POLITICA ESTERA DEL WEB E DIRITTI
La politica estera di Facebook va avanti a fatica. Mark Zuckerberg sta compiendo sforzi titanici per sembrare simpatico in Cina. Studia la cultura cinese, legge fantascienza cinese, parla con i politici cinesi. In un anno ha imparato a parlare il cinese a un livello che egli stesso ha considerato sufficiente a tenere un discorso pubblico di 20 minuti all’Università Tsinghua di Pechino interamente in cinese. Chi lo ha ascoltato e ha commentato su Weibo ha manifestato simpatia per il tentativo anche se non ha capito bene quello che ha detto. Sta di fatto che Facebook resta bloccato e inutilizzabile liberamente in Cina. D’altra parte, in India, le autorità hanno fermato il tentativo di Facebook di diffondere il suo servizio “benefico” chiamato Free Basics: era stato pensato per diffondere l’uso di internet mobile tra chi non si può permettere di pagare il traffico e quindi generare un certo consenso intorno all’azienda di Zuckerberg. Ma Free Basics è stato bloccato perché sebbene regali il costo del traffico a chi lo usa, consente di usare solo una porzione molto limitata di internet: Facebook e qualche altro servizio scelto da Facebook. In Brasile un funzionario di Facebook è stato arrestato perché non ha consegnato alla polizia l’accesso a un insieme di informazioni che alcuni indagati hanno lasciato su WhatsApp. E in Europa, l’antitrust tedesco se la prende con Facebook perché le sue condizioni d’uso sono sleali per come consentono all’azienda di raccogliere informazioni sugli utenti. In America Facebook si è schierata con Apple nel conflitto legale che la oppone all’Fbi. Anche Google, Amazon, Apple, appunto, e altre grandi multinazionali digitali americane che hanno conquistato un largo potere nel mondo si trovano a confrontarsi con i poteri politici di mezzo mondo. Non è un fenomeno di poco conto. E se non si vuole che tutto questo diventi soltanto una lotta di potere, occorre una guida: i diritti umani e internet sono una riflessione sempre più necessaria.