché c’era il parterre con i trader in carne e ossa bastavano i “pit-observers”, altri ex trader con il compito di rilevare movimenti strani”.
Così Feldman e colleghi, pur non sapendo nulla di finanza e high-frequency trading svilupparono i primi pit-observers elettronici, programmi in grado di rilevare pattern anomali nelle transazioni e individuare chi faceva insider trading o altre operazioni illegali. «Dopo Londra ci chiamarono alla Borsa di New York, ma era un mercato abbastanza piccolo perché le piazze così grandi si contano sulle dita di una mano. Perciò passamo al mercato bancario sviluppando software per l’antiriciclaggio». Searchspace è ancora oggi un prodotto di punta nel settore.
«Avere a che fare con criminali che cercano sempre nuove soluzioni è molto sfidante, ma le transazioni bancarie non ci avevano preparato ai volumi di ciò che succede online», osserva Feldman che dopo il 2000 si trasferì a San Francisco per guidare le operazioni dell’azien- da negli Usa. È proprio a contatto con la Silicon Valley che cominciò a pensare a come rendere l’esperienza della pubblicità online più personalizzata e simile a quella della search.
Da qui il concetto al centro di Quantcast, non più una pubblicità broadcast, ma la profilazione che oggi è diventata imperativa. «Oggi la sfida è soprattutto sul mobile, che però va saputo interpretare», spiega Feldman, la cui azienda qualche settimana fa ha diffuso il suo report Mobile+Me: «Lo smartphone è il sole e tutto il resto vi orbita intorno», questo il punto centrale. Ovvero, il dispositivo mobile è centrale ma fa parte di un percorso che avviene anche su desktop e tablet. Sullo smartphone avvengono in media cinque ricerche al giorno e si formano le basi delle nostre scelte economiche. In particolare, un millenials su due usa il cellulare come strumento principale di ricerca e questo segmento di popolazione compra almeno due volte la settimana da mobile. Ma soprattutto, ciò che colpisce è che quasi la metà del gruppo dei millenials (48%) dichiara che sarebbe molto più influenzata da una pubblicità più creativa su questi teminali.
«La sfida è non smettere di innovare. Quando arrivai a San Francisco prima della bolla c’erano decine di motori di ricerca, ma la maggior parte ha smesso di cambiare. E per questo è scomparsa».