Il Sole 24 Ore

Moody’s: sotto osservazio­ne i sovrani del petrolio

Nonostante il recente r ialzo del bar ile l’agenzia di rating r ivede l’outlook di molti Paesi produttor i: dall’Arabia Saudita fino ad Abu Dhabi

- Marco Valsania

pDodici stati sovrani nel mirino per un possibile declassame­nto. Altri quattro con il rating ormai tagliato e il rischio di ulteriori bocciature. Uno con la propria solidità già ampiamente compromess­a ma l’outlook precipitat­o adesso da stabile a negativo. Su un totale di 18 nazioni ai quattro angoli del mondo.

Moody’s, con un annuncio che raccoglie decisioni delle ultime ore e delle recenti settimane, ha fatto scattare un vero e proprio giorno del giudizio globale per i grandi Paesi produttori di petrolio, la commodity che a lungo li ha resi ricchi e intoccabil­i e che ora invece svuota le loro casse. E tra i condannati non ci sono solo i più disperati, quali il Venezuela, ma anche a pieno titolo l’elite del Golfo Persico: dall’Arabia Saudita a Abu Dhabi fino al Kuwait. Un solo Paese è promosso a pieni voti nel para- diso del credito: la Norvegia, che non solo continua a meritare una sfavillant­e aureola di tripla A, ma non ha neppure da temere futuri peccati essendosi guadagnata la conferma di un outlook stabile.

Moody’s non si è fatta impression­are dalle recenti “indulgenze” vendute sul mercato: i recuperi del prezzo del greggio non potranno comprare promozioni. Certo è tornato verso i 36-38 dollari al barile (rispettiva­mente il West Texas Intermedia­te e il Brent di riferiment­o) con rialzi di quasi il 40% dai minimi di due mesi or sono. Un’impennata salutata con entusiasmo dalla borsa come da qualunque naufrago pronto ad aggrappars­i a tutto cio’ che sembra galleggiar­e. Tuttavia non durerà e farà spazio a nuovi shock: la debolezza dell’economia e della domanda globale, la sovrapprod­uzione di oro nero che fatica a rientrare dopo l’avvento dello “shale”, del petrolio e gas naturale di scisto americano, faranno sì che il prezzo torni quest’anno ad affondare verso i 30 dollari. Almeno nelle previsioni di gran parte degli analisti e della stessa Moody’s: per l’esattezza il Brent, secondo l’agenzia di rating, dovrebbe finire il 2016 attorno ai 33 dollari. Salire solo faticosame­nte a 38 dollari nel corso del 2017 e a 48 dollari entro il 2019. Cioè, un livello piu' che dimezzato rispetto agli oltre cento dollari ancora di recente memoria.

Ecco così l’inferno dei gironi della pece ai quali i novelli Dante del rating sovrano hanno consegnato coloro che in epoche di vitalità economica erano abituati ad essere considerat­i i grandi e riveriti padroni del greggio. Con una raffica di comunicati individual­izzati Moody's Investors Service, in ordine, ha messo sot- to osservazio­ne con implicazio­ni negative: Arabia Saudita (Aa3), Abu Dhabi (che oggi vanta Aa2), Kuwait (Aa2), Qatar (Aa2) e Emirati Arabi Uniti (Aa2) oltre a Russia (Ba1), Angola (Ba2), Gabon (Ba3), Kazakhstan (Baa3), Nigeria (Ba3), Papua Nuova Guinea (B1) e Trinidad & Tobago (Baa2).

Più sotto, invece, chi ha sofferto l’ignominia del declassame­nto e ha gli occhi puntanti sull’abisso di ulteriori retrocessi­oni: trovano eco i lamenti dell’Oman, scivolato da A1 ad A3, del Bahrain, passato da Baa3 a Ba1 e a seguire di Azerbaijan, da Baa1 a Ba3 e della Repubblica di Congo, da Ba3 a B1. Infine, in fondo a questo veritiero pozzo di rating sovrani, il Venezuela: il suo voto rimane oggi fermo a Caa3 ma viene affiancato da un nuovo bollino “rosso” sotto forma di outloook negativo.

LO SCENARIO I «grandi» dell’Opec restano comunque con alti rating L’agenzia però, con questa mossa, rivela una visione non così positiva sul futuro

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